VIVA LA RIVOLUZIONE (OGNI VERA RIVOLUZIONE)

 

Il giorno cruciale della “Rivoluzione d’ottobre” (25 ottobre secondo il calendario giuliano, allora in uso in Russia) è – com’è ben noto (almeno lo spero!) – il 7 novembre 1917 con la presa del “Palazzo d’Inverno”. Ho cercato qualche scena di “Ottobre”, capolavoro di Ėjzenštejn (1928), ma non ho trovato quel che cercavo. Ho così messo insieme due pezzettini di Reds (Warren Beatty), che si collegano l’uno all’altro e danno un quadro abbastanza buono del clima di quei giorni cruciali; il tutto accompaganato dal canto dell’Internazionale, che aggiunge pathos alle scene.


forse sono un po’ superflue le scenette d’amore (molto misurate comunque). E tuttavia vi è qualcosa di non banale, perché si cerca di far capire, anche se per cenni molto sommari, l’intrecciarsi della vita di singoli soggetti con un grande movimento, di cui al momento nemmeno vi è effettiva coscienza dell’eccezionale significato storico. Eppure l’entusiasmo, come portato d’un evento denso di partecipazione collettiva, è quello che trasporta oltre la pesantezza quotidiana che possiamo immaginare contrassegni la vita individuale in momenti come quelli. Ed è indubbio, almeno per me, che è da rimpiangere di non aver potuto vivere quegli eventi; chi invece ha potuto, ne porterà indelebile ricordo e saprà, con il trascorrere del tempo, quanto è stato fortunato ad esserci. Non c’entra nulla la consapevolezza, in alcuni ben presente, che nessun grande movimento rivoluzionario conseguirà proprio gli obiettivi dichiarati, quelli che spingono in alto i migliori sentimenti dei componenti le maree tumultuanti. Nel momento cruciale, questi obiettivi non sono comunque pura ipocrisia e “antipatica” doppiezza, come avviene nelle campagne della smorta e scialba “democrazia” delle urne. Molti ci credono; e anche chi sa (o almeno intuisce) che alla fine non si realizzeranno esattamente come preconizzato e urlato nelle piazze, sa pure che sono parte integrante di un esaltante moto d’animo ormai andato molto oltre la miseria del calcolo personalistico. In quei frangenti trionfali si sperimenta la vera fratellanza e unione d’intenti assieme all’odio più viscerale contro chi per decenni o magari secoli ha degradato, avvilito, fatto decadere quella determinata e ormai logora struttura del vivere sociale. In quei momenti, non interessano gran che le mirabili – e certo importanti, sia chiaro, non intendo svalutare nulla – opere dei filosofi o degli scienziati, ecc. Le lucide e fredde analisi ricominceranno poi. In quei momenti, si spalanca una porta, si apre un tunnel che si vede tanto pieno di luce da confondere la vista, il pensiero e il proprio comportamento assieme agli altri, a tanti altri, per la stragrande maggioranza mai visti né minimamente conosciuti e che poi non vedremo più. In quei momenti si sa solo d’essere uniti, di potere…..che cosa? Non è poi così chiaro, ma si sente che comunque una porta si è aperta e si deve oltrepassarla per accedere a qualcosa di nuovo, di comunque diverso dal lungo, grigio, tragitto che stavamo percorrendo dalla nascita.
Quindi: viva la rivoluzione. Non illudiamoci, non ci farà giungere nel paese “del bengodi”. E’ però in se stessa un tale rivolgimento dell’animo che darà per sempre un altro senso al perché viviamo e operiamo in questo mondo giustamente definito “valle di lacrime”. Non le asciugheremo, le spargeremo ancora, assieme però alla sensazione di avere per un dato periodo della nostra esistenza vissuto una vita che valeva la pena di vivere nella sua più completa interezza. Non ho ovviamente partecipato a quella rivoluzione, ma la sento egualmente. Così come altri sentiranno altre rivoluzioni a loro più congeniali. Non dico affatto che quella è l’unica rivoluzione cui valeva la pena di partecipare (lo è per me; per altri saranno altre). E sono pure convinto inoltre che adesso quella parentesi si è chiusa in ogni suo possibile significato. Dalla “porta aperta” è già passato tutto quello che poteva passare, in forma deteriorata e “amputata” come avviene nel seguito di ogni rivoluzione. E sarà così anche in futuro perché, o prima o poi, un’altra rivoluzione arriverà (o anche più d’una) e delizierà i fortunati che vivranno quel periodo di intenso trapasso.

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