Il mito originario di una democrazia migliore: Una questione interessante, di R. Di Giuseppe
Raccolgo il ragionamento dell’amico Gianni, sempre molto stimolante. Non posso che concordare con lui che non esiste, nè sia mai esistita, alcuna arcadia democratica originaria, tanto più se a questa si associa il termine liberale, descritta oggi in una sorta di degenerazione genetica che la stia portando verso una forma di fascio-tecnocrazia. Così pure trovo assai attraente il rovesciamento del concetto corrente di democrazia, associando organicamente ad essa, dominio e sopraffazione, con il loro corollario di distruzione e di morti, piuttosto che interpretare questi, come correntemente si fa, quali accidenti o debolezze della democrazia stessa; la quale, per sua stessa natura, ne rifuggirebbe. In effetti la democrazia non è una categoria dello spirito, ma una prodotto sociale che si determina storicamente. In altre parole è parte di un linguaggio, o se vogliamo, dei molteplici linguaggi di cui le varie società umane, nelle varie epoche, si sono dotate. Era democratica l’Atene di Pericle, dove per vent’anni questi ebbe un potere pressoché assoluto ed incontrastato? Dove si praticava largamente la schiavitù e dove godevano di diritti non tutti gli abitanti della città, ma solo i cittadini riconosciuti come tali? Un’Atene che dominava dispoticamente sulle altre città greche e promuoveva guerre a destra e a manca era una democrazia? Certamente si, seguendo il ragionamento di Gianni, non nonostante guerre e vocazione imperiale, ma insieme a queste o addirittura, grazie a queste. Come dargli torto? Certamente si. Perlappunto, la democrazia non è un moto dell’anima, né un concetto astratto ed astorico, ma un significante che si connette ad altri significanti, formando delle significazioni, cioè delle attribuzioni di senso e valore, storicamente connessi alla vita degli uomini nelle loro specifiche epoche di esistenza. La democrazia non è la semplice copertura di atti di sopraffazione in ogni caso perpetrati, ma è il loro fondamento di senso, la possibilità di affermazione e di durata. La democrazia appartiene ad un linguaggio determinato ed è in esso che va letta. C’è più democrazia nelle beghe di un parlamento o nelle discussioni nel consiglio di affari di una multinazionale? Direi che la risposta venga da sé. Vi è una differenza di democraticità tra le discussioni e le decisioni del gruppo bolscevico ai tempi di Lenin e quelle del gruppo dirigente staliniano? Avrebbe mai potuto l’Unione Sovietica battere la Germania nazista senza l’instaurarsi di un sostanziale dibattito democratico tra Stalin ed i suoi generali? Ma, si potrebbe obiettare, qui si parla di società estese e non di singoli atti sociali. Nel caso io risponderei, balle! Il concetto resta lo stesso e le stesse sono le determinanti del suo funzionamento. Per quanto sia pur vero che la democrazia liberale lancia bombe non nonostante, ma proprio perché democratica, è mio modesto avviso che è tossico lasciare a questa declinazione della democrazia un esclusivo monopolio di significazione perché è in questo preteso monopolio che si struttura la gran parte della sua capacità e volontà di dominio.