DIETRO PRODI LE TRAME OSCURE

L’articolo di Ludovico Festa del Giornale di oggi merita sicuramente un commento “appassionato”. Mi sembra che il giornalista legga bene le trame che si ordiscono alle spalle di Romano Prodi, soprattutto da parte di quella finanza che fino ad oggi lo ha appoggiato ma che lo ha anche bruciato troppo in fretta. Prodi ha mostrato il fianco un po’ a tutti quanti. Come al solito il professore non tiene mai abbastanza il polso della situazione, lo stare tra i giganti lo fa sentire protetto ma poi finisce per essere scaricato non appena la matassa s’ingarbuglia (fedele è sempre il servo non il padrone). La sua sicumera non ammette ripensamenti e lo fa andare alla velocità dei treni fuori controllo, così come accadde nel lontano ’97 quando finì con il sedere per terra, abbagliato dalla sua stessa onnipotenza che lo rende cieco. Le certezze sul futuro del suo I° governo furono accompagnate dalle solite parole fuori luogo “se Bertinotti ha cambiato totalmente idea allora é un suo problema, non un mio problema". Di fatti, il problema non fu affatto di Bertinotti il quale, insieme a D’Alema, diede il ben servito al Professore. Se qualcuno pensa, ingenuamente, che Prodi possa aver fatto tesoro delle esperienze del passato si sbaglia di grosso. Errare humanum est, perseverare autem prodiano. Prodi continua ad agire, alternativamente, in maniera pilatesca o proterva. Volete un esempio della sua doppiezza di bassa lega? Eccovi serviti: prima ha risposto che la base Usa di Vicenza era un “affare” del Sindaco poi, quando lo scenario si è fatto più intricato, ha alzato la voce dicendo che avrebbe deciso lui. Cioè: gli americani avevano disposto già da un pezzo, la colpa è del solito Berlusconi che ha preso certi accordi, mentre lui, appunto, “decide” (si fa per dire) e ratifica come un cane fedele.

Comunque, Festa raccoglie dei giusti sintomi per la sua disquisizione e li scevera secondo uno scenario plausibilissimo. Si parte da D’Alema che esce dal suo solito aplomb e si lascia sfuggire frasi sull’esistenza di un complotto neocentrista contro il governo. Quando “Maximo” mette quel neo davanti alla parola centrista non lo fa per caso. I centristi di sempre hanno davvero poco di nuovo, ma se a questi residuati della prima repubblica si aggiunge l’ingrediente “Veltroni” la ricetta è bella che completa.

Naturalmente ci sono i soliti burattinai alle spalle della politica, i poteri finanziari che stanno riposizionando i loro uomini in funzione di una prematura “dipartita” di Romano Prodi. La nuova convergenza sarebbe quella tra il piccolo establishment montezemoliano, che si appoggia al gallo canterino Paolo Mieli per la diffusione dei propri “editti”, e quello debenedettiano. Entrambi vogliono liberarsi del consunto Prodi per affidare la sorti del governo a Walter Veltroni. Tradotto, tutto ciò significherebbe un po’ meno Bazoli e un po’ più di spago per tutti gli altri “padroncini” che fino ad oggi si sono dovuti accontentare della seconda fila (subendo qualche scossone, come i Tronchetti o i Benetton) o che, come Profumo di UNICREDIT (il vero concorrente di San-Intesa), si sono defilati e sono restati a guardare la “splendida avanzata” Bazoliana.

E così i centristi hanno lanciato segnali positivi in funzione della svolta; l’UDC per bocca di Cesa fa sapere che con il condottiero Veltroni, Berlusconi avrebbe poche possibilità di farcela. E se Cesa ha parlato vuol dire che Casini ha già “sentenziato”.

La preoccupazione maggiore per il potere finanziario (da Bazoli a Profumo, fino al piccolo establishment montezemoliano + De Benedetti) è quella di agire rapidamente (più rapidamente dei propri vicini) non appena la faccia di Prodi andrà in mille pezzi. La San-Intesa gode di una rendita di posizione rispetto alle altre inseguitrici (con Capitalia che, invece, diviene ogni giorno più debole ed una preda succulenta per tutti gli altri predatori finanziari) e cercherà di rispondere prontamente all’attacco, "puntellando" il suo versante politico al fine di preservare gli spazi già conquistati in questi mesi (ovviamente Prodi sarà stato già “sepolto “da qualche altra parte, mentre D’Alema potrebbe diventare il nuovo portavoce).

Con l’indebolimento di Prodi, quindi, si apriranno nuovi spazi di manovra. Quella tra Montezemolo e De Benedetti non è ancora un’alleanza vera e propria quanto piuttosto una convergenza contro un nemico comune, quel Bazoli che fin qui ha goduto delle corvè di un fedele maggiordomo. Alla finestra resta sempre Profumo che però non intende scoprirsi, almeno per il momento. Staremo a vedere.