LE FONDAZIONI BANCARIE ITALIANE

 

     Il libro di Fabio Corsico e Paolo Messa, dal titolo “Da Frankestein a Principe Azzuro. Le Fondazioni Bancarie tra Passato e Futuro” edit. Marsilio (con la supervisione   di Ciampi e Amato), segna  un punto di arrivo di una analisi sulla finanza bancaria, svolta con un‘enfasi dai risvolti miracolistici,  in grado di produrre benefici effetti positivi su tutta l’area Occidentale;  oltre ad una conferma di alcune “fissità” ideologiche, dure a morire; una tra tutte, la funzione ambivalente delle “Fondazioni bancarie”nella loro veste istituzionale di “Persone giuridiche private senza fini di lucro”; una separazione apparente tra etica e  lucro, in una  risibile  divisione tra finanza buona e cattiva,  contestualmente  ad un servilismo   dell’Europa ormai ridotta  ad una area di tipo simil-coloniale: conclusione conseguente di una Unione europea soltanto monetaria e  artatamente funzionale ad una  pattumiera finanziaria di ogni crisi Usa.

All’inizio degli anni ’90,  per aggiornare il sistema economico italiano all’incipiente formazione dell’unità economica europea, nacquero, con la riforma Ciampi-Amato, le  Fondazioni Bancarie italiane (1); più prosaicamente, per vendere le banche ai capitali stranieri,  sotto l’enfatica espressione dello “strumento di modernizzazione  delle banche”; e  per realizzare ciò Il Governatore di Bankitalia Ciampi separò le banche in due diverse entità: le fondazioni (“con funzioni di diritto pubblico”) dalle banche (con funzioni imprenditoriali nella forma di società per azioni) con il  vincolo,  che le banche fossero sotto il controllo delle fondazioni e che successivamente dovessero collocare le proprie azioni sul mercato. La legge-delega del ’90 configurò le fondazioni bancarie come holding pubbliche che gestiscono il pacchetto di controllo della banca partecipata e che i dividendi delle fondazioni devono essere intesi come redditi strumentali per “i fini di interesse pubblico e di utilità sociale”così come stabiliti dalla statuto.

    In questa separazione tra Fondazione  e Banca, emerse la “singolare”  funzione della prima  come  un collante sociale dello  Welfare; un gioco delle parti  tra la finanza (cattiva) dei mercati finanziari  e la finanza buona e caritatevole delle fondazioni ; si ricorda a questo proposito il lungo elenco di funzioni sociali svolte istituzionalmente (circa 21)  dalle Fondazioni, che vanno dall’aiuto alle famiglie, ai giovani, al volontariato alla beneficenza, allo sviluppo locale, all’assistenza agli anziani…Insomma, un ruolo non dissimile dalle Opere pie religiose, con interventi però  mirati sul  territorio (locale)  dove agiscono le Fondazioni delle casse di risparmio.  

    Con la costituzione delle  82 Fondazioni Casse di Risparmio unitamente ad altre 6 fondazioni originate da banche ad “assetto istituzionale”  si è realizzato un sostanziale  (ri)allineamento del sistema   bancario italiano a quello europeo subalterno alla Fed (Banca Federale Usa) che impose  tempi e  modi  della formazione dell’Unione monetaria europea: fortemente burocratica al suo interno, così come  docile e remissiva all’esterno in quanto ricettore ideale degli impulsi di  comando  del grande Centro finanziario Usa,  che opera  con le  sue innumerevoli agenzie rating  Moody’s , S&P, Fitch; se non si ottempera alle direttive impartite dagli organismi Centrali (Usa), scatta la pena da espiare, nel  declassificare il  sistema paese preso in esame alla classe inferiore in una retrocessione  sempre più  marginale.

     Dalla  istituzione delle Fondazioni, e cioè  dall’inizio del controllo sulle banche, è andata crescendo  sempre più  un’attenzione politica, oltre che sull’imponenza del loro patrimonio  pari a 50 miliardi di euro da utilizzare alla bisogna,  sui  cambiamenti più generali che  possono produrre i passaggi degli  assetti proprietari delle banche, da un sistema “banco centrico” al “mercato centrico”  dell’azionariato diffuso delle public company di tipo anglosassone; e con cui, del resto,  si realizzarono    le cessioni delle partecipazioni delle fondazioni con la formazione dei due grandi gruppi bancari italiani di Intesa San Paolo e Unicredit: la piena   apertura ad ogni scorreria piratesca dei capitali  stranieri.   

   Intorno alle Fondazioni e la Cdp (Cassa Depositi e Prestiti)  si giocheranno tutte le partite che contano nell’economia e nella finanza: ” dalla ricapitalizzazione delle banche (in cui stanno per investire almeno 3 miliardi), alla sostenibilità del nostro debito pubblico; dal riassetto della filiera Mediobanca-Generali, alla difesa delle imprese strategiche con la Cassa Depositi e Prestiti ”. (cfr. “il Giornale”del 18/04/2011)

La recente  dichiarazione di Tremonti, su un passato glorioso di una industria nazionale pubblica (vedi Iri),  suona come una  chiamata alle armi di una svolta politica prossima ventura: un nuovo spirito costituzionale in una sorta di (Neo)Compromesso Istituzionale, per il rilancio   delle Fondazioni  e della Cdp  con investimenti in infrastrutture pubbliche di Eni (distribuzione del Gas) e Terna (distribuzione Elettrica), dove le fondazioni bancarie  hanno il 30% del patrimonio della Cdp mentre il Tesoro il 70% .

        Un vasto piano finanziario  che può essere accelerato, causa il ridimensionamento di Berlusconi nelle recenti(ssime) elezioni amministrative, dove si è aperta la falla per una svolta politica in Italia che sarà gestita dalle “frattaglie” residuali della Destra-Sinistra “dell’Arco Costituzionale, al momento della  (fuori)uscita  di Berlusconi; e che confermerà, con la sua fine, una  modesta  storia politica, seppure tratteggiata da qualche velleità di autonomia nazionale   drasticamente interrotta con un suo improvviso voltafaccia nei confronti dei suoi più importanti interlocutori russi (Putin) e libici (Ghedaffi), con i quali aveva approntato una incipiente linea di politica estera a  difesa delle poche industrie strategiche rimaste in Italia (Eni, Finmeccanica e Enel).

   Un riallineamento indotto dalla strategia obamiana che ha puntato sul settore energetico come  viatico fondamentale per un controllo  sull’ Europa, con l’Italia come un esempio più emblematico.  Dopo essere venuto meno  la triangolazione italiana del gas russo del South Stream,  con Russia, Turchia e Libia, l’emarginazione di Putin e la guerra dei “Volenterosi” contro la Libia di Gheddafi hanno fatto il resto. L’Italia è destinata a marcare   la linea di confine  del Sud Europa più confacente agli indirizzi geostrategici degli Usa nei confro
nti del  mondo arabo: una sperimentazione in vitro  di  un  laboratorio politico – gestito dagli Usa – che faccia il paio con l’altra fondamentale  linea di confine del Nord Europa: l’Inghilterra.  

    Tremonti – titolare del Tesoro (  Cassa) e   fedele esecutore d’Oltre Atlantico insieme all’altro (americano) Draghi –  è il politico più indicato a garantire il varo di un enorme piano finanziario per investimenti in infrastrutture  locali per  la distribuzione del gas e dell’elettricità con cui  rivitalizzare  il vecchio blocco sociale dei ceti medi pubblici, fino a comprendere  un insieme di  interessi localistici-statalistici (vedi Le Municipalizzate); un pieno dissolvimento di ogni residua identità nazionale a tutto vantaggio di una  politica coloniale degli Usa, che punta a gestire  il “Protettorato ” italiano, in un ambito nazionale  ben circoscritto – al di fuori delle tratte internazionali –  e maggiormente controllabile dal  punto di vista strategico.  

       Oltre ad un perfetto (ri)allineamento al carattere predatorio del Capitalismo Usa che, dopo aver avviato un  sistematico svuotamento dei  patrimoni delle imprese sub dominanti  una volta ottenutone il controllo, provvede  ad una loro trasformazione in tanti “spezzatini” aziendali da immettere sui mercati; e con una  tipologia di finanziamento simile ad un laboratorio di  ingegneria finanziaria con i  “pacchetti-prodotti composti da un insieme  integrato di attività finanziarie e servizi non separabili sotto il profilo della domanda e dell’economicità della relazione con il cliente”; finanziamenti da imporre alle imprese “a scatola chiusa”, con delle conseguenze  pari  alla pericolosità di ordigni (finanziari)    con cui   giocare una complessa partita  di natura geopolitica,  che riguarda   l’autonomia e la sopravvivenza dei sistemi-paesi europei, il cui obbiettivo finale dell’Italia è già  (as)segnato dalla sua storia:  un irreversibile e fondamentale passaggio (storico) da   paese industriale a paese  di servizi. Il Capitalismo Usa ha riprodotto in Europa la stessa fase pioneristica dei  coloni americani che contribuirono alla formazione in Usa di un Capitalismo denominato Manageriale (e/o “dei funzionari del capitale”), saltando  un lungo processo storico di formazione del Capitalismo Borghese: causa fondamentale di unaAccumulazione Originaria da “ Rapina” che ricorda molto gli assalti a mano armata  alle banche nella Conquista del West;  e che, dopo aver fatto tabula rasa del Capitalismo inglese ( con la vittoria della 2° guerra mondiale ), ha raggiunto il suo pieno controllo in Europa con l’implosione dell’Urss .

    Il  dominio Usa sull’Europa è stato  inoltre consolidato grazie all’accoppiata  dell’Unione europea con la  Germania quale unico paese europeo che ha conquistato sul campo i “galloni” di un proprio sviluppo industriale, difeso ad oltranza, come  un “cane da guardia” degli interessi Usa . E  la recente debacle  della  Grecia è l’esempio più  illuminante di una  fine annunciata di un paese europeo già morto perché insolvente e che si  tiene in vita con dei salvataggi finanziari forzati e con un accanimento terapeutico del tipo  “Racket dell’Estorsione. Bruxelles-Francoforte (Unione e Germania)  costringono  i Paesi ad accettare questi soldi perché hanno bisogno di far felici le banche succhia-tasse, che altrimenti potrebbero rifiutare di presentarsi alla propria asta dei bond in Spagna, Belgio, Italia o addirittura Francia…. l’Europa è messa talmente male da non riconoscere la libertà di fallire ” (cfr, dichiarazione del Primo ministro finlandese Timo Soini, riprese da Libero del 10/05/11).

(1) Le Fondazioni Bancarie hanno origine nell’Europa Centrale dalle antiche casse di risparmio, costituite come associazioni private, poi diffusesi in Italia (primi Ottocento) per raccogliere i flussi di liquidità della  1° Rivoluzione Industriale. Le nascenti casse di risparmio avevano un’attività diversa dall’attività bancaria in senso stretto: le casse raccoglievano capitali con una sottoscrizione iniziale e con successivi depositi dei soci partecipanti che intendevano svolgere attività di assistenza e beneficenza, indirizzata verso i ceti più emarginati; le banche, al contrario, nascevano su iniziativa privata di gruppi ristetti e svolgevano la funzione di intermediari finanziari tra il piccolo risparmio e l’impresa. 

 GIANNI DUCHINI   maggio ’11