Quando Lione era la prima piazza finanziaria d’Europa grazie agli italiani

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(estratto da un articolo del quotidiano francese Les Echo a firma di Tristan Gaston-Breton).

[In tempi in cui i francesi fanno shopping in Italia ricordiamo il ruolo svolto dalla finanza italiana in quel paese (e non solo), molti secoli fa. Ovviamente, non ci preoccupano gli acquisiti delle grandi firme della moda nostrane da parte dei cugini d’oltralpe quanto, piuttosto, i loro voraci appetiti nella nostra impresa strategica (vedi Finmeccanica) e l’ingerenza nei nostri affari energetici all’estero (vedi Libia), spesso perseguiti con prepotenza ed arroganza. Purtroppo, l’Italia è in decadenza, quindi se perde pezzi la responsabilità è solo sua. Rivanghiamo il passato senza nostalgia o sentimentalismi poichè siamo consci che quei “fasti” sono definitivamente tramontati. Tuttavia, è utile rammentare, come viene detto anche nell’articolo che oggi proponiamo, che una volta siamo stati all’avanguardia in molti settori, anche se politicamente eravamo deboli e divisi. Dovremmo recuperare la forza in noi stessi, liberarci da chi ci ha rovinato e ricostruire un paese sovrano e forte per affrontare la nuova epoca che sarà piena d’insidie ma anche ricca di opportunità.  Traduzione dal francese di G. Petrosillo].

 

Tra i mercanti europei presenti a Lione c’è una comunità che gioca un ruolo essenziale: gli italiani. Dopo molti secoli, dopo i primi contatti con l’oriente – Costantinopoli ma anche la lontana Asia – gli italiani beneficiavano di  un savoir-faire commerciale e finanziario senza equivalenti.

Avvezzi ai mercati stranieri – come lo sono oggi, l’Italia è, infatti, insieme alla Germania, il Paese che esporta di più nell’UE – avevano banche un po’ dappertutto, essi arrivarono a Lione agli inizi del 1460, attirati dai privilegi delle fiere, dalla prossimità con l’Italia, dall’immensità del reame francese – il più grande ed il più ricco d’Europa in quel momento – dall’importanza del commercio lionese…allontanati dai numerosi conflitti politici, che ad intervalli regolari, scuotevano le città della penisola. Lungi dal lasciare le loro querelle alle proprie spalle, questi mercanti in esilio le avevano portate con sé. Così nel 1572, vedremo un rispettabile mercante librario lucchese, un certo Alessandro Marsili, fare tagliare la testa ad uno dei suoi compatrioti e conservarla qualche giorno, nella speranza ricevere la somma promessa dalla signoria di Lucca per l’uccisione dei banditi.

Se sono industriali della seta, stampatori o librai – settori nei quali l’Italia beneficia  di un vantaggio tecnologico riconosciuto – gli italiani di Lione sono però prima di tutto banchieri o, piuttosto, mercanti banchieri. Grossisti, non avevano botteghe aperte, ma acquistavano le merci, le più promettenti, in grandi quantità che rivendevano ai dettaglianti: commissionari, acquistavano, durante i loro viaggi, merci che rivendevano ad altri mercanti ricavandone grandi benefici; banchieri, anticipavano il denaro ai fabbricanti e si facevano a volte rimborsare con merci che poi rivendevano, incassando importanti plusvalenze dagli affari. I più importanti tra loro prestavano anche denaro al re di Francia.   Le interminabili guerre italiane (1494-1559) saranno così, in gran parte, finanziate con l’oro e le cambiali dei mercanti-banchieri italiani di  Lione. Dal che si giustificava  il mantenimento dei privilegi fieristici. Capponi, Salviati, Bandini, Bonvisi, Gadagni, Banquini, Gondi, per non parlare , soprattutto, dei Medici…i grandi mercanti-banchieri provenivano, in primo luogo, da Firenze ma anche da Genova e da Lucca.  Verso il 1520 si contano a Lione una quarantina di grandi case bancarie italiane . I loro mezzi sono immensi e coprono tutti i paesi d’Europa dove dispongono di succursali. Gli affari che abbracciano lo sono altrettanto. La maison Gondi pratica, così, il deposito a vista ed il credito commerciale ma anche il trasferimento di fondi con cambiali tra Anversa, Parigi, Roma e Venezia. Ugualmente pratica il recupero crediti, per esempio di Vescovi e Cardinali. E, certamente, il finanziamento delle campagne militari, l’operazione più fruttuosa con tassi d’interesse  che potevano arrivare al 20%. Alla morte di Francesco I, nel 1547, l’ammontare dei debiti contratti dallo Stato dalle sole banche italiane raggiungerà la somma strabiliante di 6,8 milioni di lire, un ammontare quasi pari alle entrate del Tesoro (7,1 milioni di lire). Oltre  al prestito ai grandi – sono i Gadagni che pagheranno la gran parte  del riscatto di Francesco I, dopo il disastro di Pavia – e il credito commerciale su grande scala, i mercanti-banchieri italiani sono molto attivi nel settore del gioco d’azzardo e delle scommesse. E a loro che Lione deve la sua prima lotteria. Le saette del clero non poterono nulla….