MAHMOUD ABBAS ROVINA IL SUO POPOLO

Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas, ha chiesto al primo ministro israeliano Ehud Olmert di chiudere i rubinetti del combustibile che fa marciare la centrale elettrica di Gaza al fine d’imporre una mancanza di corrente elettrica nei relativi distretti, aumentando così le difficoltà di Hamas nel controllo di tutta la zona. Secondo il presidente dell’AP, a Gaza si sta sostenendo il terrorismo per cui sarebbe opportuno accerchiare e fiaccare, con operazioni di disturbo, i sostenitori di Hamas. L’obiettivo dell’AP resta quello di recuperare il controllo dell’area,  inesorabilmente persa in seguito ad una breve battaglia con i sostenitori di Hamas. Dopo l’arresto del Direttore Generale della compagnia elettrica, accusato di corruzione, Abbas ha pensato bene di scagliarsi contro Hamas (la quale, non dimentichiamolo, oggi rappresenta legittimamente la maggioranza dei palestinesi) facendosi aiutare dai nemici di sempre e accreditandosi quale quisling fiduciario degli israeliani e dei loro alleati statunitensi.

Israele fornisce quotidianamente alla centrale elettrica di Gaza 360.000 litri di combustibile per alimentare una stazione da 60-Megawatt che soddisfa il 30% dei bisogni elettrici della città. Questa centrale elettrica è già stata bombardata nello scorso giugno dagli aerei dell’ IOF. Il presidente dell’AP sta facendo di tutto per presentarsi al mondo come il solo interlocutore serio che può contribuire alla risoluzione del conflitto israelo-palestinese, e lo sta facendo svendendo la gloriosa resistenza opposta, in tutti questi anni, dai palestinesi contro l’invasore israeliano. Abbas è un bandito già solo per questo, poiché accettando di dividere il suo popolo per questioni di potere personale e servendo su un vassoio d’argento agli israeliani la riuscita della solita strategia del divide et impera (quella per la quale gli americani si sono rivelati maestri indiscussi nei molti teatri di guerra accesi dopo l’undici settembre, data in cui è iniziata la fantomatica guerra contro il terrorismo internazionale) finirà per portare i palestinesi ad una guerra fratricida che ne sfilaccerà definitivamente il tessuto sociale aprendo ferite difficili da rimarginare. Naturalmente, tutto l’occidente civilizzato si è schierato con Abbas e con Israele, nonostante Hamas abbia ottenuto una schiacciante vittoria elettorale che ne ha legittimato l’esercizio del potere esecutivo. Ma la democrazia è solo l’involucro migliore per garantire ai dominanti l’esercizio del proprio potere dispotico e quando questo involucro si rivela non adatto all’uso può ben essere rimesso in discussione. Persino il solito doppiogiochista D’Alema aveva abbozzato un’apertura verso Hamas che è subito rientrata non appena la comunità internazionale e la lobby israeliana hanno accusato il ministro degli esteri di appoggiare dei criminali. Il bombardatore del Kossovo, nonché teorizzatore della difesa integrata, è subito ritornato nei ranghi, reinterpretando le sue stesse parole e spiegando a noi comuni mortali che in realtà lui intendeva dire ben altro. Olmert sta approfittando della situazione per nuove aperture nei confronti di Abbas e per recuperare consensi interni dopo il fallimento dell’aggressione al Libano. Al presidente dell’AP, il primo ministro israeliano avrebbe promesso la creazione di uno stato palestinese (i cui principi di nascita saranno sostanzialmente stabiliti da Israele stesso) sul 90% della Cisgiordania e della striscia di Gaza.  Ma più che sui territori è appunto sui principi del futuro ordinamento statale che si stanno concentrando gli sforzi israeliani. Quest’ultimi vogliono imporre all’AP la forma-stato più adatta a consolidare i futuri rapporti con Tel Aviv. Dalla natura istituzionale, alla struttura economica fino agli accordi doganali, tutto dovrà passare al vaglio del governo israeliano. Certo, i piani israeliani non saranno facili da realizzarsi perché i paesi arabi viciniori non intendono favorire accordi in tal senso. L’Arabia Saudita, che ha spesso sfruttato la questione palestinese per proprio tornaconto, ha già fatto un passo indietro mentre gli americani stanno esplicitamente chiedendo ad Israele di proseguire il dialogo con il solo Abbas e senza coinvolgere altri paesi che potrebbero avere ogni interesse a far precipitare il momento favorevole