I “SAPIENTI” INUTILI di G. La Grassa

 

Non c’è nulla di più fastidioso che assistere alle dichiarazioni “in libertà” di individui che si pretendono scienziati o almeno raffinati tecnici e infilano invece sciocchezze, di cui si rende conto un profano qualsiasi. Certe banalità sono state dette l’ultima volta dal ben noto TPS, ministro dell’economia, e plurititolato come esperto; ma si tratta di vacuità dette innumerevoli volte da altri sapientoni. L’evasione fiscale ci toglierebbe enormi risorse (da TPS valutate in 100 miliardi di euro), con le quali metteremmo a posto tutti i nostri conti e potremmo permetterci chissà quali lussi. Certa gente, soprattutto di sinistra – e bisognerà un giorno capire come mai, negli ultimi trent’anni (prima non era così!), più a sinistra vai e più cretini trovi – abbocca e si indigna contro i bottegai e gli artigiani ladri. Nessuno che sviluppi qualche piccolo, piccolo, ragionamento.

Non c’è bisogno di essere neoliberisti, basta solo avere un po’ di sale in zucca e non procedere per schemi preconcetti, per comprendere che le imposte in Italia sono effettivamente molto alte, e che se si innalzano ulteriormente, com’è avvenuto con l’ultima finanziaria, ogni problema già esistente si aggrava ancor più. Solo un beota, uno che non ha mai frequentato e parlato seriamente con qualche “partita IVA” (non sono tutti notai ecc.), ignora che, se si pagassero integralmente le imposte italiane, una grossa quota delle microiniziative (e anche piccole imprese) dovrebbe chiudere; e allora, per quanto riguarda le attività cessate, verrebbero a mancare anche le imposte sulla parte in bianco. Non sono in grado di valutare se tale riduzione sarebbe eguale, maggiore o minore, dell’attuale evasione relativa alle attività che rimarrebbero in piedi (assai vacillanti); ammesso, fra l’altro, che l’evasione sia stata misurata seriamente e non con lo spirito, e imbroglio, politico con cui è calcolato l’indice del costo della vita. Certamente, però, non si può affermare, e ripetere come un disco rotto, che l’evasione è tot o tot, ecc. Il ragionamento, e i calcoli, sono un po’ più complicati.

Non basta però. Se si danno misure all’ingrosso, è impossibile avere una idea di quanto incide, nell’evasione che si sta indicando, il mancato pagamento di imposte sui lavoretti in nero fatti da pensionati o anche da salariati fuori dell’orario di lavoro. Senza fare piagnistei su una miseria che non esiste, spero si vorrà però ammettere che, dopo l’entrata in vigore dell’euro (5 anni fa), il costo della vita, alla faccia dei dati Istat, è almeno raddoppiato. Temo sia cresciuto anche di più; comunque, perfino gli ineffabili economisti del Corriere hanno ultimamente riconosciuto che ormai si deve ammettere quello che la gente comune sostiene da anni: un euro vale 1000, non quasi 2000 vecchie lire! Salari e pensioni non sono cresciuti in base alla reale falcidia dell’aumento dei prezzi (ma neanche un terzo o un quarto). Molti quindi si arrangiano per tirare avanti, alcuni per non arretrare (troppo) di fronte al tenore di vita già conquistato dopo decenni di lotte sociali assai dure. Se un pensionato deve dichiarare il nero che fa, perde una parte della pensione e poi deve magari sottostare a tutte le noie della partita IVA ecc. oltre alle imposte da pagare (ivi comprese quelle regionali, comunali, ecc.). Idem per un salariato che faccia lavoretti extra oltre l’orario di lavoro. Anch’essi dovrebbero smettere di fare questi lavori. E si torna quindi al discorso fatto in precedenza; le imposte resterebbero sulla carta, cioè nella testa dei sapientoni che fanno calcoli a vanvera.

Con una ulteriore aggravante però. Si creerebbe intanto una questione sociale non indifferente e un malcontento dilagante per condizioni di vita sempre più difficili per moltissimi lavoratori. Ma anche economicamente non ne verrebbe nulla di buono perché, sparendo il reddito (in nero), diminuirebbero i consumi, cui molti economisti affidano le sorti di una robusta ripresa. Credo si sbaglino di grosso a pensare così; tuttavia, è evidente che una diminuzione dei consumi non fa bene. Però, si sostiene, se questi tizi pagassero le imposte, lo Stato avrebbe più da spendere. Ancora la solita superficialità. Se i lavoratori e pensionati, dediti a lavori extra, dovessero pagare il fisco, smetterebbero di lavorare (soprattutto i pensionati che dovrebbero rinunciare ad una parte della pensione); e quindi non vi sarebbero comunque entrate aggiuntive. Inoltre, ci mettiamo a fare i keynesiani nell’attuale situazione? Lo Stato spenderebbe per farci uscire da una grave crisi economica? Non diciamo stronzate. Lo Stato continuerebbe a spendere male come è ormai sotto gli occhi di tutti, salvo i magnoni di sinistra e di estrema sinistra. Esso continuerebbe a non finanziare ricerca ma tutte le iniziative che servono ai politici per le loro clientele (e corruttele) elettorali; e a dare prepensionamenti e rottamazioni alla GFeID. Le nuove entrate verrebbero impiegate per ingigantire (o non snellire) l’apparato pubblico che assorbe, di gran lunga, la maggiore quota della spesa dello Stato (non è noto che tale spesa è soprattutto quella corrente, per stipendi ecc.?). Non è noto che i carrozzoni di Stato sono ancora tutti in piedi? Dove sono i servizi essenziali? Poste e ferrovie nella merda; strade e infrastrutture varie carenti, ormai al limite del collasso, ecc. Ma perché si deve pagare questo Stato? Solo un intrallazzatore e magnone della sinistra, un imbecille lassalliano, può sostenere simile assurdità.

Quindi, la si smetta con la solfa dell’evasione fiscale. Si pensi invece a quale politica economica sarebbe necessario perseguire. Si vuole un paese di clientele, di magna magna? O un paese che dà impulso alla ricerca scientifica e tecnologica, che si dota di un apparato statale capace di far valere verso l’esterno una sua capacità di penetrazione (di merci e investimenti)? Un paese che non lascia imperversare la finanza devastante di imprese tipo nuova Intesa o nuovo Unicredit; con tutte le fondazioni bancarie alle spalle (e ovviamente la grande finanza americana in primo piano). Un paese che non favorisce più l’auto (tanto meno i frigoriferi), ma l’energia e i settori di punta dell’elettronica, telecomunicazioni e altri della nuova epoca. Si faccia meno demagogia per avere i voti dei gonzi e si pensi di più a migliorare veramente la situazione del sistema-paese. Ai “miei tempi”, a questo pensavano i comunisti, prima della completa degenerazione in piciisti e poi in diessini e rifondaroli e compagnia cantando. 

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UN IMBROGLIO DOPO L’ALTRO di G. La Grassa

 

La faccenda dell’Inpdap è sempre più avvolta nelle nebbie tipiche di ogni mafia. Alcuni colleghi mi dicono che il sindacato autonomo universitario sostiene che quelli dell’Inpdap mentono nel rispondere al loro numero verde così come è stato riportato nel nostro blog: e cioè che i dipendenti di tale istituto sono obbligati ad accettare un vero e proprio scippo a vantaggio di un fondo che darà vita ad un apparato di gestione con tanti begli impiegati, amministratori, e altri manutengoli vari. In realtà, si dice, è proprio per i dipendenti dell’istituto in oggetto che vale il silenzio-assenso, non per quelli di altri Istituti pensionistici. Solo che a questo punto sarà necessario procedere per vie legali onde capirci qualcosa. Quello che è “ammirevole” è il silenzio dei sindacati ufficiali (la Sacra Trimurti: CGIL, CISL, UIL), i quali dicono di non sapere nulla. Più probabilmente fingono di non sapere, e forse hanno i loro motivi per non sapere. Su questi motivi lascio comunque al nostro curatore del blog di sbizzarrirsi, se riuscirà ad appurare alcune notizie di cui è alla ricerca.

 

Piuttosto, sarà necessario, prima o poi, riflettere attentamente sulla funzione di questi sindacati divenuti apparati di Stato attuanti politiche eminentemente reazionarie. Ormai si sa che la metà dei sindacalizzati (nella CGIL il 52% o anche più) è composta da pensionati; il resto è per lo più dai 50 anni in su. Tra i giovani, nemmeno uno su tre è sindacalizzato. La maggioranza degli operai al nord, e comunque una larghissima quota in tutta Italia, ha votato alle politiche per la destra. Tra i pensionati è andata ancor peggio e non solo al nord. Si tratta dello studio di un organismo certo non sospetto come l’Ires-Cgil, per di più riferito alle politiche del 2006, vinte per un soffio dalla sinistra. Oggi, l’ultimo sondaggio commissionato dall’Unione, quindi non sospetto, dà il 19,5% di distacco tra destra e sinistra. E’ certo che gli operai, in specie quelli giovani e non rimbambiti da decenni di melma montante a sinistra, hanno dato un forte contribuito a tale risultato. E’ tuttavia a mio avviso errato far oscillare il pendolo da sinistra a destra, dopo l’oscillazione inversa. Questo gioco non porta da nessuna parte, o meglio conduce al disastro completo.

Dovrà infine venire il momento in cui saranno i giovani lavoratori a dare l’assalto a questi decrepiti e parassitari apparati burocratici sindacali, al fine di sostituirli con nuovi organismi mantenuti dai lavoratori stessi (com’era una volta), e con dirigenti eleggibili e revocabili in ogni momento, non invece inamovibili fino all’età pensionabile o quasi, per poi andare a dirigere altre “greppie” di Stato come premio per la loro fedeltà al ceto politico dei dominanti. Oggi, ceto politico e ceto sindacale sono due autentiche mafie. Debbono essere combattute, affinché sia possibile evitare l’oscillazione del pendolo di cui appena detto.

Invece di cianciare di comunismo e sulla Classe, si lavori per spazzare vie queste cosche sindacali di Stato, pure associazioni di maneggioni dedite ad un meschino arraffa-arraffa. Ripeto che sono i giovani a doversi muovere; le generazioni al di sopra dei 45-50 anni sono ormai perse quasi del tutto, paurose, preoccupate (giustamente, sia chiaro) di veder diminuire un tenore di vita appena discreto conquistato con tanta fatica. Sono scusabili, ma non si può stare ad aspettare convivendo con i loro timori e continuando a mantenere fior di mascalzoni nelle loro comode poltrone di politici e sindacalisti. Occorrono nuove leve di lavoratori, incazzati contro gli opportunisti e i quaquaraqua politico-sindacali odierni, che manovrano con spirito da piccolo cabotaggio solo per carpire voti e farsi eleggere onde avere finalmente assicurate tutte le comodità della vita. A casa questi personaggi di una vecchia politica corrotta; sangue fresco, gente che creda di nuovo in qualcosa.  

 

Sintomatiche le levate di scudi, bipartisan, contro Montezemolo che ha attaccato i sindacati, ma solo come ballon d’essai per tastare le reazioni, tanto che ha subito dopo ritrattato e, come al solito, “è stato frainteso”. Non solo dal centrosinistra si sono levate voci irate, ma pure da Bondi, Cicchitto, Alemanno, ecc. Rotondi (nuova Dc) gli ha dato addirittura del fascista. Intendiamoci bene, si può ben dire “da che pulpito viene la sentenza!”; da uno che è alla testa della Fiat, azienda da decenni e decenni (e già sotto il fascismo) al primo posto nei finanziamenti di Stato, nella famosa “socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti”. Sappiamo inoltre bene quali sono i disegni di potere, realmente pericolosi, di gente come lui e come gli altri della Rcs e dintorni.

Tutto questo è vero e gli si può e deve quindi rispondere a brutto muso. Non però per difendere i sindacati. Bisognava cogliere la palla al balzo per attaccare su entrambi i lati, per dire che sono due delle gang che hanno ridotto l’Italia “alla Chicago anni ‘20”. In realtà, il “palloncino-sonda” di Montezemolo è stato utilissimo per gettare luce sulla lotta per bande in Italia. Ceto politico di destra e di sinistra, più quello sindacale, tutti insieme “appassionatamente”, si sono sentiti il fiato sul collo, hanno capito che il discredito di cui godono nel paese, e che cresce sempre più, potrebbe travolgerli insieme. E allora scatta il comune riflesso di difesa: finché ci accapigliamo fra noi per chi deruba di più il popolo lavoratore italiano, va bene; ma che nessuno sveli il gioco, che nessuno voglia entrare a gamba tesa in esso. Il gioco è “cosa nostra”, non possiamo farci portare via questo autentico “tesoretto” (altro che quello di cui si straparla; si tratta di far man bassa del Pil italiano in tutti i modi affinché il ceto politico-sindacale ne abbia di che vivere lautamente per i secoli dei secoli). Questo hanno pensato i lazzaroni che ancora occupano scranni in ogni dove.

Montezemolo insegue il centrismo, cioè un nuovo “mondo politico” disegnato sui progetti della GFeID. Non lo appoggiamo certamente. Ma nemmeno ci sogniamo di avere preferenze per i manigoldi e ladri di destra e di sinistra, con i loro prolungamenti sindacali e i loro pennivendoli e scribacchini che si fingono intellettuali di grido. Un’unica massa che succhia il sangue ai lavoratori (non quelli dell’inesistente Classe, bensì di tutti quelli che lavorano); un massa cancerogena, da asportare appena possibile. Che i loro scribacchini e pennivendoli, e i ragazzotti ignoranti del “movimento”, dicano pure che siamo qualunquisti, populisti, rossobruni e altre fesserie varie. Se gente simile ci insulta, per noi è miele, sappiamo allora con sicurezza di stare marciando lungo la strada migliore.