LA PREMESSA D’UN RACCONTO (NON ANCORA DA FARE), di GLG

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Un tempo si sarebbe detto: “E’ morto Mauro, Viva Mauro!”. Ed infatti è di Mauro vivo che intendo prima o poi parlare soprattutto. Alcuni mi dicono che non sono capace di capire la sofferenza e la solitudine di alcuni. Non credo di non capirla, nemmeno mi rifiuto di capirla. Alcuni affermano che la mia presunta incomprensione è dovuta al fatto che non ho conosciuto né sofferenza né solitudine. E’ vero, non le ho conosciute, quindi ho soprattutto amato la vita e la socialità. Miliardi e miliardi di individui si sono succeduti nei moltissimi millenni trascorsi da quando esiste il nostro specifico genere animale. Di questi miliardi, una minima parte è ricordata per nome nei libri di storia o anche in documenti e scritti che non sono noti che a pochi. Non c’è però nessuno di quei miliardi che non abbia lasciato una scia, un cumulo enorme di eventi vissuti che hanno comunque costituito un deposito, anche se non più minimamente ricordato, nell’immane “universo” della vita dell’intera società umana e per l’intero suo percorso.

In grande, in enormemente grande, è assai simile a quanto accade a noi singoli individui. Viviamo un’infinità di attimi di vita, di cui ricordiamo una porzione infinitesimale, per di più alterata, anzi trasformata, dal ricordo stesso. Parliamo con non so quante altre persone e non so quante volte; e anche in tal caso ricordiamo ben poco. Altrettanto dicasi delle letture che facciamo. E via dicendo. Tuttavia, quello che noi pensiamo e diciamo agli altri, il nostro modo di vivere e di intendere la vita, di affrontarla secondo innumerevoli angolazioni, insomma l’insieme complesso del nostro sistema relazionale, nel tempo e nello spazio, non è altro che il tessuto di tutte le nostre esperienze vitali in rapporto con altri (e con “altro”). Essendo ognuno di noi la ultra-ultra-miliardesima particella del complesso in(de)finito delle stesse (cioè dell’Universo), pensiamo che quest’uno – salvo quel piccolissimo numero di “atomi” passati alla “storia” – sia in pratica pressoché inesistente, certamente inutile, comunque avrebbe potuto essere sostituito da un altro “atomo”.

Non è esattamente così. Il film di Capra, “La vita è meravigliosa”, è un po’ (molto) ingenuo e schematico nel rappresentare il problema della rilevanza di ognuno di noi per gli altri; tuttavia, l’intenzione era buona e va in ogni caso conservata. E’ privo di qualsiasi senso – non di umanità, ma proprio di significato – pensare alla inutilità e sostituibilità di uno qualsiasi dei miliardi e miliardi di esseri umani esistiti, la stragrande maggioranza dei quali è già “passata”. Nessuno deve pensarsi inutile o sostituibile; e comunque non lo sarà per le persone con cui ha vissuto, interagito, discusso, trasmesso cultura e specialmente emozioni, sentimenti indefinibili ma che avvertiamo in quelle profondità così difficilmente sondabili ed esplicabili: a noi e agli altri.

 

Ho conosciuto Mauro quando sono passato da Giurisprudenza di Pisa a Storia di Venezia. Non si era iscritto all’Università, ma faceva parte di un gruppo di studenti lavoratori, tutti assai vivi nel mio ricordo, ma in particolare due – Toni (morto prematuramente nel ’90) e Arrigo (che ha fatto perdere le sue tracce da troppi anni) – laureatisi con me e con i quali Mauro costituiva un terzetto estremamente affiatato e stimolante per me. Ed è da questo 1980 che inizia una storia che conduce ad una profonda revisione, non di vita ma ci convincimenti politici e teorici. Vi sono alcune conoscenze importanti ed eventi che in effetti non avrei potuto avere a Pisa. Avvicino personaggi come Ludovico Geymonat e Aurelio Macchioro. Mi scrive un simpatico personaggio della Pirelli Cavi che ricorderò sempre e che si propone di fare lo sponsor di un centro studi di tendenza marxista. Ed infatti questo nascerà a Milano (Centro studi di materialismo storico) nel 1983, con l’apporto di validi studiosi di un dato orientamento; non certo “ortodosso”, anzi fortemente critico. Nel contempo o subito dopo si affollano altri eventi di vario genere. Con il tempo racconterò. Forse interesserà poco la “moltitudine”, ma alcuni amici, anche giovani, credo proprio di sì. E poi interessa me. A più tardi, non so quando.