UNA SPIEGAZIONE di GLG

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bf7dad87-5871-4f53-98a7-bd9c2ff3e65cPiccolo antefatto. GLG è stato pesantemente minacciato su Facebook da persone che si definiscono sostenitori di potere al popolo. È stato definito un rossobruno del quale “occuparsi”. G.P.

 

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Quando divenni comunista, presi una posizione ben precisa (teorica, ideologica, politica) e non feci una scelta per essere “anti”, bensì “per”. Tuttavia, quando gli avversari dicevano che i comunisti mangiavano perfino i bambini o comunque ammazzavano e basta, affermavo che erano vomitevoli nelle loro menzogne, che erano puri e semplici infami. Anche oggi non mi limito ad essere anti, poiché cerco di capire in che senso il comunismo sia un processo storico finito e la sua teoria di riferimento, il marxismo, vada analizzato nei punti in cui fece previsioni sulla dinamica del capitalismo rivelatesi alla fine errate. Questi nauseabondi “antifascisti” affermano solo che bisogna essere buoni, solidali, accoglienti, fraterni. Sono dei puri ipocriti, falsi in radice. Nessuna vera analisi dei processi mondiali, degli eventi (nel 2011) da cui prese avvio la ben più forte immigazione, ecc. E’ comunque certo che analisi simili mancano anche in chi semplicemente urla contro una “invasione” (è evidente che costui non vuol indicare negli Usa la vera causa dei fatti verificatisi)
Quelli che mi definiscono “rosso-bruno” – io non mi sono mai sentito colorato, solo i cazzoni privi di idee ragionano così. Chi ha cervello dice quali posizioni sostiene; e ben articolate, non invece elementari come essere “per il popolo” – sono i veri “populisti”, quelli odiati da Marx quali semplici anarcoidi o, peggio ancora, “lumpenproletariat”, che lui riteneva feccia pericolosissima e nemica dei comunisti, qualsiasi falsa fede volessero professare. Solo che allora questi sottoproletari erano gente in miseria, abbrutita, priva di ogni cultura oltre che essere antisociale al massimo. Oggi abbiamo a che fare con “figlietti di papà”, spesso benestanti, completamente diseducati da genitori sessantottardi (anzi settantasettini) privi pur essi di qualsiasi comprensione dell’“essere sociale”. Sono pur sempre “sottoproletari”, ma in termini culturali, intellettivi, non per condizioni materiali di vita.
Io non rinnego minimamente la mia scelta per il comunismo – compiuta dopo attento studio de “Il Capitale” di Marx e applicazione delle sue tesi ad una analisi dei processi storici dei tempi in cui feci la scelta – e considero un fatto decisivo la “Rivoluzione d’ottobre”, ma non per adesione sentimentale e solo “celebrativa”, bensì per la valutazione dei suoi effetti. Tuttavia, oggi solo un “istintivo” privo di qualsiasi capacità raziocinante non capisce che quel processo storico (come quello di cui hanno nostalgia i fascisti “di ritorno”) è irrimediabilmente finito, siamo “in cammino verso una nuova epoca”. Restare attardati – come lo sono pure i “liberal-liberisti” oltre ai fascisti e ai comunisti – produce questa terribile putrefazione odierna. Una società orrenda, disgustosa.
Da ormai vent’anni (diciamo da un testo del 1996) ho analizzato a fondo la teoria marxista, ma soprattutto il pensiero di Marx – perché i marxisti, in specie quelli della seconda metà del XX secolo, te li raccomando! Non tutti, ma il 90% – e ho cercato di vederne i limiti, che ritengo addensarsi nel suo paradigma fondamentale: la proprietà dei mezzi di produzione nelle mani di una certa classe sociale, mentre la maggioranza resta solo in possesso della sua capacità lavorativa (mentale e manuale, direttiva ed esecutiva) venduta come merce mediamente al “suo valore”. Senza alcun “furto”, oppressione. Marx, grande scienziato, vero Galilei della teoria della società (dei rapporti sociali), inorridiva di fronte ai coglioni che pensavano ad una semplice “estorsione” di pluslavoro come plusvalore (il profitto capitalistico). E per lui la rivoluzione era “la levatrice di un parto ormai maturo nel grembo della società capitalistica” (meglio detto: del modo di produzione capitalistico). Questo parto poteva avvenire “naturalmente” per i riformisti, con “taglio cesareo” per i rivoluzionari. Ma si trattava comunque di una evoluzione oggettiva, di una dinamica intrinseca a quel modo di produzione. Non come pensano i mentecatti “populisti” di tipo sottoproletario. Sono arrivato alla conclusione della necessità di spostamento di paradigma dalla “proprietà dei mezzi di produzione” al “conflitto strategico”, oggetto di tanti miei libri. Vi è però “un difetto” per cui continuo a studiare per vedere come rimediare ad esso.