UNA VISIONE MISTIFICATA E IDEOLOGICA DELLA POLITICA INTERNAZIONALE DELL’AMMINISTRAZIONE OBAMA

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In un articolo sul Corriere del 05.11.2012 Angelo Panebianco scrive:

<<Il punto è che gli Stati Uniti hanno rinunciato a pensare a se stessi come Stato-guida dell’Occidente democratico. Nella fase trionfante, egemonica, della loro storia, quella che va dalla Seconda guerra mondiale alla conclusione della Guerra Fredda (e oltre: si spinge fin dentro il primo decennio del XXI secolo), gli Stati Uniti sono stati il Paese leader al centro di un vasto sistema di alleanze cementato da interessi e da esigenze di sicurezza, ma anche da una visione per la quale la potenza americana si identificava con la sorte della democrazia nel mondo. Delle due opposte correnti che si sono tradizionalmente disputate l’influenza sulla direzione della politica estera americana, quella isolazionista e quella interventista-globalista, è stata la seconda a dominare ininterrottamente il campo dalla Seconda guerra mondiale in poi, sopravvivendo anche alla fine della Guerra Fredda>>.

Dopo la fine del bipolarismo è iniziata in maniera lenta ma inesorabile – e nonostante il tentativo di riorganizzare il sistema rimondializzato con nuove istituzioni come il WTO (World Trade Organization), rivelatosi poi fallimentare – una fase tendente al multipolarismo, nonostante la persistenza di uno strapotere militare Usa limitato solo da vincoli economici di bilancio fattesi stringenti in seguito all’esplosione della crisi globale, dove nuovi paesi emergenti hanno assunto un ruolo economico inedito che tra l’altro ha portato gravi difficoltà in quella parte dell’occidente delimitata dall’Unione europea. Le guerre “americane” dall’inizio degli anni Novanta in poi hanno dimostrato, comunque, che la “rinuncia” a porsi come stato-guida non c’è mai stata da parte degli Usa: si è trattato di un progressivo riassestamento strategico dovuto alle nuove condizioni internazionali. Panebianco mette l’accento, invece, sulla politica di interventismo-globalista che avrebbe quasi sempre caratterizzato gli Stati Uniti fin dal tempo del presidente democratico Woodrow Wilson (1913-1921) con il suo progetto di ordine internazionale fondato sull’idea che bisognasse rendere il mondo safe for democracy, sicuro per la democrazia. Al contrario degli isolazionisti, gli interventisti-globalisti hanno sempre pensato che la “democrazia” Usa dovesse servire da modello anche per il resto del mondo e, quindi, dovesse venire “esportata”. Il politologo così continua, poi, il suo intervento:

<<Esaurita la fase isolazionista del periodo fra le due guerre, la concezione interventista-globalista riprese il sopravvento con Franklin Delano Roosevelt nella Seconda guerra mondiale. E dominò l’azione degli Stati Uniti nel Dopoguerra. […] Il rapporto privilegiato con le altre democrazie occidentali garantiva agli Stati Uniti il retroterra di cui il suo ruolo internazionale necessitava. Quel legame, sia pure con alti e bassi, resistette: da Ronald Reagan (il vero vincitore della Guerra Fredda) a George Bush padre, fino a Bill Clinton>>.

Condividiamo con Panebianco la valutazione che con George Bush jr. il rapporto con il resto dell’occidente venne parzialmente lacerato nella concitata fase del contrattacco seguito agli attentati dell’11 Settembre, mentre, nel secondo mandato, anche a seguito delle difficoltà incontrate in Iraq, il presidente cercò di rimediare, ristabilendo un rapporto che pur mantenendo il proprio ruolo egemonico si apriva ad un certo multilateralismo “concertativo” e strumentale” con le altre democrazie. Ma ecco che secondo il politologo con l’avvento di Obama “cambia tutto”:

<<Il rapporto con le democrazie (europee) cessa di essere una preoccupazione strategica dell’Amministrazione. Ora sono le relazioni dell’America con l’Asia a contare>>.

Il pragmatismo obamiano, che ispira sia la politica estera che quella interna dell’attuale amministrazione, determinerebbe il fatto che l’”esportazione” della democrazia cessi di essere una bussola utile a orientare l’azione internazionale e così secondo Panebianco lo stesso Obama

<<prendendo atto dei cambiamenti intervenuti, ciò che per lui l’America deve fare è rafforzare la cooperazione con la Cina, aprire un dialogo con l’Islam (discorso del Cairo del giugno 2009) a prescindere dalla natura politica delle forze che lo agitano, stabilire rapporti di cooperazione con chiunque sia disposto a cooperare>>.

A questo punto la lettura di Panebianco risulta completamente diversa dalla nostra. Nei confronti della Cina e dell’altra sponda del Pacifico si sta affermando un rafforzamento strategico e militare con accordi politici regionali finalizzati ad impedirne le velleità espansive sia politiche che economiche. Il politologo arriva addirittura a ipotizzare un Obama “sorpreso” dalla cosiddetta “primavera araba” e ritiene che l’attacco alla Libia sia stato voluto da francesi e inglesi a cui gli Usa si sarebbero semplicemente accodati. Invece di valutare la nuova strategia internazionale di Obama che La Grassa ha definito “del serpente” e della “penetrazione liquida” nei gangli vitali delle strutture sociali dei paesi da destabilizzare lo studioso italiano parla di un nuovo isolazionismo che si sbarazzerebbe, anche, come se fosse ciarpame ideologico, della dimensione “ideale” propria della lunga fase interventista-globalista. Un filoamericanismo simile, mascherato da critica dell’abbandono degli “ideali solidaristici” delle democrazie occidentali, mi pare persino sospetto ! E Panebianco incalza ancora

<<L’America che decide di non essere più il leader dell’Occidente democratico, che sceglie gli interlocutori solo sulla base della loro forza e delle proprie convenienze, è più forte o più debole di prima? È un’America rassegnata, […] a prescindere dal destino di quelle democrazie [quelle occidentali. N.d.r.] e dell’antica idea-forza di un mondo safe for democracy>>.

C’è veramente da essere preoccupati se un politologo e intellettuali tra i più noti in Italia, e non solo, può mettere in circolazione idee di questo tipo e probabilmente farle digerire ad un buon numero di lettori.

Mauro T. 09.12.2012