La realtà, come appare.

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La realtà non è (solo) come appare. La Grassa scrive, per esempio, che “la realtà presenta un aspetto apparente ed uno sostanziale. Il primo non è per nulla un inganno, è ciò che colgono i sensi nella loro più immediata rilevazione.” Sicuramente è corretta la definizione secondo cui il mondo apparente non è un mero abbaglio, più discutibile è, invece, l’affermazione circa l’esistenza di una realtà sostanziale che sembra essere dietro alle percezioni sensibili. Questa contrapposizione tra apparente e reale può essere fuorviante. E se invece di giungere alla sostanza, noi con l’astrazione ed il pensiero logico, la capacità di calcolare e di riscontrare certe “ripetibilità”, giungessimo sempre e solo a cogliere esclusivamente un certo livello di “profondità” di questa apparenza? Quello che ci è dato di comprendere è solo la relazione tra le cose (non le cose in sé ammesso che un in sé abbia senso per noi) che sarebbe la vera sostanza di ciò che ci appare. La sostanza dell’apparenza è, dunque, il limite del nostro mondo, del nostro modo di leggere e interpretare la natura. Oltre questo modo non si può andare per caratteristiche fisiologiche e per la struttura del nostro cervello. L’infinitamente piccolo ci è ostile, per dirne ancora una, per il nostro essere un agglomerato vivente di atomi che non può spingersi, se non fino ad un certo punto, dentro le particelle elementari di cui è composto, tanto che la stessa osservazione (e sperimentazione) perturba i fenomeni che vorremmo conoscere.
Quindi siamo sempre noi a costruire la realtà, attraverso le relazioni degli oggetti del mondo esterno (che esterno non è più), sempre secondo il nostro specifico sguardo “razionale”. Già i cosiddetti costruttivisti ritenevano che fossimo “noi stessi a creare il mondo della nostra esperienza”. Tutto ciò ci impedirebbe di conoscere il mondo per “come veramente è” perché non esiste un tale mondo “oggettivo” in sé, anche se è escluso che “lì fuori” non ci sia nulla e sia tutto nella nostra testa. Ma senza la nostra testa non c’è il “nostro” mondo, anche se detta così può sembrare una colossale banalità
Nel suo ultimo saggio (già discusso in parte in un video proprio con La Grassa: http://www.conflittiestrategie.it/lenin-e-bogdanov-dibattito-aggiornato) scrive Carlo Rovelli, a proposito del machismo: “L’interesse di questa posizione filosofica è che elimina tanto ogni ipotesi su una realtà dietro le apparenze, quanto ogni ipotesi sulla realtà del soggetto che ha esperienza. Per Mach non vi è distinzione fra mondo fisico e mondo mentale: la «sensazione» è egualmente fisica e mentale. È reale. Così descrive Bertrand Russell la stessa idea: «Il materiale primo di cui è fatto il mondo non è di due tipi, materia e mente; è soltanto arrangiato in strutture differenti dalle sue inter-relazioni: alcune strutture le chiamiamo mentali, altre fisiche». Sparisce l’ipotesi di una realtà materiale dietro ai fenomeni, sparisce l’ipotesi di uno spirito che conosce. Chi ha conoscenza, per Mach, non è il «soggetto» dell’idealismo: è la concreta attività umana, nel concreto corso della storia, che impara a organizzare in forma via via migliore i fatti del mondo con cui interagisce. Questa prospettiva storica e concreta entra facilmente in risonanza con le idee di Marx e Engels, per i quali la conoscenza è pure calata nella storia dell’umanità. La conoscenza viene svestita di ogni carattere astorico, di ogni ambizione di assoluto o pretesa di certezza, e calata nel processo concreto dell’evoluzione biologica, storica e culturale dell’uomo sul nostro pianeta. Viene interpretata in termini biologici ed economici, come strumento per semplificare l’interazione con il mondo. Non è acquisizione definitiva, ma processo aperto. Per Mach il sapere è la scienza della natura, ma la sua prospettiva non è lontana dallo storicismo del materialismo dialettico. La consonanza fra le idee di Mach e quelle di Engels e Marx è sviluppata da Bogdanov e trova consensi nella Russia prerivoluzionaria.”
Come sappiamo proprio tra Bogdanov e Lenin ci fu un acceso dibattito intorno all’empiriocriticismo (http://www.conflittiestrategie.it/lenin-e-bogdanov) che assunse toni molto accesi e di reciproca incomprensione. Bogdanov difendeva le intuizioni di Mach in quanto utili ad allontanare un materialismo molto rozzo che si era fatto strada tra i marxisti e i rivoluzionari russi. “La proposta radicale di Mach è di non pensare ai fenomeni come manifestazioni di oggetti, ma pensare agli oggetti come nodi di fenomeni”, scrive ancora Rovelli. La fisica di oggi sembra dare ragione a queste intuizioni che all’epoca non potevano trovare alcun riscontro sperimentale, la scienza odierna parla di relazioni e interazioni tra oggetti ed è a queste che bisogna guardare per comprendere la natura e non alle cose isolate. La realtà è dunque una rete ed ogni fenomeno è uno snodo di quelle.
A queste intuizioni di non poco conto era giunto, a suo modo, anche Nietzsche quando accusava i filosofi di aver creato una nefasta contrapposizione tra mondo vero e mondo apparente. Per il filosofo tedesco la logica e le categorie della ragione non svelano l’intima natura del mondo, la sua oggettività intrinseca, che non c’è affatto, ma sono uno strumento per “accomodare” il mondo a dei fini utili a noi. E non c’è mondo vero e mondo apparente, ma soprattutto il mondo apparente (che non è sinonimo di falso) è quello per cui “l’uomo aveva inventato la propria ragione, per abitarlo, per viverci a proprio agio…esattamente questo mondo venne screditato. Invece di utilizzare le forme come strumenti per renderci il mondo manipolabile, la folle intelligenza dei filosofi scoprì che in queste categorie è nascosto il concetto di quel mondo al quale non corrisponde il mondo in cui viviamo…” E’ proprio quello che ci interessa, quell’apparenza che spingiamo ad un certo grado di profondità, con la nostra scienza (che non è il metodo sotteso alla realtà, non è la sua logica intima) per affrontare meglio il “nostro” mondo consci che la nostra visione, parziale e modificabile, strappata con le unghie e con i denti alla natura, ci “semplifica” le cose nel caos dell’universo.