GIANFRANCO LA GRASSA – NOTIZIE GENERALI

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Nasce nel 1935 a Conegliano (TV), Italia. Si diploma nel 1954 e lavora per un quinquennio nell’industria paterna. Successivamente segue gli studi universitari a Parma (Facoltà di Economia), dove si laurea con pieni voti e lode discutendo una tesi sulla modellistica di sviluppo di derivazione keynesiana e i problemi del dualismo economico, con speciale riferimento all’Italia; tesi che vincerà un premio Libera iniziativa messo in palio dalla rivista della Confindustria. Dal 1964 al 1996 è prima assistente (di Antonio Pesenti, il principale economista del Pci) e poi docente di Economia politica nelle Università di Pisa e Venezia. Segue alcuni corsi di specializzazione, fra cui quello della Svimez (sui temi dello sviluppo economico) nel periodo di trapasso dalla direzione di Claudio Napoleoni a quella di Pasquale Saraceno. Nel 1970-71 è a Parigi dove, all’allora Ecole Pratique des Hautes Etudes, segue i corsi di Charles Bettelheim su Calcul économique et formes de propriété. Lì si forma il suo principale orientamento di tipo althusseriano. Nel 1996 va in pensione; da quel momento si dedica esclusivamente a studi e scritti di ripensamento sempre più radicale della teoria marxista di riferimento, formulando nuove tesi intorno alla società capitalistica; anche la politica e la fase storica attuale vengono tenute sotto costante osservazione.
ORIENTAMENTO POLITICO
La scelta decisiva avviene a 18 anni quando si avvicina al Pci. Nel 1956 è già in posizione critica verso la “via italiana al socialismo” annunciata soprattutto con il famoso articolo di Togliatti su Nuovi Argomenti. Critico è anche nei confronti del XX Congresso del Pcus (1956) e della relazione di Krusciov, denuncia di Stalin basata su accuse puramente personali prive di una qualsiasi seria analisi delle strutture sociali dell’Urss durante la sedicente “costruzione del socialismo”.
Nel 1956 inizia il suo progressivo avvicinamento alle posizioni del partito comunista cinese. Una prima svolta si ha con la riunione degli 81 partiti comunisti a Mosca nel 1960, in cui più nettamente si manifesta il dissenso tra Pcus e Pcc. Alla fine del 1962, dopo la crisi legata all’installazione sovietica di missili a Cuba, la divaricazione si accentua fino alla rottura aperta nel 1963 con lo scambio di lettere tra i Comitati centrali dei due partiti. La Grassa rompe definitivamente con il partito nell’estate del 1963 e si avvicina alle Edizioni Oriente (Milano), che pubblicano in italiano vari articoli dei comunisti cinesi (più tardi lo faranno con il famoso Libretto rosso di Ma-o); inizia così il suo lungo errare nella nebulosa “extraparlamentare” italiana, senza mai entrare organicamente in nessuno dei suoi vari gruppetti e partitini.
Il suo orientamento è emme-elle; non per particolare convinzione ma perché diffidente nei confronti dell’operaismo (in realtà, prevalentemente studentesco), che considera fondamentalmente a-marxista ed estremamente labile politicamente e ideologicamente. La Grassa è anche fin da subito critico e politicamente lontano dagli ambienti del Pci che diedero vita a Il Manifesto. Non aderì nemmeno all’entusiasmo per la “rivoluzione” polacca del 1980 e per la svolta compiuta in Urss nel 1985 con l’elezione a segretario del Pcus di Gorbaciov, che egli individua quasi immediatamente (anche con un articolo su Democrazia proletaria nel 1986) quale sostanziale liquidatore dell’“Impero” sovietico e del “socialismo reale”. Tale dissoluzione fu comunque considerata eminentemente positiva da La Grassa, che l’aveva preannunciata da anni (non certo nei tempi e nelle modalità concrete) in base all’analisi marxista (rielaborata da Bettelheim).
Nel 1973 – in un lungo articolo pubblicato in Che fare, rivista dell’area extraparlamentare, preceduto da altri in varie pubblicazioni: Ideologie, ecc. – La Grassa formula la previsione della progressiva trasformazione del Pci in partito perfettamente integrato nell’establishment italiano; ovviamente senza indicarne i tempi precisi e le modalità concrete. Anche tale previsione è stata pressoché ignorata negli ambienti del comunismo e della sinistra italiana.
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Dagli anni ottanta, attraverso varie iniziative – un gruppo di lavoro diretto da Geymonat e Macchioro, che pubblicò alcuni libri collettivi con la Feltrinelli; poi il Centro Studi di materialismo storico, costituito a Milano nel 1983, che durò quasi dieci anni ed elaborò vari volumi usciti con la Franco Angeli editore; e ancora altre successive iniziative negli anni novanta e primi del nuovo secolo – La Grassa si è dedicato soprattutto all’attività teorica (vedi, sotto, l’Orientamento teorico). Nel 2006, alcuni valorosi giovani misero in piedi il blog (e successivamente il sito) ripensaremarx, cui La Grassa decise di collaborare stabilmente. Per la lunga serie di articoli e saggi pubblicati in questi ultimi anni, si vedano appunto il blog (www.ripensaremarx.splinder.com) e il sito (www.ripensaremarx.it). Per la vasta bibliografia, comprendente però solo i libri e non le decine e decine di articoli pubblicati in svariate riviste, si consulti invece il sito personale: www.lagrassagianfranco.com (dove sono pure contenute altre notizie biografiche).
ORIENTAMENTO TEORICO
Numerosi, e pressoché introvabili, sono gli scritti di una prima fase che si potrebbe definire ortodossa. Molte di queste riflessioni (teoriche e politiche) furono diffuse mediante dattiloscritti, ciclostilati, ecc. a circolazione detta “militante”. L’unico vero libretto (scritto con altri due autori) è quello edito dalla “Libreria Feltrinelli” nel 1968: Proposta di discussione ai marxisti-leninisti italiani. Vi sono poi gli articoli (alcuni già citati) nel Che fare, nello Zibaldone di questa stessa rivista, in Ideologie, e altri. Dopo il periodo trascorso a Parigi, escono (con gli Editori Riuniti) i primi libri di rivisitazione dei testi marxiani; una rivisitazione solo apparentemente filologica, che in realtà riformula – in senso althusseriano, ma non del tutto tale – le categorie centrali della teoria di riferimento. Nello stesso periodo La Grassa si dedica alla riflessione critica sul “socialismo reale”, seguendo l’impostazione bettelheimiana (anche in tal caso con alcune, non irrilevanti, differenziazioni).
Negli anni ottanta si verifica un’ulteriore svolta che porterà alle tesi del capitalismo lavorativo, probabilmente necessarie per una più radicale fuoriuscita dal marxismo novecentesco. Tuttavia, una parte non irrilevante di quelle tesi viene successivamente considerata negativa dall’autore, che ne ha spiegato i motivi in molte opere della sua nuova fase.
Quest’ultima, giudicata più feconda e finalmente libera dagli ostacoli di un’ideologia ormai irrigidita, inizia a metà anni novanta ed è caratterizzata dalla messa in primo piano del tema concernente il conflitto strategico, ecc. Cambiamento che può sembrare non radicale, non di rottura, ma che porta invece progressivamente ad una netta variazione dell’orizzonte teorico. In effetti, da quegli anni – fra l’altro coincidenti con l’andata in pensione e la liberazione dalle costrizioni dell’asfittico ambiente accademico – si svolge un’evoluzione continua, in via di accelerazione, con graduali spostamenti successivi. Il nuovo “paradigma” si sta dimostrando espansivo e sempre più libero da impacci.
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