ECCO LA CONFERMA (di G. La Grassa)

In merito a quanto scrivevo ieri, leggo proprio oggi sul Giornale che non bisogna “regalare un tema come quello ecologico, che è tutto conservatore, alla sinistra consueta. Fu infatti il reazionario Malthus a biasimare la crescita della popolazione, sproporzionata alla crescita del cibo; e potremmo ora dire al rinnovarsi dell’aria […….] è il dispotismo comunista che sta rovinando l’equilibrio millenario tra la Cina sovrappopolata e il suo ambiente. E la protezione di una comunità e della sua terra, contro i calcoli di quelle macchine stupide che sono gli Stati e le multinazionali, non sarebbe un agire ovvio per dei conservatori veri? E David Cameron, leader dei conservatori inglesi, non esibisce forse passioni ecologiste?”

Sia chiaro, perché è fin troppo nota l’abitudine dei “sinistri” di falsare le opinioni altrui per combatterle, che nessuno vuol sostenere, per contrapporsi ai reazionari, la messa a sacco della Terra, il disinteresse per le molte forzature “umane” che stanno provocando disastri. Bisogna però porsi ulteriori domande. Dobbiamo tornare agli equilibri di cui parlava Malthus? Dobbiamo cioè almeno dimezzare la popolazione mondiale per ripristinarli? Come vedete, perfino un giornale come Il Giornale parla di stupidità delle multinazionali, aggiungendovi quella dello Stato. Ed in entrambi i casi non ha torto. Forse che in Cina, dove l’economia (capitalistica) è ancora fortemente indirizzata dal centro statale, non si stanno veramente provocando inquinamenti pazzeschi e mutamento del clima di alcune regioni? Certo che si!

Però sparare sulle multinazionali e sullo Stato è il miglior modo per far credere che il capitalismo possa rigenerarsi, tornando ad una “sana libera” concorrenza tra imprese fra loro più equilibrate quanto a potere di mercato. E’ la forma moderna del sismondismo, di quel “romanticismo economico” su cui Marx fu ultrasarcastico, e che fu violentemente attaccato da Lenin perché avrebbe consegnato le forze rivoluzionarie russe, se fossero rimaste egemonizzate dai narodniki, dagli “amici del popolo”, alla complicità e copertura dello sviluppo capitalistico – che produce inevitabilmente la centralizzazione dei capitali, tramite fallimento dei più nella “libera” concorrenza – conducendo mere battaglie “di retroguardia”, puramente ideologiche, ipocrite.

Attaccare i verdi non significa tornare all’idea del prometeismo umano, alla visione positivistica di una scienza che tutto risolve. Si tratta solo di non far prevalere i “falsoni” che, fra l’altro, sull’ambiente hanno fatto fiorire grandi affari e nuove multinazionali. Soros fa l’ecologista, oggi inizia anche Bill Gates (che vuol dedicarsi pure ad opere di filantropia). Ecco l’inganno contro cui si deve tuonare non meno di quanto fecero Marx e Lenin. L’ambientalismo deve restare rigorosamente subordinato e funzionale solo alla lotta per la trasformazione rivoluzionaria dei rapporti sociali capitalistici. Ma tale trasformazione – ecco gli ulteriori ipocriti e finti rivoluzionari, in realtà iperreazionari, favorevoli al mantenimento dello statu quo, che garantisce loro fama e soldi – non dipende da un unico, massiccio attacco, della classe operaia contro il capitale, nemmeno se trasmutato negrianamente in quello delle moltitudini contro un potere talmente diffuso che nemmeno si sa dove sia.

La lotta anticapitalistica si salda oggi con quella contro il preponderante egemonismo USA, e dunque non può sostanziarsi solo di analisi “di classe”, ma anche di quelle relative ai rapporti di forza geopolitici; attenta considerazione, dunque, delle nuove potenze che avanzano e che probabilmente, nel giro di 2-3 decenni, mineranno l’egemonismo in questione, favorendo, nello scontro interimperialistico, i possibili (ma nuovi) progetti di trasformazione rivoluzionaria. La futura “lotta di classe” – molto più articolata di quella “primitiva” di un tempo, tra “operai e capitale” – dovrà perciò saldarsi con i conflitti a livello mondiale, dove andranno sfruttate le contraddizioni interdominanti.

La rivoluzione, di cui abbiamo già avuto illuminanti esempi nel novecento, sarà sempre sia dentro che contro il capitale; credere di poter essere rivoluzionari – tracciando una netta e ben delimitata (e chiara e inequivocabile) linea di demarcazione tra noi e chi sarà, esso pure, rivoluzionario, ma con fini di ristrutturazione della società in termini di creazione di nuove élites, di nuove divisioni tra dominanti e dominati – è una pia illusione, infantile e pericolosissima. Lottare per la trasformazione anticapitalistica, tutta da ripensare fra l’altro, esigerà allora la combinazione di una strategia (retta da certi principi dedotti in base a nuove teorie che conducano ad una diversa, e più complessa, analisi dei rapporti sociali) con una tattica che tenga conto del conflitto intercapitalistico. In nessun caso, si può combattere “a mani nude”, senza la potenza unita (simbioticamente) alle idee nuove circa le strutture capitalistiche: e analizzando queste ultime sia nella loro “esistenza” (teorica) a livello di formazione capitalistica in generale, sia nella loro configurazione a livello mondiale, in cui sussistono diverse “parti” (paesi) tra loro in conflitto, pur nella gerarchizzazione e nello sviluppo ineguale delle stesse, che conduce all’alternarsi di epoche mono e policentriche.

Avanti dunque con questa analisi (e una nuova prassi), senza seguire le “sirene” ambientaliste e i “rivoluzionari moltitudinari” (tutti ben “trattati” in questo sistema!). Sono autentici reazionari, “mestatori nel torbido” per i loro meschini interessi e gli appannaggi che queste vecchie, e marce, classi dominanti destinano loro. Molto peggiori dei “rivoluzionari dentro il capitale”, che almeno vogliono annientare le attuali classi dominanti ipocrite e foriere del più completo dissesto sociale (che non condurrà certo al risanamento ambientale!).

 

9 dicembre