IL PENSIERO FORTE – E Kant andò a Hollywood – IL SONNO DELLA RAGIONE

PROSPETTIVE 2ai ■ ■
IL PENSIERO FORTE
E Kant andò a Hollywood
IL SONNO DELLA RAGIONE.
Francoforte, 13 agosto 1969. Max  Horkheimer (in prImo piano) e Jilrgen
Habermas (all’estrema destra)
partecipano alle esequie dl Theodor Adorno. Gli ideologi del Sessantotto hanno contribuito a diffondere un severo giudizio sulla scienza e sull’Illuminismo, di cui ancora oggi si avvertono le conseguenze.
eggo molte cose, in questi giorni, sul Sessantotto. Ed è giusto: sono passati quarant’anni, e vale proprio la pena di ricordarlo. Se non altro, per riflettere su certe sue eredità. Due, in particolare, ci riguardano da vicino. Ci sono contemporanee, infatti: una è il rigetto dell’Illuminismo; l’altra è la rivolta contro la scienza.
Già nel 1969 si era levata la voce di Paolo Rossi, contro «quei letterati e giornalisti, filosofi improvvisati, epistemologi della domenica, scienziati in disarmo che erano tutti principalmente interessati a presentare a un largo pubblico un’immagine del tutto negativa della scienza e della società industriale». Ma in quei mesi era di moda ascoltare altre voci.
Nel marzo del 1968 era già in quinta edizione italiana L’uomo a una dimensione di Herbert Marcuse, e folle di intellettuali si eccitavano leggendo che «i principii della scienza moderna furono strutturati a priori in modo tale da poter servire come strumenti concettuali per un universo di controllo produttivo», o che «il logos delta tecnica è stato riformulato nel logos della servitù senza fine». Ne seguiva la necessità di abbattere la scienza, demolire «l’universo totalitario della razionalità tecnologica» e battersi «a favore dei disperati». Salvare l’umanità, insomma. I ragazzi scrivevano sui muri «Viva l’elettrone proletario», e non pochi docenti
universitari insegnavano che l’università stessa era il luogo di riproduzione dell’ideologia borghese e che la scienza era la serva del capitale.
E l’Illuminismo? Ci pensava Max Horkheimer con Eclisse della ragione, nelle cui pagine si sosteneva che «la ragione è diventata irrazionale e stupida» in quanto è «essenziale all’espansione dell’industria», e che l’illuminismo è alla radice del male odierno dell’uomo. E lo ribadiva, insieme a Theodor Adorno, nei capitoli di Dialettica dell’Illuminismo. Dove si imparava che l’llluminismo «si rapporta alle cose come il dittatore agli uomini: che conosce in quanto è in grado di manipolarli». Kant avrebbe «anticipato intuitivamente ciò che è stato realizzato consapevolmente da Hollywood», poiché non aveva capito che, in realtà, la matematízzazione della natura sfocia nella «reificazione dello spirito» e porta nelle aule universitarie «la reificazione dell’uomo nella fabbrica e nell’ufficio».
Ancora più severa era la tesi di ifirgen Habermas. Il suo testo —Teoria e prassi nella società tecnologica — era in edizione italiana nel 1967. Vi sí leggeva che Galilei ha scomposto la natura «nel quadro delle nuove manifatture», innescando «un processo di reificazione» lesivo dell’umanità in quanto «le relazioni concrete degli uomini con le cose e degli uomini tra loro vengono dilacerate». È ancora oggi sconcertante che quegli intellettuali rivoluzionari non si rendessero conto che la loro tesi centrale era già stata enunciata, nel 1934, da Julius Evola. Egli, come teorico del fascismo, aveva infatti descritto la scienza come una «morta cognizione di cose morte» che, facendo trionfare i] razionalismo, aveva danneggiato l’intera umanità.
Ebbene, è preoccupante che sia così massiccio l’odierno attacco frontale contro la scienza e contro l’Illuminismo. il Sessantotto ha certamente innescato linee innovative su molti fronti, ma ci ha lasciato in eredità un’immagine devastante e conservatrice della ragione. Il che spiega lo stato desolante delle nostre scuole, la diffusione di nuove forme di analfabetismo e, di conseguenza, gli ostacoli sul cammino della modernizzazione del paese.
di Enrico Bellone
Picture 18   LE SCIENZE   475 marzo 2008