CONTRO IL BUONISMO, di GLG

LAGRA2

Visto che ho mezzora da “sprecare”, voglio “rivelare” qualcosa (che si sarà ben capito da tempo, immagino). Mi stanno antipatici i “buoni”. Apprezzo la generosità, ma deve allora essere sincera e soprattutto non dirigersi sistematicamente verso i cosiddetti (e spesso solo falsi) deboli. Deve trattarsi di una generosità non lagnosa e non fatta di gesti caritatevoli, ma invece energica e a volte perfino burbera e magari con aspetti “di superficie” sgradevoli. Quando vedo e sento – tanto per fare un esempio – parlare un Bergoglio è come quando vedo e sento un Fazio e tipi simili. I sentimenti che nascono in me sono di ripulsa netta e di profonda antipatia. Non mi sento per nulla appartenente alla stessa specie animale. Non voglio dire che io appartengo all’homo sapiens e loro no; magari è il contrario, comunque non siamo della stessa specie.
Quando da bambino cominciai a leggere le fiabe, non ero sistematicamente per i cosiddetti buoni, i “positivi”. Certo preferivo Biancaneve, ma perché la matrigna era arrogante e prepotente. Inoltre presuntuosa e molto meschina; fin da allora non capivo cosa ci fosse di tanto importante ad essere la “più bella del Reame”. Che superficiale e stupida, mi dicevo perfino a quella imberbe età. Però non è che avessi un grande amore per Biancaneve; un po’ insipida, banalotta, ma insomma non troppo indisponente né con arie di superiorità. I “sette nani” mi stavano simpatici, mi sembravano un po’ ridicoli e, appunto, mi divertivano. Un po’ di noia alla “saggezza” di Dotto e invece apprezzamento ironico per “Brontolo” e sorriso vero per Pisolo. Il Principe mi faceva vergognare per la sua insipienza e un amore a prima vista per una fanciulla insipidina. E che vivessero 100 anni felici mi inorridiva: tutto quel tempo, per carità!
Diversa la situazione quando lessi “Cappuccetto rosso”. Stavo dalla parte del lupo, non poteva esserci sentimento diverso. Non è che mi piacesse molto, ma la protagonista era insopportabile e sua nonna pure. Di conseguenza, per me la fiaba doveva finire con loro divorate e basta là. Più simpatica, appena un po’ sia chiaro, mi riusciva la “Principessa sul pisello”. All’epoca non ero in grado di (maliziosamente) pensare che cosa avrebbe potuto essere il “pisello”, altrimenti sarei stato piuttosto critico verso questa specie di ninfomane. Magari anche un po’ di pena, ma poca. A quell’età, semplicemente mi divertiva abbastanza che costei non riuscisse a levarsi di torno la noia di questo pisello sotto il culo (o la schiena, non so) malgrado tutti i materassi che le mettevano per coricarsi. Proprio “assatanata” di sesso; ma allora non lo intuivo. Della “piccola fiammiferaia” non rammento bene il racconto e nemmeno le sensazioni che mi procurò.
Terribile invece, quando fui un po’ più cresciuto, la lettura, per imposizione, del libro “Cuore”. Un vomito pressoché continuo. Ho odiato Garrone, il “Buono”, come pochi altri in vita mia. Nemmeno però potevo avere simpatia per il “malevolo” di turno, Franti, troppo stupido anche nella sua cattiveria, priva di qualsiasi grandezza e ampiezza di vedute (i veri cattivi sono assai in gamba invece). E poi i racconti mensili con fregnacce come quella della “piccola vedetta lombarda” o del “Tamburino sardo” e tutti gli altri, anche quello forse meno peggiore: “Dagli Appennini alle Ande” (ma poco meno peggiore, sia chiaro). Il vertice, però, che mi fece veramente inorridire fu “Sangue romagnolo”. Un ragazzino giovanissimo che sacrifica la sua vita (tutta davanti a sé e con tante speranze e possibilità) per la vecchia nonna, ormai alla fine e senza più futuro: qualche anno in più o in meno cosa contava?! Restai incazzato per qualche giorno.
Beh, adesso devo scappare. Qualche idea penso comunque di averla data; sì, cari, non sono un “buono”. Però odio i prepotenti e sono in genere dalla parte di quelli che si trovano sottoposti a questi ultimi. Non a caso, nei western americani (che parlano in realtà assai poco degli “indiani” e molto della lotta tra coloni di vecchio e di nuovo insediamento), io ero sempre dalla parte dei definiti “pellerossa”. Non vi dico la contentezza di vedere Errol Flynn (il generale Custer) cadere nell’imboscata ed essere annientato, accoppato, da “Toro seduto” (non ricordo adesso l’attore, ma non è questo che conta). Sì, è bello vedere i prepotenti uccisi da chi si ribella. Così fu anche alla visione di “Sparacus” (di Kubrik), dove provai vero odio per un attore, Laurence Olivier (Crasso), che invece mi piaceva molto e avevo più che apprezzato in “Amleto”. E sono certo rimasto commosso alla fine quando Spartaco (Kirk Douglas) è sulla croce e capisce a malapena che il bambino a lui mostrato dalla moglie è suo figlio. Ma non mi commossi per buonismo, perché la vita sarebbe continuata in suo figlio anche dopo la sua morte; queste sono balle colossali, stupide immaginazioni consolatorie raccontate da chi è limitato d’intelletto. Mi prendeva solo la rabbia che nessuno potesse almeno vendicarlo accoppando all’istante Crasso; e possibilmente pure il falsone di Cesare, che poi fece comunque fuori Crasso; ma questo non sana la prepotenza di quest’ultimo, semplicemente un altro “fottuto” ne prende il posto. Salutamme