La via della democrazia

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…E questo è un gioco da banditi, amici miei, che si chiama democrazia!
(E. L. Masters)

 

Che cos’è la democrazia? Non certo il potere del popolo o il popolo al potere. Già etimologicamente non ci siamo proprio, come avrebbe detto il filosofo Costanzo Preve, scomparso qualche mese fa, perché in greco “potere del popolo non si dice democrazia ma laocrazia. Il popolo (laos) diventa comunità democratica (demos) soltanto dopo una operazione artificiale, e cioè una techne”. Imbattibile Preve quando era nel suo campo disciplinare. Meno, molto meno, nei suoi slanci idealistici applicati alla teoria marxiana che stravolgevano la scienza e il pensiero critico di Marx, annacquato nell’amor fatuo per l’uomo e la comunità.

Ma il passato ellenico è così lontano che nessun impossibile ritorno al significato originario delle parole ci consegnerà la comprensione di quel che abbiamo oggi davanti agli occhi. La democrazia è ora, hic et nunc, soltanto lo slogan dei potenti, un apostrofo rosa tra le parole “t’ammazzo”, una minaccia prima morale e poi mortale che divide i buoni dai cattivi, senza ammettere mai prigionieri.

Con questo pretesto, che copre le spalle ad un modello culturale dominante e violento, si giustificano i peggiori crimini contro l’umanità. In nome della democrazia si distruggono Stati e loro abitanti, si fabbricano menzogne e si elaborano falsità per capovolgere i risultati elettorali (perché, forse non lo sapevate, non si vota solo in Occidente), si abbattono tradizioni e aspirazioni di progresso, si recidono radici e s’impiantano governi fantoccio, gestiti da ventriloqui dell’ordine mondiale occidentale. Il giornalista Pepe Escobar li definisce stupri seriali.

Con la fine del mondo bipolare la potenza uscita vincitrice da quel confronto epocale ha preteso di estendere a tutto il pianeta il suo dominio. La democrazia era il vessillo della sua prepotenza, il drappo che, insieme all’altra bandiera commovente della globalizzazione solidaristica e unanimemente condivisa, avrebbe dovuto rendere invisibili ed accettabili le sue bellicose intenzioni. Quando il colpo di mano, a sostegno di tutte queste belle panzane, veniva realizzato – sul teatro strategicamente individuato, attraverso lo spacchettamento dell’omogeneità sociale del popolo preso di mira, con la stimolazione dell’astio etnico e spirituale tra i membri di quella medesima collettività tirata a malasorte, al prezzo di tanto sangue versato e di secoli di integrazione mandati in fumo – il nome “democrazia”, inteso come ideale normativo, diventava infine aggettivo. Si scopriva l’arcano.

La democrazia è solo la via più spiccia per una infinita transizione democratica.  Ed così che la transizione (il movimento) diventa tutto e la democrazia (il risultato) assolutamente niente. Dopo il caos generato avere ogni cosa subito non è possibile, si rende necessario, quindi – ci dicono i nostri sinceri esportatori di libertà a mano armata- un periodo di passaggio per costruire e fortificare le istituzioni e gli strumenti della civiltà.

Ma la transizione verso il regno del sedicente governo del popolo, per queste terre sconvolte e violentate, è come la transizione al socialismo: una lunga fase in cui il punto di arrivo si allontana continuamente dall’orizzonte, un porto delle nebbie che scompare alla vista, e proprio quando si crede di essere giunti alla meta esso si manifesta ancora più distante e calante. Che peccato. Si tratta, insomma, di un miraggio ed un inganno che gli “esportatori” della modernità cercano di far restare tale per avere il controllo della situazione. Abbagliatevi ed ubriactevi tutti, perchè la democrazia è proprio questo stato di allucinazione pubblica.

Del resto, sono loro stessi a rilasciare la tessera del club della comunità internazionale, per convincere la propria opinione pubblica che l’operazione libertà nelle aree barbare è perfettamente riuscita. Smembramento della ex Yugoslavia, invasione dell’Iraq (due volte è meglio che one), Afganistan, Libia, Siria ed ora Ucraina lo provano e lo confermano.  I processi democratici avanzano, la democrazia, quella vera (alla quale non crediamo), arretra, arretra e arretra. Però, ultimamente, le cose sono un po’ cambiate. C’è qualcuno che contesta la festa nel presente clima multipolare. Per siffatte ragioni in Siria ed in Ucraina non tutto è andato per il meglio. Ci vorrà ancora del tempo per avere uno stabile contraltare all’orgia democratica atlantistica. Tuttavia, la Russia ci ha dato un saggio di come presto le nostre salde convinzioni sul tema potrebbero crollare. Qualcuno contesta questa unidirezionalità geopolitica, pur non avendo ancora i mezzi per lanciare una sfida frontale. La storia, dunque, non è affatto finita, piuttosto sta per incominciare. Il migliore dei mondi possibili, a guida statunitense, è solo l’ultima possibilità, conosciuta e creduta duratura, che la realtà ha mandato in pezzi. Gli eventi sono di nuovo in marcia .