I mezzi giustificano il fine

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Il fine giustifica i mezzi? Machiavelli pronunciò mai simile oscena frase anche come epitome frettolosa della sua complessa visione? No, mai. Machiavelli fu forse il primo vero scienziato della politica, figlio di un’epoca davvero inarrivabile per acume culturale in molti settori della vita umana. Ciò che disse Machiavelli è forse l’esatto contrario di quello che è passato come idea cardine della sua opera nei secoli. Il Fiorentino Scrisse esattamente ne Il Principe che:
“Facci dunque uno principe di vincere e mantenere lo stato: e’ mezzi sempre fieno iudicati onorevoli e da ciascuno saranno laudati; perché el vulgo ne va preso con quello che pare e con lo evento della cosa: e nel mondo non è se non vulgo, e’ pochi non ci hanno luogo quando gli assai hanno dove appoggiarsi. Alcuno principe de’ presenti tempi, il quale non è bene nominare, non predica mai altro che pace e fede, e dell’una e dell’altra è inimicissimo: e l’una e l’altra, quando e’ l’avessi osservata, gli arebbe più volte tolto e la riputazione e lo stato.”

Quello che sembra affermare qui Machiavelli è che solo ex-post (e mai a priori) i mezzi potranno essere giudicati utili allo scopo, quando quest’ultimo sarà stato raggiunto.
Non il fine in sé, qualunque esso sia, prima ancora di essere realizzato, ma il risultato, la conquista di un predominio agognato, sarà ciò che validerà gli strumenti usati.
Un fine che può sembrare buono ma che si dimostra irraggiungibile o viene mancato sarà giudicato male anche nei mezzi messi in campo per ottenerlo. E saranno stigmatizzati come criminali o traditori coloro i quali hanno fallito. Laddove la battaglia dovesse avere esiti negativi il suo destino segnerà sia i metodi che gli scopi, senza possibilità di scampo o redenzione. Ovviamente, questo non lo si può sapere mai prima anche se dei segnali possono essere “manipolati” per fare certe previsioni e indirizzarsi alle diverse opzioni.
Nessuno può mettersi in cammino a cuor leggero, disposto a tutto, anche alle peggiori nefandezze, pur di conseguire un obiettivo che ancora non sa se sarà effettivamente concretabile e fino a che punto lo sarà, così come è disegnato nella sua testa. Deve essere consapevole che nulla giustifica, al di là del bene e del male, le sue decisioni fino a che non si sarà compiuto il suo “fato”. Può farlo a suo rischio e pericolo ma anche a rischio e pericolo altrui, se avrà più o meno seguito. Potrà vincere o perdere e da questo cambieranno i mondi che gli si formeranno intorno. Il passo tra l’avvento e l’avventurismo può essere greve e crudele.
Alcuni hanno pensato di “scusare” la presunta frase di Machiavelli, sostenendo che costui non si riferisse a qualsiasi mezzo e a qualsiasi fine quando (non) la pronunciò ma, esclusivamente, agli interessi dello Stato. Non cambia nulla. L’idea di Machiavelli è universale, riguarda qualsiasi lotta per la predominanza, è una idea di dinamiche storiche e sociali e non di meri “precipitati istituzionali”, anche se si tratta di quello più decisivo tra essi, cioè lo Stato.
Facciamo un esempio. Quando Lenin accetto’ l’aiuto tedesco per raggiungere la Russia in fermento si espose ad una pesante incognita. Nelle sue intenzioni, il suo fine rivoluzionario valeva il mezzo utilizzato. Ma quel fine non giustificava ancora la scelta fatta. Se Lenin fosse stato battuto dai menscevichi o dai socialisti rivoluzionari o, peggio ancora, dai reazionari sarebbe passato alla Storia come sicofante che aveva accettato l’aiuto straniero per destabilizzare la sua patria. Le cose però sono andate diversamente e i mezzi di Lenin si sono rivelati adatti allo scopo, hanno concorso al fine “prestabilito”. È una questione oggettiva e indiscutibile. Non c’è più nulla da giustificare perché un avvenimento (frutto di una serie di eventi) intuito, anche sperato, è divenuto un fatto reale. Credo che questo intendesse dire il grande Machiavelli nel suo discorso sui mezzi e sui fini, altro che giustificazioni degli uni per gli altri. Il Nostro voleva registrare una legge storica non un fatto morale.
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Questa riflessione ci rimanda anche ad una perla di saggezza di Nietzsche che legge Machiavelli in chiave antimoralistica, proprio come abbiamo cercato di fare noi in queste poche righe:

“Non fare agli altri ciò che non vuoi che gli altri facciano a te. Ciò è considerato saggezza; è considerato prudenza, è considerato la base della morale, la “sentenza aurea”. John Stuart Mill(e chissà  quanti inglesi)ci crede…Ma questa sentenza non resiste al minimo attacco. Il calcolo “non fare ciò che non deve essere fatto a te” vieta delle azioni a motivo delle loro conseguenze negative: il pensiero recondito è che un’azione venga sempre compensata. Ebbene: e se taluno, tenendo in mano il Principe di Machiavelli, dicesse: “sí devono compiere precisamente quelle azioni, perché gli altri non ci prevenganoper togliere agli altri la possibilita di farle a noi”?”