Sul mio relativismo

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L’uomo pensa ma non per questo è, esiste, per ora, ma non perché pensa. Il cogito ergo sum cartesiano è un abbaglio. L’uomo cogita e tanto basta. Altri animali non hanno questa facoltà, alcuni invece la posseggono ad un livello inferiore (detto impropriamente), in cambio però ne hanno altre e pure essi dunque sono, indipendentemente dalla loro capacità di pensiero. Certamente, il pensiero che nasce da un particolare organo, il cervello, che nell’uomo ha una potenza diversa rispetto ai suoi compagni di viaggio su questo pianeta, ci ha portati in cima alla catena alimentare, a dominare sul regno animale, a modellare l’ambiente in cui ci sistemiamo meglio di altre specie ma mai a sottomettere la natura, come crede qualche illuso che si è messo in testa pure di salvare il pianeta. Il pensiero che ci ha condotti alla scienza (peraltro molto recentemente rispetto alla nostra comparsa nel mondo) ci ha portati anche sulla luna e a lanciare segnali nello spazio ma l’universo è talmente sconfinato e micidiale che da lontano i nostri salti non si vedono, non si sentono e non contano. Anche avvicinandosi alla nostra “sfera” in ogni caso i nostri voli sembrano appena i rimbalzi di una pallina che si alza solo per andare a sbattere sulla superficie quasi inutilmente. In tutta la sua grandezza l’Uomo è questa piccolezza ed anche se un giorno riuscirà ad andare un po’ più lontano dalla terra avrà fatto un grande passo per l’umanità e ottenuto un’alzata di spalle dell’universo. Qualcuno ha commentato il mio ultimo pezzo accusandomi di essere troppo relativista, perché la verità esiste e con essa immagino anche tutto il resto, dall’etica alla morale, dai principi ai valori. Se tutte queste belle cose esistessero nella realtà sarebbero praticate da ogni essere vivente. Se la verità esistesse come un albero o un lago avrebbe una qualche utilità non solo per l’uomo ma anche i gatti, per esempio, che si abbevererebbero di quell’acqua veritiera o salirebbero su quel tronco veritativo per sfuggire ai cani. La verità è una nostra formulazione e come tale, non essendo visibile nemmeno al microscopio, è suscettibile di libera interpretazione, cambia insieme ai tempi e alle mentalità che parimenti mutano con le epoche e le umane convinzioni che saranno perse, recuperate, smentite, confermate e rinnegate nel passaggio delle generazioni. Stessa cosa per l’armentario di principi, valori, idee e costumi che gli uomini del presente sostengono indissolubili. Continuiamo ad alimentare le nostre rivoluzioni e restaurazioni in forme sempre nuove credendo immancabilmente di essere giunti alla versione definitiva dei nostri pensieri, essendo puntualmente smentiti da altre temporanee verità (che appunto ci sono e non ci sono).
Chi vuole approfondire legga qui sotto le riflessioni di uno sicuramente più bravo di me.

L’uomo non è altro che un animale, ma … il pensiero o la ragione, non segnano, malgrado ogni illusione soggettiva ed antropomorfica, tra lui e gli animali nessuna differenza.
Guardate la farfalla notturna che vola e rivola ostinatamente attorno al lume, finchè vi si brucia. Guardate la mosca che ronza per ore sul vetro senza che le dia alcun ammaestramento l’esperienza, che pur fa, dell’impossibilità di passarvi. Ecco, dunque, lo stato di puro automatismo, proprio degli animali. Nell’uomo, invece, tutt’altra cosa. In lui alberga la ragione, ha sede quello «spirito» intorno al quale starnazzano le oche idealistiche. All’automatismo animale subentra, in grazia di esso, la libera, cosciente, illuminata direzione della vita, che, volta ad un fine volontariamente scelto e fissato, sa anche, per realizzarlo, in luogo di obbedire ciecamente all’istinto, scegliere i mezzi in modo pienamente consapevole.
Questo ragionamento idealistico è il frutto di quella medesima assoluta incapacità d’ogni larghezza di sguardo, di quella ristrettezza mentale di chi non sa vedere più in là del proprio naso (cioè del naso dell’uomo), che è caratteristica della teodicea primitiva e delle sue banali dimostrazioni che l’uomo è «il re dell’universo».
Chi ci osservasse con la medesima esteriorità con cui noi osserviamo gli insetti, scorgerebbe nelle azioni umane, e nel fine a cui mettono capo, lo stesso cieco, cocciuto, incomprensibile assurdo, attestante l’impossibilità di vedere le consonanze appena un po’ lontane e di tenerle presenti contro e sopra l’attrattiva immediata, contro l’impulso del momento, contro ciò che nel momento sembra ragione definitiva, lo stesso che noi scorgiamo nelle farfalle ostinate a girare intorno alla splendida fiamma, finchè vi si bruciano.
Chi vedesse il nostro organismo con la stessa chiarezza con cui noi scorgiamo che il vetro su cui ronza la mosca, sebbene trasparente come l’aria, è per essa impenetrabile; e vi vedesse quindi le alterazioni che l’alcool o il tabacco vi arrecano (alterazioni che, pure anche noi conosciamo) direbbe: – Ma come avviene che costoro non scorgano una cosa così visibile, e da questa visibilità non traggano alcun ammaestramento! La Terra è popolata di insetti di diversa grandezza, ma tutti automi. Gli uni, più piccoli, si ostinano a voler passare attraverso ad un vetro o ad aggirarsi attorno a una fiamma, senza che l’esperienza insegni loro la impossibilità e il pericolo. Gli altri si ostinano a bere alcool o fumare tabacco, cioè a raggiungere un fine che li distrugge, come il volo della farfalla ha ostinatamente per fine la fiamma che la brucia.
E se l’osservatore scorgesse con la medesima trasparenza l’insieme della nostra storia, confemerebbe: – La Terra è popolata di insetti di diversa grandezza, ma tutti automi. Ecco qui la mosca. Essa si ostina a voler passare dal vetro. Sembra impossibile che l’esperienza non le dica nulla. Forse essa dimentica ad ogni istante l’esperienza dell’istante immediatamente precedente, e dice di continuo tra sè: ora riuscirò a passare, è impossibile che questa volta non mi riesca. Perciò continua. Ed ecco l’uomo. Da trenta o quaranta secoli continua anch’egli a fare lo stesso ronzio su di un vetro, conquiste, guerre, costruzioni di imperi e di civiltà, a ripetere le stesse cose senza accorgersi che le ripete, sempre ritenendo di fare la cosa nuova e non mai fatta, anzi sempre evidentemente pensando: questa è la volta che mi riesce, questa è la volta che passo, questa è la volta che costruisco la sistemazione definitiva e definitivamente felicifica. Non si accorge che queste costruzioni egli le ha già fatte mille volte come mille volte la mosca ha volato contro il vetro; non si accorge che ognuna di queste sue costruzioni cade, e che nel suo cadere, come nel suo fondarsi, non apporta che un accrescimento di dolori e di mali. Come la mosca, non sa trarre dall’esperienza verun ammaestramento. Veramente, tra quell’insetto più piccolo e quest’insetto più grande non c’è differenza di sorta. Entrambi sono ed agiscono in istato di completo automatismo.
«Bisogna veramente avere tutti i sensi chiusi, od essere totalmente cloroformizzati dal foetor Judaicus, per non riconoscere, che l’essenziale e il fondamentale negli animali e negli uomini è lo stesso». G. Rensi