LA QUINTA COLONNA IN RUSSIA

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<Che cosa n’è degli affiliati della quinta colonna, in Russia?››. Risposi prontamente: << Non ce n’è, li hanno fucilati ››. Josef E. Davies, ambasciatore americano in U.R.S.S, 1941

In Russia l’Opposizione è imbavagliata e controllata. Questa è la vulgata che domina sui media internazionali. Ovviamente, si tratta di una frottola. L’Occidente si fa sempre delle strane idee sulla legittimità del dissenso e sulle modalità di partecipazione dei cittadini alla vita politica e sociale, almeno nei paesi che non fanno parte del suo circuito. Al suo interno vale la regola perenne che nulla deve mettere in pericolo l’ordine democratico mentre fuori dal suo recinto sono permesse numerose eccezioni. La libertà d’azione dei singoli e dei gruppi ha limiti ben precisi nei regimi democratici, a protezione della legalità, dell’integrità degli equilibri costituzionali e degli apparati che concorrono ad assicurare armonia e stabilità dell’edificio istituzionale. Esattamente gli stessi principi che vengono violati all’esterno allorché si ricorre, per interessi geopolitici, a macchinazioni e sotterfugi finalizzati ad originare artificiosamente situazioni di dissenso pubblico. In Russia, per esempio, esistono una pluralità di opposizioni ma le uniche che trovano spazio, accondiscendenza e persino sostegno finanziario, presso il cosiddetto “mondo libero”, sono quelle che qui da noi verrebbero istantaneamente catalogate tra le forze antipolitiche, se non addirittura tra quelle sediziose contro le quali sarebbe d’obbligo attivarsi con operazioni di polizia e arresti preventivi.
Ci rompono quotidianamente i timpani su queste tematiche che mettono a rischio la convivenza e la sicurezza dei nostri sistemi ma non si comportano di conseguenza, e con la stessa coerenza protettiva, con altri popoli e governi. “Attenti all’antipolitica” – ci dicono – “perché è autodistruttiva”. “Non cedete alle lusinghe dei cattivi maestri che intossicano la pace sociale”, ci ribadiscono. Se questi problemucci però riguardano Mosca, allora, la prospettiva cambia, vale tutto, anche la scorrettezza informativa. Infatti, all’occorrenza, i nostri diligenti educatori di stato si schierano compatti con delinquenti irriducibili, come i fratelli Navalny, le Pussy Riot o i Chodorkovskij. Tutti questi sono avanzi di galera e come tali sono trattati dai tribunali russi. Per gli Usa e l’Ue, al contrario, si tratta di perseguitati per ragioni politiche. Sono i loro zeloti e li tirano giù dalla croce anche contro l’evidenza criminale delle loro attività. Ogni pretesto è buono per accusare i vertici russi.
I cani della stampa di mezzo pianeta vengono, dunque, aizzati, con in bocca quest’osso, per avvalorare la versione menzognera dei poteri dispotici che reprimerebbero il disaccordo; la televisione è subito pronta a rilanciare l’intollerabile iugulamento dei diritti civili dei leader senza scrupoli che occupano le istituzioni, deprimono l’economia, ostacolano il libero arbitrio; i social network continuano l’opera con le campagne di denuncia della gestione dittatoriale della cosa pubblica di simili soggetti usurpatori, benché regolarmente eletti.
Così prospera questa sedicente opposizione nel mondo virtuale della comunicazione occidentale. Il passo successivo è quello di andare dai byte alle botte sui crani, concretando azioni dimostrative e manifestazioni provocatorie, aventi lo scopo di far saltare i nervi al governo. Si cerca la reazione violenta di quest’ultimo per giustificare una replica altrettanto aggressiva dei contestatori. Se l’effetto emotivo ed emulativo funziona, portando altra gente ad aderire alla protesta, sull’onda dell’ indignazione per la repressione, si infiltrano agenti stranieri nel mucchio con l’obiettivo di far precipitare la situazione, magari sparando indistintamente sulla folla e sulle fazioni in lotta. E’ quello che è accaduto in Ucraina durante euromajdan. Certo, devono esistere delle contraddizioni effettive perché il piano funzioni, ma in questi tempi di crisi generalizzata non è difficile trovare un terreno adeguato dove far attecchire la zizzania sociale. Per questo occorre innalzare il livello di guardia, anche in un contesto solido come quello russo.
Putin lo sta facendo con le sue politiche indirizzate a rinsaldare identità e nazionalismo del popolo russo, attraverso canali culturali e spirituali. La chiave della difesa della sovranità nazionale diventa la linea di separazione tra i traditori al soldo dei cospiratori forestieri e gli autentici patrioti, orgogliosi di far parte di un progetto di resurrezione dello Stato. Lo ha detto chiaramente il politologo Sergei Markov. Oggi in Russia è la difesa della sovranità nazionale a determinare gli schieramenti politici e non l’appartenenza alle ideologie di destra o di sinistra.
Il tema è talmente sentito dalla pubblica opinione che le forze non allineate presenti in parlamento, in merito al ritorno a casa della Crimea, hanno aderito alla linea del Cremlino. Ciò ha causato pesanti fratture in alcune organizzazioni antigovernative, con cambi al vertice dei gruppi dirigenti e modifica dell’agenda politica. Chi ha scelto di contraddire la maggioranza del popolo su questo dossier si è esposto all’accusa di fare gli interessi delle potenze straniere, anziché quello dei suoi cittadini.
La quinta colonna è stata denudata agli occhi di milioni di russi i quali diffidano viepiù delle sue urla scomposte, mentre il Presidente compie scelte difficili ma coraggiose che rinfocolano la dignità russa. La sedicente opposizione sopravvive ormai solo nella rete e nei media, ma quando esce da quelle sfere immaginarie dimostra tutta la sua debolezza e tutta la sua esiguità, esponendosi ai fallimenti e agli eventi malriusciti che suscitano derisione.
La Russia avrebbe diritto ad una opposizione responsabile, per arricchire il dibattito sul suo futuro ed, eventualmente, correggere glie errori commessi dai drappelli dirigenziali ora dominanti.Un contraltare è sempre necessario per rimediare alle proprie sviste.
Ed, invece, ci si trova a doversi confrontare con organismi di facciata e miserabili omuncoli prezzolati da oltreconfine (alcuni già comodamente espatriati) che pretendono unicamente di accumulare ricchezze, svendendo ai nemici della patria i tesori statali.
Adesso in Russia è molto più facile registrare nuovi partiti e creare forme di aggregazione di qualsiasi genere. E’ una esigenza della stessa società russa riuscire a differenziare l’offerta elettorale per arrivare a coprire le varie istanze dell’elettorato. Eppure la cosiddetta opposizione non ne approfitta perché non è concretamente preoccupata di far progredire il suo Paese. Essa vuole soltanto distruggerlo con i sospetti, le illazioni, le finte denunce sulla corruzione e le svendite degli asset pubblici (che sono il suo principale obiettivo dal 1991-92). Non c’è da sorprendersi se la sua credibilità è inesistente. Hai voglia a lamentarsi di pogrom e persecuzioni che non esistono, se non sui quotidiani americani ed europei. I coccodrilli che divorano i propri figli non suscitano la compassione di chicchessia, anche se piagnucolano e si stracciano le vesti di fronte a milioni di persone (alle spalle delle quali sono diventati oligarchi e uomini di successo, ben accolti da Londra a Washington). I russi lo hanno capito ed hanno scelto di non starli più ad ascoltare stringendosi intorno a Putin (che ha raggiunto vette di consenso inimagginabili tra i politici dell’Ovest). I giornali nostrani possono scrivere ed inventare quello che vogliono ma le loro panzane fanno molta meno presa che in passato. Vale sia per la politica internazionale che per quella interna. Il vento sta cambiando. Speriamo.