SCEGLIERSI LE ARMI
Stiamo assistendo all’ennesimo inquietante capitolo di un attacco spudorato al nostro Paese. E’ il momento in cui l’insieme delle forze nemiche del nostro interesse nazionale serrano le fila, si annusano, si accordano e tracciano un terreno comune su cui delineare le linee di massima di un piano di azione che mette naturalmente la sordina a quelle urlate sfumature divergenti spacciate (come nel caso dei partiti) per somme ed identitarie differenze, non solo politiche.
Eppure questo è in primis un altro assoluto momento di verità. Di un momento, cioè, nel quale in maniera sempre più evidente si manifestano e si consolidano i fattori più significativi e caratterizzanti l’autentico quadro della realtà politica. Un quadro che non può sfuggire alla vista di quanti non sono fortunatamente in fila al museo delle falsità e delle dabbenaggini dove giganteggia l’arazzo raffigurante uno scenario superficiale ed ingannatore che è opera insieme sia dei circoli politico-intellettuali dominanti sia dei variegati gruppi del pensiero sedicente alternativo.
Non interessano richiami autocelebrativi – non ci appartengono e per di più a fronte di un’altra triste pagina italiana – ma si consenta un doveroso riconoscimento alle ragioni e all’impegno su tutti di Glg e poi del nostro gruppo-blog e di pochi altri che hanno condotto e conducono un lavoro di indagine e di pensiero fuori da angustie ideologico-faziose e da schemi concettuali preordinati (pro e contro che siano) senza profondità e di superficiale intellettualismo inconcludente. Ebbene, i fatti ci hanno dato ragione. Al netto di un naturale margine di errori e imprecisioni, l’impianto teorico ed il quadro delineato con dentro determinati personaggi, fatti e poteri hanno consentito un’elaborazione prospettica puramente politica (nel senso pregnante del termine) che scava nelle forme, nelle dinamiche, nelle manovre (anche golpiste) del potere conflittuale, con una netta impronta di realismo a sicuro riparo da riduzionismi e complottismi turbo-univarsali faciloni o extrasensoriali. Del resto, di questi ben si avvalgono – al fine di rafforzare le proprie posizioni – politici, intellettuali e giornalisti espressione del pensiero dominante e delle forze costituite.
Crediamo si debbano avere dei punti fermi nel momento in cui ci si lanci in un sforzo analitico, sforzo che incontra oggettive difficoltà in merito a ciò che accade e figurarsi per ciò che accadrà.
Siamo all’impasse sul presente e qualsiasi spunto predittivo rischia di scivolare nell’inconsistente o nel vaneggiamento, specie se non si ci sofferma, a mio avviso, su taluni fattori che possiamo dedurre dallo sguardo al passato, ma filtrati nella mutante contemporaneità.
Del resto, tutto scorre e le cristallizzazioni o anche solo schemi e categorie interpretative sono pur sempre strumenti cui l’uomo è gioco forza mosso ad utilizzare. Tuttavia, la particolarità necessaria è costituita dal non crearsi un armamentario di schematizzazioni, riserve mentali, pre-giudizi, paletti, chiusure precostituite o altro simile.
Chi ancora si barcamena tra afflati mistico-ideologici e insuperabili trincee, tra verità rivelate e indefessi criteri di lettura e svelamento della realtà, potrà certo ungersi ancora di inebriante o rilassante auto-soddisfazione intellettuale – che tutt’al più può servire a sentirsi appagati e venir buona per dir sempre di aver ragione perché le cose che accadono non sono mai quelle volute – ma rimarrà mestamente infingitore di se stesso. Per la verità, in buona compagnia dei cattivi maestri infingitori ascesi ai laici pulpiti per propinare visioni e concettualizzazioni che sarebbe ora ci si rendesse conto quanto siano faziose.
La faziosità – cosa diversa dall’avere proprie posizioni e dall’esser semmai schierati – è reazione. La reazione o non vuol convincersi della realtà o vuole storpiarne il senso.
Ma si manifesta con inquietante insistenza anche il fenomeno dell’ “andare contro” come cifra del proprio impegno intellettuale o militante. Praticamente, si giunge ad una accozzaglia multiforme di tutto ciò abbia la pretesa, fondata o meno, di rappresentare un’espressione critica negativa nei confronti dello stato di cose corrente. Si giunge, nelle forme più eccitate, a prender per buono e utile qualsiasi polemica rechi con sé un non so che di protesta o di diversità tale da far sì che ci si possa sentire sempre dalla parte della giusta battaglia.
Nelle manifestazioni più intense, ciò è certamente una costante del populismo e dell’antipolitica, ma anche in quelle più avvedute, accorte e che serbano intenti selettivi è ricorrente l’inconsapevole scivolamento verso l’inconsistenza e la contraddittorietà. Vien fuori che si sommino o si cerchi di sovrapporre posizioni che di fatto si escludono l’un l’altra. Non si tratta dell’intelligente scelta di cogliere elementi di analisi e spunti di riflessione in personaggi o comunque fonti ritenute valide, ma si tratta di una grave carenza strutturale che affligge singoli o gruppi ansiosi più di ammassare che di filtrare e rielaborare. E’ la carenza, cioè, di una base teorico-analitica fondata, la quale ponga in cima il bisogno di capire prima di schierarsi o proporre, di interrogarsi prima di declamare.
Questa situazione ha una radice sicuramente nel disfacimento del panorama politico, del pensiero critico, nell’incertezza dettata dalla complessità dei tempi e della conformazione sociale. Si parla sovente della crisi del pensiero politico sorta dalla cosiddetta fine delle ideologie, eppure il punto non è di costruirsi una rappresentazione immobile o meccanicistica, magari poggiante sui ferri vecchi di presunti grandi obiettivi ideologici di massa o sulle facili rappresentazioni che vengono dal “mondo della contestazione”.
Il punto è inquadrare, senza infruttuose contraddittorietà, le linee di fondo che innervano l’ordine della realtà. La teoria si desume dalla realtà. La lettura delle contingenze, se non poggia su di un fondato criterio di rilevazione e su di un fondato impianto analitico, finisce per assumere caratteri ora errati, ora grotteschi, ora persino illusionistici.