IL DEFAULT DELLA GRECIA


La recente elezione di Draghi alla presidenza della Bce conferma un rilancio sempre più aggressivo di una guerra finanziaria non dichiarata dagli Usa nei confronti di un’Europa imbelle, con delle conseguenze tutte ancora da decifrare; il cui Default della Grecia rappresenta il paradigma delle buone intenzioni, per lastricare meglio le strade che portano all’inferno. L’ex Governatore di Bankitalia, già vice Presidente della Goldman Sachs (area europea) , intende proseguire sulla stessa linea politica tracciata dall’uscente Presidente della Bce Trichet e che suona come un appello ad una “stabilità dei prezzi “ nella zona euro: la gabbia di ferro entro cui far convivere forzatamente i vincoli dei parametri dei debiti di Maastricht, onde mantenere lo stesso livello dei tassi di interesse (sui finanziamenti bancari) e che pongano freno ad un “rischio contagio” dei Bond europei; oltre al tentativo di mettere al riparo un livello dei prezzi in risalita, con il rebus di una stagflazione (inflazione+stagnazione): lo specchio drammatico di una permanenza ad oltranza di una stagnazione europea. Draghi parlando al Parlamento europeo (14 giugno) si è dichiarato contrario ad ogni ristrutturazione (sconto dei prestiti) del debito greco, perché favorevole ai finanziamenti delle banche; oltre all’aggiunta di una sua “ciliegina” quando afferma che la situazione dell’Italia “negli anni ’90 era peggiore della Grecia di adesso” e che nel ’92 seppe far fronte con un piano che venne considerato credibile dai mercati”, e nonostante non ci fossero strumenti finanziari internazionali di sostegno a ciascun economia nazionale, per cui “ogni mese dovevamo emettere titoli per un importo tre volte superiore a quelli della Grecia”, e infine, “l’Italia aveva un’esposizione 10 volte superiore a quella greca”. Non c’è che dire per queste dichiarazioni riservate ad un’Italia “cornuta e mazziata”. L’ineffabile ex Governatore non finisce mai di stupire, quando si presenta come un “salvatore della patria”, omettendo quando decise insieme ad altri suoi compatrioti riuniti su un panfilo inglese: come far fuori l’intero sistema industriale (e bancario) italiano dell’Iri, onde rivenderlo a “spezzatini” ed a prezzi stracciati, grazie all’aiutino concesso, con la “svalutazione della lira”, dell’allora Presidente del Consiglio Giuliano Amato. Le dichiarazioni di Draghi aprono, un piccolo squarcio di verità su “Mani Pulite”, sia pure in assenza di ricerca storica ancora tutta da (ri)scrivere su quella oscura trama(e) di una svendita dell’Italia non soltanto industriale, e con delle modalità così sorprendenti e singolari. La posizione del nuovo Presidente della Bce è in apparente contrasto all’ondivaga Germania coinvolta con la Grecia insieme ad un gruppo di paesi europei esposti nei confronti del default greco, e perciò interessati ad un prestito “ristrutturato” da rinviare (per i prossimi sette anni) e nella speranza di una restituzione dubbia se non impossibile, dato l’ammontare del debito greco contratto, che è pari a 80-90 miliardi di euro; una controversia su un rinvio creato ad arte, entro il cortile europeo, con le stesse regole che hanno finora presieduto tutte le querelle tra gli stati europei: ogni contrasto tra gli stati (europei) deve essere risolta sotto la giurisdizione dei fidati organismi Usa del Fmi (Fondo Monetario Internazionale) e della dipendente Bce, che interferiranno con il collaudato sistema del divide et impera Insomma si gioca, sulle buone intenzioni tra paesi civili, dove ognuno cerca di mettere democraticamente in c.. all’altro, in una sorta di guerra umanitaria: nel mentre si distrugge economicamente ogni infrastruttura economica-finanziaria del paese suindicato, le truppe di occupazione del Fmi allestiscono ospedali da campo per gli aiuti finanziari, nel tentativo di rianimare i “morti che camminano”, e con l’imperativo: nessun paese europeo ha il diritto di dichiararsi fallito. Questa è la sorte riservata all’Europa divenuta ormai un campo di battaglia (secondo le regole di Maastricht) con morti e feriti, e altri paesi rimasti ancora in vita; così come può succedere che alcuni paesi europei declassati – perché messi sotto osservazione dalle ben note società Usa di “Rating” , come Spagna, Portogallo, Italia e addirittura la stessa Francia – possano travolgere l’intera area europea, data l‘imponente massa finanziaria immessa dagli Usa ed in grado di svalutare ogni realtà produttiva non più competitiva, il cui Default viene usato come una clava rivolta a tutti i paesi che non sottostanno ad ogni diktat finanziario d’oltreatlantico.

 

GIANNI DUCHINI giugno ’11