DA GOLDMAN SACHS, AL BILDERBERG, ALLA TRILATERALE, ALLA POTENZA CENTRALE DEL SISTEMA OCCIDENTALE.

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La Goldman Sachs ha piazzato le sue pedine sullo scacchiere europeo occupando diverse postazioni di vertice negli assetti economici e politici del Vecchio Continente. Da Mario Draghi, ex vice Presidente di Goldman Sachs International, attualmente Leader della BCE, a Mario Monti, international advisor di GS dal 2001 al 2005, ora Premier del nostro Governo tecnico, a Lucas Papademos in Grecia, il quale è stato Primo Ministro dal novembre 2011 al maggio 2012, pur non avendo vigilato, da vice Presidente dell’Istituto Centrale Europeo, sui derivati che la stessa Goldman aveva piazzato ad Atene. Papademos incassò così il premio fedeltà dai potentati finanziari che lo investirono della gestione della successiva crisi del Paese, determinata proprio da quei raggiri speculativi di cui lui era stato complice. Praticamente come chiamare chi ti ha scassinato la cassaforte a riprogrammare la combinazione al fine di rendere più agevole il successivo furto.

Adesso, i Ministri di Sua Maestà la Regina hanno selezionato per la Bank of England, Mark Carney, precedentemente numero uno della Banca centrale canadese, prossimamente capo della “Vecchia Signora di Threadneedle Street” e da una vita collaboratore di Goldman Sachs.

C’è un altro aspetto che accomuna molti di questi diligenti funzionari del capitalismo atlantico. Questa gente occupa, nell’architettura del potere occidentale, ruoli trasversali, ha il pass del Bilderberg, della Trilaterale, di qualche altro circolo esclusivo sconosciuto e, last but not least, gode della fiducia indiscussa dell’establishment statunitense. Troppe coincidenze per pensare a delle coincidenze, poiché spesso la casualità appare tale solo a chi non riesce a seguire i fili del discorso. Tuttavia, almeno noi non mettiamoci ad alimentare racconti irrazionali sull’Europa in mano ai grembiulini e disegnata, nei suoi confini gestionali, con squadra e compasso. Il cappuccio in testa lasciamolo a loro ed apriamo bene gli occhi. No, il problema è di fatto più grave poiché se le multinazionali del denaro vengono a spadroneggiare in casa nostra, se l’associazionismo oscuro e delinquenziale di avamposti massonici si prende il lusso dettarci la riforma dei bilanci pubblici e quella delle istituzioni, è, in prima istanza, a causa della subalternità politica degli organismi europei e di quelli dei singoli paesi membri. L’efficacia dei loro riti sui nostri destini discende da una subalternità geopolitica dell’UE nei confronti degli Usa. Tale ragionamento vale soprattutto per gli Stati in rammollimento governativo e smobilitazione industriale come l’Italia dove scorazzano liberamente barbe finte straniere e politicanti barboni senza spina dorsale. Molti commentatori, dopo aver taciuto per timore o aver spalleggiato per tremore, cominciano a tirar fuori la verità perché la realtà si è già spostata di un gradino, rendendo la loro catilinaria un urlo nel passato che non interrompe la dormita generale nel presente e lo stato di coma dell’imminente futuro. Per esempio ecco come descrive la macchinazione Piero Ostellino del Corriere: “Il governo tecnico non è una “sospensione della democrazia”, … E’ un colpo di Stato. Non lo si dice, e nessu­no pare accorgersene, perché siamo fermi ai colpi di Stato del passato. Ma gli italia­ni non stanno perdendo libertà e diritti tut­to d’un. colpo, come avveniva una volta, bensì, passo dopo passo, in una condizio­ne di “generale anestesia”. I fatti mostrano che la nostra (pasticciata) Costituzione le­gittima sia la democrazia liberale, sia il to­talitarismo. Se non si deve decidere su un caso che tocca un nervo scoperto della cul­tura politica nazionale e le cose vanno eco­nomicamente bene, la Carta legittima la democratico-liberale e consente una pras­si finanziariamente generosa. Legittima il totalitarismo e una prassi sociale restritti­va se le condizioni sono controverse. Non c’è mai certezza del diritto, né alcuna coe­renza politica”.

Questa denuncia oltre che tardiva è pure superata dai fatti poiché i giorni di Monti sono già finiti e gli stessi apparati esteri che lo avevano innalzato se ne stanno sbarazzando per avere le mani libere con gli eligendi manichini.

Il violento attacco di Edward Luttwak al Gabinetto dei professori suona come lo scarico del water che trasforma l’Agenda Monti in un rotolo di carta igienica. Dice l’analista statunitense: “Il Fondo Monetario Internazionale boccia la politica fiscale di Mario Monti…il report sulla stabilità finanziaria globale esprime una condanna durissima della politica fiscale di Monti, il cui unico effetto è stato l’innesco di una spirale recessiva senza precedenti…[Monti] ha tradito chi ha lavorato per il suo insediamento [chi?]…in quei giorni [durante la crisi del governo Berlusconi] ho telefonato a diversi amici in Italia chiedendo loro di togliere la fiducia a Berlusconi…pure gli Stati Uniti soffrono di Monti a causa del calo dell’export americano in Europa e in Cina…Monti non ha realizzato il mandato per il quale era stato designato…”.

Come vedete per condizionare il nostro Paese gli americani non hanno bisogno di ricorrere a logge e consorterie varie, a loro basta alzare il telefono, minacciare i soggetti giusti, muovere gli ambasciatori, pilotare i rapporti del FMI o far abbassare il rating e alzare lo spread tramite l’azione delle merchant banks a stelle e strisce. Poi se qualcuno proprio non dovesse capire si può provocare qualche piccolo incidente giudiziario, imprenditoriale o, perfino, fisico. La statuetta in faccia della libertà. Sotto questo profilo gli Usa non fanno distinzioni e trattano tutti allo stesso modo, siano essi di destra o di sinistra, dipende in ogni caso dagli interessi che hanno in ballo e dalla rapidità con cui devono conseguirli. Per ottenere i risultati agognati scaricano gli amici e caricano i nemici e viceversa, purché i loro figli di puttana siano utili alla causa egemonica.  Questo non dà alcuna garanzia di durabilità ai prescelti perché è sempre la situazione ad imporre il loro sacrificio o la loro permanenza al posto designato. Lo sa Monti e lo sapeva Prodi, altro uomo Goldman Sachs, il quale, da quel che rivela il senatore Sergio Di Gregorio, dovette farsi da parte nel 2008 allorché la Casa Bianca lo pretese:“Prima di uscire dal Parlamento andrò dai magistrati di Napoli per raccontare tutta la mia storia, soprattutto la caduta del governo Prodi.” Politici comprati? “No, ma quando ero presidente della commissione Difesa col governo Prodi ero convocato tutti i giorni dall’ambasciatore americano a Roma, qualche volta veniva anche lui a casa mia. Lui era preoccupatissimo, voleva che Berlusconi tornasse al suo posto. Perchè il governo Prodi, pieno di antimilitaristi, secondo lui metteva in discussione la rete di sicurezza e difesa europea. Erano preoccupati per la base di Vicenza, per i radar di Niscemi. E quando Berlusconi lanciò l’operazione libertà per sostituire Prodi, loro erano molto interessati…diciamo che facevano il tifo per noi, ecco. Volevano che Berlusconi vincesse”.

Se questi sono i nostri uomini di Stato siamo un popolo spacciato.