UN “MONDO IMMAGINARIO” di G. La Grassa

 

Siano due “complessi di uomini” (A e B), fra loro avversari, dislocati su due terreni pianeggianti tra i quali si interpone un’altura. Immaginiamo che il complesso A sia il blocco sociale egemonizzato dai dominanti, gerarchicamente strutturato con un vertice (lo “Stato Maggiore”), ai cui diretti ordini sono posti dati gruppi (i politici) che controllano i movimenti degli strati inferiori (le “truppe”), mentre altri gruppi (gli ideologi) li aizzano contro il nemico con menzogne varie. Il complesso B è il blocco dei dominati, quasi per nulla strutturato e privo di un vero comando da parte di un gruppo egemone. Dalla massa informe “emergono” alcuni individui privi di personalità indipendente ed energica, che si spingono periodicamente nel campo avverso per spiarne le forme di organizzazione e l’ideologia mistificatrice, e che tornano tentando di applicarle (malamente) nel loro “campo”.

Il conflitto tra A e B è sempre latente, talvolta scoppia con maggior virulenza. Da A partono, per ordine del vertice, manipoli di “sottoposti” (“soldati” e gradi di comando inferiori) che aggirano l’altura e ingaggiano lo scontro con quelli di B, costringendoli a suddividersi a loro volta in drappelli che, inseguendo gli assalitori, si disperdono senza ordine sul loro territorio. I loro movimenti sono quindi subordinati a quelli degli assalitori, i quali seguono gli orientamenti strategici stabiliti dallo “Stato Maggiore” e tradotti in comandi dai gradi gerarchici superiori di A., orientamenti che mandano allo sbaraglio sempre nuovi manipoli di “sottoposti”, e tuttavia aumentano il numero di questi inviati contemporaneamente nel corso della stessa ondata, onde costringere quelli di B a dividersi anch’essi in drappelli sempre più piccoli.

Quando la suddivisione del blocco B ha raggiunto il suo massimo – e i suoi vari drappelli, sempre più minuscoli e quasi individuali, si muovono a casaccio nel territorio e non hanno altro scopo se non quello di inseguire i manipoli di A – lo “Stato Maggiore”, con i suoi gruppi di organizzatori (politici) e orientatori (ideologi), si muove e va ad occupare, non osservato e quindi non contrastato, l’altura da cui domina l’intero territorio: quello del suo campo come quello del campo avverso. A questo punto, la strategia di A viene meglio studiata, seguita nei suoi effetti e resa perciò più efficace. Si continua comunque a mandare allo sbaraglio i vari manipoli, sempre più numerosi nel corso di ogni successiva ondata. Avendo però adesso, dall’alto, una migliore visione dell’insieme dei movimenti, si mira ad ottenere, se possibile, risultati più tangibili e permanenti; il numero di manipoli spediti da A – dopo la loro crescita solo apparentemente incontrollata, tesa a suddividere il nemico e a disperderlo sul suo territorio – dovrebbe diminuire per effetto dell’invio “al macello” di quelli minori (“partite IVA”). La tendenza è alla formazione (“finte liberalizzazioni”) di alcuni presidi di una certa grandezza (centri di distribuzione all’ingrosso e supermarket), che il complesso di B attornia invece con drappelli sempre più sminuzzati (“consumatori atomizzati”), in movimento disordinato, mentre quelli fra loro che “emergono” (politici e sindacalisti “di sinistra”) vengono attratti e coinvolti nelle avvolgenti manovre del nemico.

La situazione sembra a questo punto del tutto sotto il controllo del vertice di A. Si riscontrano tuttavia alcuni elementi di debolezza, che potrebbero anche essere sfruttati da un avversario più accorto. Intanto l’altura non ha un unico cocuzzolo; ve n’è un certo numero di diversa altezza. Evidentemente, i vari gruppi di vertice (i “generali dello Stato Maggiore”) cercano di prendersi le posizioni migliori; esiste quindi fra loro una conflittualità quanto meno latente ma non per questo meno forte e carica di acredine. Il fianco dell’altura che guarda verso il territorio di B non è particolarmente scosceso; anzi è un declivio relativamente dolce, oltre che boscoso e per nulla affatto roccioso. I manipoli di A mandati allo sbaraglio non sono stati sterminati; i loro componenti sono soltanto dispersi nel territorio di B, sono quindi in contatto con i componenti del blocco dei dominati. Essi però provengono dal territorio di A, hanno quindi una qualche conoscenza, non certo dello “Stato Maggiore”, ma comunque degli “ufficiali e sottufficiali” (alcuni dei quali sono anzi con loro); e sono pieni di rancore per il trattamento subito.

Quelli appena elencati sono tutti elementi potenzialmente favorevoli a B. Tuttavia, questo blocco ha permesso al vertice di A di conquistare l’altura, senza nemmeno accorgersi delle manovre diversive attuate dall’avversario – molto meglio organizzato e con più mezzi – prima ancora dell’ascesa. E’ evidente che il blocco B manca di “emergenti” abili, capaci di agire adeguatamente; per di più questi suoi “emergenti” si staccano via via dal grosso (ammasso informe malgrado certe parvenze tipo “sindacalizzazione”), andando a spiare l’avversario nel suo territorio: non però per contrastarlo, solo per ammirarlo ed essere conquistati alla sua causa, imitando non la sua organizzazione e la sua strategia ma solo il comportamento dei suoi capi e le loro modalità di vita, così superiori e “raffinate” rispetto a quelle della “truppa” e del “basso comando”.   

E’ a questi fattori di debolezza che B deve porre rimedio. Lo si può con prediche buoniste che vorrebbero dimostrare la (solo presunta scioccamente) maggiore umanità dei componenti di B? Si deve sperare in una loro ribellione “istintiva”, “naturale”, contro le soperchierie dello “Stato Maggiore” di A? Si deve puntare sulla loro contrapposizione diretta ad A, per di più trattando con sospetto e livore i componenti di quest’ultimo blocco ormai sparsi sul proprio territorio, rendendo così nemici dei potenziali alleati? Si debbono fare prediche su possibili attacchi frontali (in salita) contro lo “Stato Maggiore” posto sull’altura? O ancor peggio, seguendo i propri “emergenti” conquistati alle modalità di vita degli strati superiori del nemico, si deve aggirare l’altura dove ormai è situato il “cervello strategico” di quest’ultimo (pur se il vertice è sordamente diviso al suo interno), per scontrarsi violentemente e senz’ordine alcuno con la truppa di A, che è appunto organizzata e orientata dal “comando supremo” collocato in posizione sopraelevata e di ampia visuale?

Domande retoriche, cui una mente sensata non può che dare risposta negativa. Occorre una nuova strutturazione del blocco B con le giuste dosi di gerarchia, con l’esclusione dei suoi “emergenti” ormai affascinati dalle modalità di vita dei “reparti alti” di A. E’ indispensabile inviare osservatori sull’altura, non sensibili alle lusinghe dello “Stato Maggiore” e capaci invece di “soffiare sul fuoco”, allo scopo di acuire i contrasti fra i suoi “comandanti” per il posizionamento sui migliori cocuzzoli. Il loro conflitto, esplodendo più chiaramente, metterebbe in sofferenza e disorienterebbe la “truppa” (con anche alcuni gradi minori di comando) situata nel territorio di A; dal disorientamento nascerebbe la delusione ed il senso critico nei confronti delle menzogne con cui il vertice egemonizza il blocco dislocato in tale territorio. Se poi vi si aggiungesse una migliore capacità di assimilazione dei componenti i manipoli di A – inviati allo sbaraglio dal loro vertice nel territorio B, sulla cui superficie essi si sono ormai sparpagliati – verrebbero incrementate le possibilità di “accerchiamento” del vertice sull’altura.

Per tutto questo, debbono però verificarsi eventi nuovi, che ristrutturano completamente il blocco B ed eliminano i suoi “emergenti” ormai caduti nelle reti dell’avversario. E qualche altra cosa ancora, su cui non mi soffermo ora per non allungare oltre il discorso. Tanto si tratta di un “discorso immaginario” che ho raccontato qui a mo’ di simpatica favola. Resterà sempre tale?