LA PROPAGANDA ANTIRUSSA

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Nel mio viaggio in Ucraina di qualche anno fa, la cosa che notai, con mia grande sorpresa, fu il dilagare tra i giovani di uno stile di vita molto occidentale, compatibilmente coi mezzi a loro disposizione. Ovviamente, non sto parlando dei grandi temi culturali dell’Occidente, della sua letteratura, del suo cinema e della sue arti migliori, ma di tutta quella spazzatura americana ed europea che, dalla musica alle mode, era diventata un punto di riferimento imprescindibile per costoro, al pari di quanto non lo sia anche tra i coetanei dell’Ovest. Da Kiev a Donetsk non si notava molta differenza. Soprattutto i Teen-Ager, ma anche quelli un po’ più grandicelli, con i papà che lavoravano all’estero, in Russia in primis, consumavano le rimesse dei genitori nell’acquisto di status symbol materiali ed immateriali, dai vestiti di tendenza fino ai cd di Rihanna.

Inoltre, anche gli eroi autoctoni della televisione non erano altro che cloni di quelli statunitensi che scimmiottavano battute e motivetti in russo ma con una tecnica molto “wasp”. Spesso questi programmi arrivavano direttamente dai canali di Mosca. Quei ragazzi che cercano di assaporare il sogno dell’american way of life non sanno chi siano Jack London o Tom Wolfe ma cantano a memoria i ritornelli di Pit Bull e di Jennifer Lopez. Si nutrono di scarti culturali e per quegli avanzi dimenticano la loro gloriosa storia o credono che tali cliché irraggiungibili siano gli esempi da seguire per avere una esistenza interessante. Accade anche da noi, purtroppo.

Racconto di queste mie impressioni per farvi comprendere quanto il cosiddetto modello occidentale sia riuscito ad incunearsi anche in quel contesto, senza stravincere azzerando il passato, ma riuscendo ad attrarre, con le sue narrazioni ben confezionate per l‘esportazione, le nuove generazioni di paesi molto distanti da Washington, tanto in Cina, che in Iran e persino nel Caucaso, ecc. ecc. Dobbiamo dircelo con onestà per cercare di capire meglio le problematiche sottostanti a queste riflessioni.

Ugualmente posso riscontrare che non esistevano restrizioni di libertà di opinione, ognuno scriveva e diceva quel che gli pareva, come del resto accade in Russia, nonostante quello che ci racconta la stampa nostrana perfidamente russofoba ed interessata a screditare l’attuale verticale del potere al Cremlino. La differenza sostanziale però tra quanto avveniva ed avviene in Ucraina e quanto, al contrario, sta facendo la Russia attiene alla capacità/incapacità delle rispettive classi dirigenti di questi due popoli di dare il buon esempio nella lotta alla corruzione,  di produrre  sforzi per la ricostruzione di un benessere sociale meno squilibrato, per rinsaldare quei legami comunitari recisi dal crollo sovietico e per ripristinare un ambiente collettivo più salutare e prospero. I governanti Ucraini, quasi tutti oligarchi, non hanno mosso un dito per rimuovere queste difficoltà ed hanno continuato ad arricchirsi a spese della gente, affossando tutto il paese. Il gruppo dominante in Russia ha, invece, saputo agire nel migliore dei modi possibili, riportando la nazione a fasti quasi dimenticati, dopo la fine dell’URSS e la nefasta parentesi del circolo dei traditori filoamericani di Eltsin.

Putin e i suoi hanno rimesso la Russia in piedi e l’hanno condotta al centro delle dinamiche multipolari in evoluzione in questa fase, ricostituendo le strutture istituzionali ed il suo apparato militare, al fine di renderla indipendente e protagonista del XXI secolo. Ma anche qui sono sorti i medesimi problemi legati al cortocircuito del precedente sistema culturale sul quale si sono innestati, già a partire dagli anni ’90, gli occidentali. Per questo Putin ed il suo entourage, stanno innalzando barricate a difesa della russità e delle sue tradizioni, pur coniugate con le istanze della contemporaneità. Putin non è ostile allo stile occidentale, mi si passi il gioco di parole, ma è preoccupato dalla maniera in cui i suoi detrattori usano quel modo di vivere per destabilizzare le forze costituzionali ed insinuare falsi miti nella gioventù russa.

E’ stato già fatto un lavoro immenso ma altrettanto resta da farne. Sul piano mediatico e propagandistico i dirigenti russi hanno imparato da americani e loro alleati e si sono attrezzati riconvertendo gli strumenti messi in campo da questi per le proprie finalità. Dalle parti di Mosca l’opposizione prezzolata dalle cancellerie straniere, (col suo nugolo di ong e club fintodemocratici), è stata pressoché neutralizzata ed il consenso di Putin ha toccato livelli invidiabili per chiunque. Persistono ovviamente quinte e seste colonne interne, delle quali abbiamo già discusso qui (http://notizie.tiscali.it/politica/socialnews/politica/Petrosillo/13660/articoli/I-nemici-dello-Zar-Putin.html) e non ci dilunghiamo ancora.

Tutto ciò vanifica gli sforzi della Casa Bianca di destabilizzare il Cremlino, che al momento costituisce la sua principale preoccupazione sullo scacchiere mondiale. Per questo vengono sciolti dalle catene e lanciati all’attacco come botoli rabbiosi i propagandisti più ottusi che si spacciano per grandi scrittori e giornalisti. Costoro però, in assenza di argomenti concreti e verosimili, si stanno coprendo di ridicolo facendo un involontario favore allo “Zar”. Oggi riporterò due esempi per tutti, provenienti da uno di quei fogli (La Repubblica) che in Italia, in quanto House Organ di quello che La Grassa chiama il blocco reazionario progressista, si è assunto il compito di infangare la Russia per servire il suo padrone oltreoceanico, corrompendo anche le intelligenze nel nostro Paese, attraverso la divulgazione di notizie e modelli orientati al politically correct che sono alla base di una ignoranza ormai predominante da Trento a Canicattì.

Due giorni fa il suddetto giornale ha sparato due articolesse dense di luoghi comuni e di falsità sulla Russia e su Putin che sono emblematiche di quanto vi sto illustrando. Questi signori non si vergognano nemmeno dei loro strafalcioni storici e politici perché sono pagati apposta per spargere menzogne. Il primo è un articolo di Nicola Lombardozzi, alle pagine 32-33, intitolato “Il bavaglio di Putin”, il secondo è Viktor Erofeev, a pagina 33, dal titolo “La nuova ideologia nazionalista che chiude le porte all’Europa”. Lombardozzi ci ripropone i soliti stereotipi sul Putin dittatore che iugula le libertà civili e non ammette contestazioni al suo operato. Putin ha zittito l’opposizione perché controlla le vite dei cittadini i quali ora hanno paura ad esporsi, dice l’agit-prop di Repubblica. Immancabile la citazione dal Mein Kampf per far scattare nella pubblica opinione la reazione pavloviana dell’accostamento al nazismo .

Putin alla caccia dei nemici del popolo che, però, sfortunatamente per Lombardozzi non è necessaria poiché i nemici di Putin si screditano da soli. Evidentemente, la fine penna di Repubblica non ha nulla da ridire sulle performances delle Pussy Riot che urinano sugli altari delle chiese e che si mostrano in pubblico intente a intorcinarsi tra loro completamente nude in compagnia di amici coi membri inturgiditi. I sedicenti Liberali poi basta guardarli in faccia per restare lontano da loro proprio come fa l’elettorato che li ha ridotti a percentuali da elenco telefonico. Lasciamo cadere, inoltre, la pretestuosa e sempiterna accusa di omofobia rivolta al Nostro per aver fatto approvare una legge che vieta la propaganda omosessuale in presenza di minori. Se Lombardozzi vuole sottoporre suo figlio a siffatti spettacoli degradanti faccia pure, ma non inveisca contro chi difende i più piccoli dalle sconcezze degli adulti. Mentre egli accompagna il suo pargolo al Gay Pride io porterò il mio a vedere un bel filmUsa, perchè spesso sono capolavori (più dei nostri filmettini italiani così introspettivi, noiosi e nannimorettiani), anche per dimostragli il mio antiamericanismo non preconcetto.

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Infine, ciliegina sulla torta, Lombardozzi rimprovera allo Zar di essere compiacente con una campagna di culto della personalità che, lo scrittorino non se ne è nemmeno accorto per troppo zelo di servizio, è ripresa pari pari da quella di Obama. Le magliette con l’effige di Putin, proprio come quelle che ritraggono Obama, sono diventate oggetti di grido in tutto il mondo. E’ la par condicio della t-shirt che unisce i popoli planetari, dunque non facciamone una scusa ideologica per scagliarci con chi ha gusti estetici diversi, adombrando chissà quali “machiavelli” per intortare le persone.

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obPer quanto riguarda, invece, Erofeev, siamo in presenza del solito  connazionale di Putin che sputa nel piatto dove mangia, per paura di perdere privilegi di casta o per costumi assimilati durante le conferenze o le vacanze all’estero (lui che può permettersele). Il giornalista dice di vivere “ancora” in Russia ma se poi sta così male può sempre venire in Italia a stare  peggio. Si lamenta dei diritti civili violati ma scrive peste e corna del Cremlino non rendendosi conto della contraddizione in cui cade. Riesce ad inviare i suoi pezzi quando vuole e senza alcuna censura, dunque non è né Pasternak né Bulgakov, tutt’al più è “un cuore di cane” che fa i soldi parlando male del proprio paese. Non un nobile mestiere, direi. Anche Erofeev dimostra di esser inacidito nel brodo ideologico antiputiniano altrimenti non avrebbe mai avuto il coraggio di affermare un’assurdità del genere: “…il tentativo di Gorbaciov e di Eltsin di seguire l’esempio di Pietro il Grande…”. I due presidenti citati dal giornalista sono quelli che hanno distrutto quel che restava di un grande impero, portandolo alla desolazione e alla povertà. Sono i due elementi che disfecero lo Stato sovietico per svenderlo all’occidente, con le conseguenze di un decennio di disperazione che sappiamo. Negano pure la Storia per qualche dollaro in più. Ridicoli senza ulteriori commenti.