Nico Perrone[1], La ricerca di un’altra strada per una Italia autonoma in una Europa tutta da ri-costruire.

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FotoNicoPerroneIntervista a cura di Luigi Longo

D. Nell’ editoriale del primo numero della rivista “Leonora” mi ha colpito la tua dichiarazione:<< …quello che manca sono i punti di riferimento: bisogna farne rinascere >>. Stai pensando ad una ricerca di “nodi” per costruire una rete? Per quale fine? Con chi?

 

  1. Non penso a una rete: la rete è effimera, non serve a costruire nulla, ma a spostare per brevi momenti un’opinione pubblica che non vuole pensare, né vuole l’impegno di uno schieramento politico. Penso invece a uno strumento che aiuti a pensare, attraverso il quale si confrontino voci culturali e politiche diverse, e non in un effimero scambio di battute. Penso ad analisi che nascano dal confronto e che mirino a svilupparsi e a fare riflettere.

 

D. Ritieni che la costruzione di una rete di nodi di riferimento, in una crisi d’epoca mondiale, debba avere come obiettivo essenziale un ri-cominciamento della nostra autonomia nazionale ed europea, a partire da una rivisitazione delle relazioni con gli Stati Uniti d’America e con la NATO ( egemonizzata dagli USA)?

 

R. Ripeto: lasciamo stare la rete. Se vuoi invece parlare di autonomia nazionale, ti dirò che la ritengo un valore, per troppo tempo trascurato. Allargare questo discorso a una dimensione europea è invece un problema. L’Europa è nata come progetto economico, e conserva questo connotato, del tutto negativo. Ha perfino fatto un monumento all’euro. Che cosa ridicola e penosa! Il discorso invece dell’autonomia nazionale, pur all’interno del quadro europeo, dev’essere continuamente riproposto, ma la politica lo sente poco.

 

D. Le ultime elezioni europee hanno evidenziato un vistoso affacciarsi di forze politiche contro l’Unione Europea. Alcune di esse hanno posto il problema di una Europa che guardi in maniera indipendente ad Est. E’ possibile pensare e costruire un continente europeo che recuperi la propria autonomia e si ponga come territorio di incontro e di incrocio tra i popoli dell’Occidente e dell’Oriente? E’ possibile una Europa che pensi ad un mondo multipolare fondato sulla maggioranza dei popoli?

 

R. Quelle forze – il Movimento 5 stelle, forse vuoi dire – alle elezioni politiche hanno avuto una grande affermazione. Si è trattato tuttavia di un fatto effimero, che si è in buona parte liquefatto alle elezioni europee dell’anno successivo. Esse sono rimaste nel campo delle emozioni, esprimendone tutta la rapida mutevolezza. Abbiamo bisogno invece di forze politiche organizzate sul territorio, con punti di riferimento politici chiari, che non lavorino sull’effimero, ma sulla durata. E abbiamo bisogno di ricostituire – a sinistra e a destra – un sentire politico organizzato e con caratteristiche di stabilità. Le ideologie, in un processo del genere, sono essenziali.

 

D. L’Italia è uno spazio strategico politico e militare importante per gli agenti strategici USA, sia per contrastare una Europa indipendente e coordinata delle nazioni, sia per realizzare le cosiddette strategie del caos ( Africa, Medio Oriente, Est europeo), finalizzate al contenimento delle potenze mondiali emergenti (Russia, Cina, India) e, quindi, a ritardare la fase multipolare per un miglior riposizionamento nello scontro tra potenze mondiali. E’ possibile per l’Italia uscire da questo ruolo di “servitù volontaria”? Se si, con quali agenti strategici delle forze politiche di cambiamento?

 

R. Ma rispetto agli Stati Uniti, l’Europa è dipendente, altro che indipendente! La coscienza europea è tutta da costruire, ma non si può darle come punti di riferimento principali il mercato e la moneta.

 

D. Storicamente in Italia, dal periodo della ricostruzione ad oggi, abbiamo avuto un blocco di potere economico e sociale subordinato (con piccole eccezioni economiche e geo-economiche) a quello statunitense soprattutto per la presenza del campo del “socialismo irrealizzato”. Dopo l’implosione dell’ex URSS è emerso in Italia un blocco di potere che supera la storica contrapposizione tra le forze politiche di destra, di centro, di sinistra, dei comunisti, imperniato sull’ex PCI e le sue metamorfosi, letteralmente eterodiretto dagli agenti strategici egemonici degli USA. E’ possibile pensare ad un nuovo principe gramsciano che riesca << a trovare una nuova strada>>?

 

R. I punti di riferimento sono stati importanti; quelli positivi e quelli negativi. Si è lavorato per distruggerli; insomma per ridurli a uno solo: l’America. E’ chiaro che questo disegno non può funzionare, e ogni tanto cerca qualche fuga. Il gioco si è trasferito in gran parte nelle aree di confine: guardiamo a Gaza, oggi, per esempio.

 

D. La scelta di questa “ servitù volontaria” dell’Italia ( e dell’Europa) è fortemente dannosa per lo sviluppo del paese: imprese strategiche affossate ( è inutile fare l’elenco), un territorio a disposizione delle scelte strategiche USA-NATO, una politica estera deleteria per i nostri interessi ( si pensi alla questione energetica e alle relazioni infauste nell’Africa settentrionale, nel Vicino Oriente e nell’Est europeo). Che fare? Quale ruolo possono svolgere i punti di riferimento da te auspicati per disvelare e combattere questo ottuso blocco politico e sociale di sub-dominanti ( in relazione ai dominanti USA) italiani?

 

R. Tu cerchi di identificare i fattori negativi nello sviluppo del nostro paese. Ma guarda che sviluppo, da qualche anno, non ce n’è più. E tutto lascia prevedere che non ce ne sarà per un pezzo lungo della nostra strada.

 

D. E’ possibile mettere in cantiere, << senza pregiudizi per le idee e lo schieramento >>, la costruzione di una rete di punti di riferimento che ricerchino un’altra strada teorica, un’altra pratica teorica e un’altra pratica politica? La città di Taranto, visto che viviamo in Puglia, potrebbe essere un laboratorio di ricerca e di pratica che racchiude in sé tutti gli elementi (interscalari della filiera locale-mondiale) della questione dell’autonomia e dell’autodeterminazione nazionale?Le priorità di ricerca potrebbero riguardare: la riduzione e soppressione di quella che era una grande impresa strategica italiana dell’acciaio, di livello mondiale; lo sviluppo del polo NATO-USA; la città (la porta della penisola tra i due continenti: l’Europa e l’Asia) proiettata nel mediterraneo, piegata alle esigenze strategiche degli USA nello scontro per l’egemonia mondiale tra potenze; Taranto, come tutti i poli siderurgici e petrolchimici italiani ed europei, è massacrata e avvitata nella fuorviante logica capitale-lavoro e capitale ambiente; tale logica vela i veri rapporti sociali e di potere che si stanno giocando nelle diverse sfere sociali, che poco hanno a che fare con la tutela della salute, la salvaguardia dell’ambiente e lo sviluppo economico e sociale, ma molto hanno a che fare con la razionalità del conflitto strategico tra agenti dominanti e sub-dominanti.

 

R. Non voglio scoraggiare la tua fiducia in Taranto come possibile laboratorio. A Taranto è stato distrutto tutto, a incominciare dalla vita dei suoi cittadini. Le ferite sono gravissime; se da queste ferite potesse partire una trasformazione radicale, profonda, verremmo tutti lì a dare una mano. Bisogna capire se, nonostante le ferite gravissime, esiste ancora la possibilità di una forte organizzazione politica e di lotta. Ve lo auguro, dobbiamo augurarcelo.

 

[1] Nico Perrone è stato collaboratore di Enrico Mattei e docente universitario. E’ saggista, storico, giornalista. E’ autore di libri e saggi apparsi in Italia e all’estero. E’ attualmente direttore della rivista “Leonora”.