La Storia è anche revisione

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Paolo Mieli, in un recente articolo sul Corriere, accusa Putin di revisionismo storico che ora sarà materia di testi scolastici per indottrinare le future generazioni, da mandare al massacro in nome di un neo imperialismo slavo. Bizzarro che a lanciare tale critica sia proprio uno storico. La Storia è interpretazione e, dunque, anche revisione di azioni e fatti passati che possono essere riletti sotto una nuova luce quando emergono documenti o episodi rimasti a lungo sepolti sotto il tappeto degli eventi. Inoltre, la storia la fanno gli uomini che lottano per i loro motivi e le loro ragioni, alla base delle loro decisioni che divergono in quanto esistono sempre diverse prospettive dalle quali analizzare le questioni che li riguardano. Non c’è un’unica direzione del processo storico che non è una linea che unisce episodi puntuali lungo il corso degli eventi ma un flusso caotico di accadimenti. Quest’ultimo che conduce ai conflitti tra gli uomini e i paesi non ha un verso giusto e uno sbagliato e, pertanto anche i soggetti e i gruppi che si combattono per una certa visione del mondo, non hanno in sé torto o ragione. Insomma, non esiste la parte giusta e quella sbagliata della Storia come affermato da tanti sapientoni o sciocchi o in malafede. Piuttosto, dalle battaglie o dalle guerra emergono dei vincitori e sono questi, dopo averle suonate ai nemici, a cantarsele a piacimento identificandosi negli eroi che hanno sconfitto gli avversari cattivi e immorali.
Dunque, è nel diritto di Putin affermare quello che a Mieli non sta bene, in primo luogo anche perché quest’ultimo (come tutti) si comporta allo stesso modo nelle sue ricostruzioni imbastite utilizzando canali e intendimenti non neutrali per fini politici e ideologici, in secondo luogo perché tale rilettura della Storia risponde a esigenze nascenti della società russa contemporanea. Con ciò non stiamo dicendo che l’attuale potere russo stia ristabilendo la verità storica. Tutt’altro, esso semmai ha riacquisito la forza sociale di contrapporsi e superare concezioni che avevano preso il sopravvento, dopo pesanti ed epocali disfatte, riflettenti uno stato di sottomissione e decadenza oramai alle spalle.
Quindi Mieli si metta l’anima in pace. Correttamente ora in Russia possono affermare che Gorbaciov, tanto amato dalle nostre parti (et pour cause) è stato un traditore (non solo lui ovviamente). Può affermare, rispecchiando certe esagerazioni tanto in voga in Occidente, anche che: “Le sanzioni occidentali contro la Russia, successive a quell’«operazione», sono paragonabili all’invasione napoleonica del 1812”. Conseguentemente, ha anche riabilitato Stalin che qui da noi viene ricordato come un mostro mentre i tanti nostri mostri sono beatificati perché hanno preservato libertà e democrazia al prezzo di lapidi che non vediamo o neghiamo. È vero Putin e soci sono disdicevoli quando “buttano a mare Lenin” come dice Mieli, “stabilendo una continuità tra la stagione degli zar che hanno fatto grande la Russia (Caterina II, Alessandro III) e quella di Stalin”. Tuttavia, esiste una pari continuità tra giustificazionismi e menzogne, omissioni ed esaltazioni anche quando nelle nostre scuole insegnano ai ragazzi, per esempio che l’America (con il supporto dei partigiani) ci ha liberati. Fosse così sul serio gli americani se ne sarebbero già andati da un pezzo e invece sono ancora qui ad occupare l’intera Europa e i nostri libri, anche con fandonie e assurdità sulla resistenza.