Fine d’epoca

GLOBALIZZAZIONE E LIBERALISMO SONO SULL’ORLO DEL COLLASSO – MA DOPO CHI E COSA VERRÀ

In un articolo di ieri, intitolato de-globalizzazione, G. La Grassa ha messo in evidenza come, con la fine dell’unipolarismo americano, anche le impalcature ideologiche a supporto di detta visione del mondo inizino a venir meno. La Grassa commenta così la situazione:” è sintomatico che la sedicente globalizzazione (presa come fenomeno semplicemente economico e riconoscimento della “bontà e bellezza” del mercato, inteso nel semplicistico senso di Adam Smith) fosse aumentata di colpo con l’improvviso e velocissimo crollo del sistema bipolare per la “crisi finale” del polo detto “socialista”. Oggi la globalizzazione tende a tramutarsi nel suo contrario – così come si verificò negli ultimi decenni dell’800 e per gran parte del ‘900 – a causa del multipolarismo crescente con incapacità degli USA di assicurare un coordinamento generale; così come appunto accadde alla fine del XIX secolo con il declino della predominanza “globale” inglese, primo paese a “completare” la rivoluzione industriale basata sul passaggio dagli strumenti della manifattura alla piena diffusione delle macchine”.
La ripresa del conflitto tra agenti strategici di formazioni nazionali, spesso raggruppati in aree d’influenza concorrenti, in una fase di multipolarismo sempre più accentuato, rimette in discussione il clima di finta cooperazione (a trazione egemonica statunitense, con sub-dominazione elargita ai paesi della sua orbita, propagandata quale collaborazione paritaria, nonché assoluta discrezionalità di intervento contro eventuali Stati non allineati o revisionisti), che aveva caratterizzato la fase precedente.
Si apre così la nuova epoca foriera di immani trasformazioni che evidenzieranno conflittualità crescenti sulla scacchiera geopolitica, mentre forze politiche e intellettuali, senza più punti di riferimento, avvelenano i pozzi della società con battaglie umanistiche di massima de-civilizzazione. Occorre spazzarle via per iniziare a dialogare con l’epoca in corso.

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La de-globalizzazione, di G. La Grassa

Verso un calo del commercio mondiale e il “globalizzometro”.

è sintomatico che la sedicente globalizzazione (presa come fenomeno semplicemente economico e riconoscimento della “bontà e bellezza” del mercato, inteso nel semplicistico senso di Adam Smith) fosse aumentata di colpo con l’improvviso e velocissimo crollo del sistema bipolare per la “crisi finale” del polo detto “socialista”. Oggi la globalizzazione tende a tramutarsi nel suo contrario – così come si verificò negli ultimi decenni dell’800 e per gran parte del ‘900 – a causa del multipolarismo crescente con incapacità degli USA di assicurare un coordinamento generale; così come appunto accadde alla fine del XIX secolo con il declino della predominanza “globale” inglese, primo paese a “completare” la rivoluzione industriale basata sul passaggio dagli strumenti della manifattura alla piena diffusione delle macchine. Come già allora, anche nell’epoca odierna, il processo in corso conoscerà andamento sinusoidale e ci saranno sempre i soliti limitati economisti che grideranno alla fine della “crisi” e alla rinascita del mercato globale. Non sarà così nel medio-lungo periodo. E arriveremo, in tempi non prevedibili con estrema precisione ma credo di almeno un paio di decenni e anche un po’ di più, al policentrismo conflittuale acuto, dove si vedranno “cose” ben diverse e ben più drammatiche della solita solfa sulla “globalizzazione” o “deglobalizzazione”. Il disordine diverrà infine tale da rendere nemici vasti gruppi di paesi, portando ad alleanze per risolvere tramite scontro “definitivo” il problema della “predominanza ri-coordinatrice” del sedicente “mercato”; in realtà delle sfere d’influenza tra paesi, in cui occorrerà la ricostituzione, per una data epoca storica, della predominanza di uno d’essi in una vasta area mondiale, quella maggiormente sviluppata industrialmente; così come accadde alla fine della seconda guerra mondiale nel “polo capitalistico”. Ci sarà una nuova epoca di relativa “pace” – con conflitti minori e accompagnati probabilmente da sconvolgimenti sociali pur essi non prevedibili oggi nel loro effettivo andamento – e poi si ripartirà per un nuovo ciclo di “lungo periodo”. E così “per sempre”. E con i soliti predicatori di pace eterna e di fratellanza tra uomini; pochi in buona fede, per lo più invece per garantire la formazione e durata di date organizzazioni basate sulla sudditanza dei più a piccoli gruppi di “potenti”.

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