SULLA PROPRIETA’ di G. La Grassa

Se uno vuol esprimere le proprie opinioni in merito alla proprietà è ovviamente libero di farlo, anche se non concordo in nulla su quanto detto da Dorato. Non esprimo però in questa sede le mie opinioni in merito, che sono ricavabili da una serie lunghissima di lavori fatti e in via di costruzione. Non intendo però lasciar passare la cattiva citazione di Marx. Personalmente, sarei dell’opinione di modificare parte di quello che il grande pensatore ci ha lasciato in eredità. Ma prima di modificarlo, bisogna rispettare ciò che ha detto.

Marx distingue nettamente tra mezzi (o beni) di consumo e di produzione. Per i primi è del tutto consentita, anzi non contrastata proprio per nulla, la proprietà privata; che si spera a nessuno venga in testa di intendere in senso puramente formalistico (giuridico), bensì come reale potere di controllo e d’uso. Ci mancherebbe solo che l’autovettura, la casa di abitazione, gli elettrodomestici e magari l’orologio, le collanine, i vestiti o che so io fossero di proprietà collettiva (o “comunitaria”!). E qui apro un’altra parentesi. La sedicente proprietà “pubblica” (cioè statale) non gode di alcun favore presso Marx, il quale era violentemente antistatalista. Chi era per il “socialismo di Stato” era il bismarckiano Lassalle, uno dei peggiori figuri del “socialismo” tedesco, sputtanato e attaccato senza remissione dal “Nostro” nella Critica al programma di Gotha. 

Chiarito che la proprietà collettiva implica il controllo reale da parte di una società di produttori cooperanti, con progressiva sparizione della divisione in classi (sfruttate e sfruttatrici), dunque dello Stato che non è altro, in termini marxisti (e di Marx e Lenin), se non uno strumento al servizio dei dominanti (gli sfruttatori), chiarito questo punto decisivo, riprendo a dire che tale proprietà/controllo reale è combattuta da Marx solo quando serve allo sfruttamento, cioè all’estorsione del pluslavoro degli sfruttati da parte dei dominanti. Di conseguenza, la terra e i mezzi di produzione – che nel capitalismo, società in cui si generalizza lo scambio di merci e dunque la forma denaro, diventa possesso di capitali monetari con cui questi ultimi vengono acquistati – sono mezzi di estorsione del pluslavoro, che nella nostra società si esprime appunto in valore (è quindi plusvalore). Terra e mezzi di produzione, perciò, debbono essere sottratti alla “proprietà” (controllo reale) privata, cioè di singoli individui (anche associati quali gruppi proprietari di impresa).

Ma mai e poi mai va sottratta la proprietà – cioè il controllo e l’uso – dei mezzi di semplice consumo, anche durevole com’è quello di automobili, elettrodomestici, TV (gli apparecchi, non i canali e stazioni televisive), ecc. Tipico l’esempio che si faceva nelle “scuole di partito” dove un tempo si insegnava almeno l’abc del marxismo. Se uno compra un’auto per uso privato, nessuno gli rompe le scatole con la proprietà statale, meno che meno “comunitaria”. Se comincia ad usarla per trasporto passeggeri non gratuito, gli si tiene gli occhi addosso. Se si mette a comprare alcuni taxi, a farli guidare da autisti pagati a salario, estraendone dunque profitto (che è il pluslavoro/plusvalore degli autisti salariati), allora gli si salta addosso: compatibilmente con tutti i compromessi delle politiche di transizione, perché nessun marxista, con un po’ di sale in zucca, ha mai immaginato il socialismo e comunismo sgorgante bell’e fatto dal momento di una (vera o presunta) “presa del potere” da parte della Classe degli sfruttati.

Ripeto che a me sembra un po’ vecchiotta un’impostazione del genere, ma comunque si dia intanto a Marx ciò che è di Marx; e dei marxisti in genere, perché in 54 anni che sono stato nell’ambito dei movimenti comunisti (marxisti), non ho mai sentito attribuire a Marx sciocchezze delle quali egli non è responsabile. Già anni fa dovetti ululare contro gli ambientalisti – arruffoni teorici della più bella specie – che facevano dire cazzate a Marx (che non teneva conto della Natura nella produzione di ricchezza, quando questi ripeté non so quante volte la formula di Smith: “La terra è la madre e il lavoro il padre della ricchezza prodotta”); adesso non lo permetto a chi avesse smanie di rendere “comunitaria” ogni forma di proprietà di valori d’uso. Se la desidera lui, se ne prenda interamente la responsabilità e non coinvolga Marx. Simili “pensatori” e politici, comunque, ci faranno inseguire con forconi da tutta la “gente” imbufalita; in questo caso, sto con questa gente e prendo anch’io il forcone. Alla larga dalla “comunione” dei beni!!!!! Sono pronto alle barricate contro chiunque la voglia.