LE MANOVRE DEL GOVERNO MONTI E I POSSIBILI SVILUPPI DELLA CRISI

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LE MANOVRE DEL GOVERNO MONTI E I POSSIBILI SVILUPPI DELLA CRISI

In un recente dossier, pubblicato da ItaliaOggi, sulle “manovre” dettate dal governo e approvate dal parlamento nel 2012 si trova scritto:

<<Che il 2012 sia stato un anno orribile lo si può misurare anche dal numero di manovre che si sono rese necessarie […]. Ben sei manovre, denominate con nomignoli graziosi (decreto crescita, decreto sviluppo 2.0, legge di stabilità, ecc.) ma con un ripieno pieno di cattive notizie per i cittadini del Belpaese, e per i contribuenti in particolare. […] In questo film dell’orrore la parte del cattivo è stata attribuita agli enti locali. Non solo per la gestione da manicomio dell’Imu: il 2012 è stato anche l’anno delle imposte di scopo, dello sblocco dei tributi comunali, delle addizionali e addirittura dell’imposta comunale sulla pubblicità su gru e torri nei cantieri>>.

Il caso degli enti locali è in effetti sintomatico: da anni i tagli alla Pubblica Amministrazione venivano concentrati in questo settore e all’improvviso quando ci si è accorti che le casse di Comuni e Province erano praticamente vuote si è dato il via libera, in maniera indiscriminata, a vari balzelli e al ritorno della vecchia Ici (devoluta però in buona parte alle casse statali) con maggiorazioni varie soprattutto per le abitazioni di recente costruzione e per le seconde case. La nota introduttiva di ItaliaOggi continua criticando gli interventi sull’Iva, che nel 2013 vedrà l’aliquota ordinaria portata al 22%, i quali proprio in una fase di recessione e di consumi in grande calo continuano a produrre inflazione. Così prosegue, poi, l’autore del dossier:

<<Ma se si volesse stilare una speciale classifica delle norme più demenziali dello scorso anno, certamente ai primi posti bisognerebbe mettere la tobin tax, un’imposta demagogica, che vorrebbe punire la speculazione, ma riuscirà solo a far migrare le transazioni finanziarie su altre piattaforme. Ai primi posti anche le misteriose regole sulla responsabilità solidale sugli appalti (non solo le grandi opere pubbliche, ma a voler essere pignoli quasi tutti i servizi forniti da un’impresa a un’ altra), una riforma che si propone di scaricare sulla collettività l’onere di verificare la correttezza fiscale delle controparti contrattuali (ma allora ci si potrebbe chiedere a cosa servono gli uomini dell’ Agenzia delle entrate e della Guardia di Finanza)>>.

Vengono ricordati, poi, il provvedimento, controproducente, che riduce al 20% la deducibilità delle spese per le auto aziendali e la “rivoluzione” dell’Aspi, voluta dal ministro Fornero. Almeno sulla carta l’Aspi – la nuova assicurazione per l’impiego che sostituirà dal 2013 l’indennità contro la disoccupazione involontaria e a regime dal 2017 anche l’indennità di mobilità – parrebbe contenere elementi positivi e infatti la nuova assicurazione prevede l’ampliamento dell’ambito dei soggetti tutelati (tutti i dipendenti del settore privato, compresi gli apprendisti), l’aumento della misura e della durata delle indennità erogabili e un sistema di finanziamento alimentato da un contributo ordinario nonché da maggiorazioni contributive. In realtà riducendo, in ogni caso, a 12 mesi se si hanno meno di 55 anni e a 18 mesi per gli over 55 la durata dell’erogazione, renderà ancora più difficili le condizioni delle fasce più deboli dei lavoratori disoccupati. Sono state emanate anche numerose norme per semplificare e snellire l’operato della Pubblica Amministrazione, come quelle contenute nel decreto semplificazione e sviluppo, che hanno previsto la digitalizzazione di tutti i documenti e le comunicazioni tra pubbliche amministrazioni, ma ancora una volta si è verificato che emanare norme non basta. Il primo problema è dato dall’enorme quantità di provvedimenti attuativi che sono necessari con l’attuale organizzazione della PA; la macchina burocratica, ai suoi livelli più alti, continua, inoltre, a “lavorare” con tempistiche assolutamente inadeguate, per cui i ritardi di emanazione dei decreti attuativi si aggravano sempre di più. In conclusione ItaliaOggi riassume così la situazione:

<<Di fatto il legislatore, che dovrebbe essere il parlamento, è stato espropriato dal governo, che ha deliberato soprattutto con decreti legge convertiti con voti di fiducia. A sua volta però l’esecutivo rischia di essere fagocitato dagli alti burocrati ministeriali che , rallentando all’infinito l’emanazione dei provvedimenti attuativi, possono sterilizzare qualsiasi riforma non gradita>>.

Ma non gradita a chi ? A questo punto entra in gioco la valutazione, espressa più volte da La Grassa, della macchina statale come di un “luogo” in cui vengono a confliggere i vari gruppi sociali che lottano per la supremazia tra i dominanti in una formazione sociale particolare. L’alta burocrazia e la magistratura – non a caso, nel nostro paese, organi al di fuori dell’ambito elettorale e quindi non sottoposti alla periodica verifica del consenso “popolare” – giocano un ruolo determinante nell’ambito del conflitto sopra citato per cui gli stessi organi elettivi non si azzardano, se non in casi rarissimi, a scontrarsi con questi “corpi separati” protetti da forze che vengono dirette da “potenze esterne” (al nostro sistema-paese).

In un articolo apparso sul Sole 24 ore del 19.01.2013 Fabrizio Galimberti scrive:

<<… l’anno appena trascorso è stato, per gli italiani, il peggiore del dopoguerra. Anche peggio dell’annus horribilis del 2009, quando imperversava nel mondo la crisi più grossa dagli anni Trenta: in quell’anno la domanda interna – i beni e i servizi assorbiti dagli italiani – crollò del 4,4%, ma nel 2012 il crollo è stato anche maggiore. E se a livello di Pil siamo riusciti a limitare i danni grazie all’export (la Banca d’Italia dà per il Pil una caduta l’anno scorso del 2,1% contro il -5,5% del 2009), ciò non toglie il durissimo colpo subito dal tenore di vita degli italiani>>.

Anche le prospettive prossime per il nostro paese, ricorda Galimberti, risultano decisamente negative e per trovare un filo di speranza per l’uscita dal tunnel bisogna, secondo l’economista, uscire dall’Europa e rivolgersi altrove. Così scrive infatti Galimberti:

<< In America il settore immobiliare è chiaramente in fase di guarigione – una guarigione che è la precondizione per una ripresa duratura, una guarigione che può non solo lenire (danno cessante) ma stimolare (lucro emergente – quand le bâtiment va, tout va, dicono i francesi). E i parametri della politica economica in America permangono favorevoli alla crescita, malgrado i patemi da fiscal cliff e dintorni. In Cina si sta realizzando quel che non era difficile prevedere: in un Paese in cui le leve dell’economia sono manovrate dal centro – e in cui gli spazi di manovra per chi voglia usare quelle leve sono ampi – l’avvento di una nuova dirigenza si accompagna a buone notizie sulla crescita, utili a consolidare il consenso attorno ai nuovi leader. Ieri sono stati resi noti i tassi di crescita del Pil (+7,9%) e della produzione industriale (+10,3%), ambedue superiori alle previsioni degli analisti. [In Cina N.d.r.] gli spiriti animali sono indomiti, può aumentare il tasso di occupazione e soprattutto il passaggio dalla sotto-occupazione delle campagne all’occupazione nelle fasce urbane e costiere promette grossi aumenti di produttività>>.

Insomma, ancora una volta, l’autore dell’articolo manifesta il suo proverbiale ottimismo arrivando , quindi a domandarsi se la Ue sarà in grado di agganciarsi al traino di Usa e Cina. La risposta vuole essere affermativa confidando sulle “maglie forti” degli scambi internazionali; ma l’export non basterà, perché è soprattutto dalla domanda interna che deve venire la spinta per uscire dalle secche della recessione. Galimberti in conclusione – e portando come esempio gli effetti benefici che i cambi di dirigenza hanno portato (secondo la sua opinione) sia in Cina che, recentemente, anche in Giappone – si domanda se finalmente le prossime elezioni saranno in grado di darci una classe politica dirigente all’altezza delle sfide difficilissime di fronte alle quale ci troviamo. Lui sembra fiducioso, noi molto meno: il 2013, lo sappiamo già, sarà un altro anno terribile ma, come scrive Hegel nella Fenomenologia dello Spirito, <<…è unicamente mettendo a repentaglio la vita che si dimostra la libertà […]. L’individuo che non ha osato rischiare la vita può bensì venire riconosciuto come persona; ma non ha raggiunto la verità di questo riconoscimento come autocoscienza autonoma>>.

Mauro T. 20.01.2013