Sull’assassinio di Motorola

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L’assassinio di Motorola. Poiché non siamo soldati né propagandisti dobbiamo cercare di vedere le cose da un’angolazione diversa che escluda la rabbia estemporanea ed il tifo cieco sull’argomento. Diamo per molto probabile, almeno per ora, l’imboscata dei servizi ucraini contro il comandante Motorola, ucciso in un attentato il 16 ottobre, praticamente dentro casa sua. Del resto, questa è l’ipotesi più facile da prendere in considerazione e, dunque, la valutiamo con precedenza su qualunque altra. Se è effettivamente andata come si dice sulla stampa e come dichiarano i vertici della DNR dobbiamo ammettere che gli apparati di sicurezza della piccola Repubblica non controllano la situazione sul territorio. Non è stato colpito un uomo a caso, ma il capo di una milizia importante per il fronte, quella che aveva anche partecipato alla liberazione dell’aeroporto di Donetsk. Arsen Pavlov non è nemmeno il solo leader militare ad essere caduto in tempi di cessate il fuoco. La medesima sorte è toccata ad altri prima di lui. Poiché gran parte della sicurezza, nel principale centro del Donbass, è offerta segretamente e variamente dai russi dobbiamo altresì ritenere che i reparti moscoviti si siano fatti cogliere di sorpresa dagli ucraini. Non ne viene fuori un quadro molto edificante, tanto più che Kiev è letteralmente allo sbando. Può darsi che gli ucraini abbiano ricevuto il solito aiuto straniero anche per mettere in atto questa vile operazione. Può essere di consolazione? Semmai si tratterebbe di un’aggravante per Donetsk e i suoi protettori che abbassano la guardia ben sapendo di vedersela con gente di “fuori” preparata e decisa a scatenare il caos, soprattutto per colpire il Cremlino . E’ veramente grave che questo brutto episodio sia avvenuto nel cuore di Donetsk. Sono cose che possono capitare ovunque ma pensare che persino uno come Motorola (con tanto di scorta) venga colto di sorpresa, quasi nel suo letto, dai nemici esterni lascia un po’ stupiti. E’ stato forse tradito, ma per quali motivazioni e per conto di chi non lo sapremo mai. Eppure secondo Kiev i terroristi sono quelli del Donbass. Se fosse così nella Capitale non dormirebbero sogni tranquilli ed, in realtà, dovremmo vederne di più dall’altra parte di questo tipo di agguati che non ad est. Ed, invece, sono i presunti terroristi che subiscono atti terroristici. Qualcosa non quadra. Forse, il governo filo-americano di Kiev cerca l’escalation? Non è certo con queste manovre che la otterrebbe. E’ una vendetta dei nazionalisti ucraini? Dubito fortemente che questi siano in grado di penetrare così agevolmente in territorio nemico, non avendo mai dato dimostrazione di grandi capacità tattiche durante la guerra. Sono stati i cosiddetti DRG ucraini? L’intelligence filorussa, allora, si farebbe cogliere troppo spesso di sorpresa e questo non sarebbe un bene.
Ma ci sono anche altre possibilità da considerare. Ci limitiamo ad elencarle sommariamente, ognuno poi valuterà per conto suo.
– La resa dei conti interna tra le milizie per l’occupazione dei posti di controllo principali. Generlamente nella storia queste cose succedono sempre, quindi c’è poco da sorprendersi. (Questa è anche la versione di Kiev)
– Qualcuno più in alto ha deciso di sbarazzarsi di un personaggio ingombrante che poteva ostacolare i suoi piani politici per il Donbass
– Qualcun altro molto in alto ha deciso di togliere di mezzo quanti potessero disturbare disegni strategici (geo)politici attinenti a sfere incomprensibili per gli uomini di pura azione che vanno oltre i loro compiti
– Si tratta di provocazioni di terze parti che ci tengono ad impedire qualsiasi dialogo tra Kiev e i ribelli (e Mosca)
– I sospetti (faziosetti ma non inverosimili) di alcuni politologi ucraini: La Russia dimostrerà [collegandosi a questi episodi di sangue] che l’Ucraina è andata oltre i limiti dei colloqui Minsk. il Cremlino vuole perciò mano libera. Essendo i negoziati ad un punto morto, il conflitto non può più essere congelato e deve essere completato militarmente.
Al momento, da Kiev nessuno ha rivendicato il delitto, tutti esultano (come galline) ma si dichiarano estranei e si dicono tali pure i vari gruppetti di esaltati nazionalisti, paramilitari, parafascisti e paraculi.
In ogni caso, dopo questi ragionamenti, ritengo che la dinamica dei fatti meno accettabile sia proprio quella della penetrazione e del sabotaggio ucraino. Se mi sbagliassi vorrebbe dire che DNR ed LNR avrebbero il destino già segnato perché scaricate dal grande vicino. Ma non credo si tratti di ciò. Do anzi ragione, in questo frangente, al direttore del centro per le politiche di marketing di Kiev Basilio Stoyakin: “Questo omicidio rientra nella categoria di quelli che non saranno mai indagati fino in fondo, proprio a causa delle sue implicazioni e conseguenze politiche. Nessuna delle due parti è interessata a portare il caso fino alla fine”. E questa è anche l’unica certezza che abbiamo.