NESSUNA SORPRESA di G. La Grassa

 

Non credo siano da spendere molte parole circa il nuovo “scandaletto” riguardante quella che oggi viene denominata “la casta” (politica e sindacale). Ho inviato ieri al blog una significativa (e molto bella) poesia del Belli che di queste faccende se ne intendeva data l’epoca e il luogo in cui visse (ma basta vivere o essere vissuto in un qualsiasi luogo e in una qualsiasi epoca). Nessuna sorpresa, direi; che si avesse a che fare con “arraffa-arraffa” di speciale miserabilità, senza particolare distinzione di parte politica (comunque con una certa prevalenza dei sinistri), ormai chi lo poteva capire l’ha capito; gli altri vivano pure beati. Rammento ancora una volta agli smemorati ciò che disse alcuni mesi fa Rossi (allora presidente della Telecom) circa il fatto che l’Italia assomiglia alla Chicago degli anni ’20. Tale affermazione riguardava comunque cosche e bande di un livello un po’ superiore. Per quanto riguarda “la casta”, sarebbe farle veramente troppo onore paragonarla alle gang americane dell’epoca del proibizionismo. Si tratta di personaggi talmente squallidi, per mancanza di intelligenza, di moralità, di pudore e senso del limite, che l’unica considerazione, malinconica, da fare a loro riguardo è che c’è veramente da vergognarsi ad essere vessati e presi in giro da simili ottusi bestioni. Evidentemente, siamo tutti caduti tanto, tanto in basso.

Parliamo di politici e sindacalisti, ma questi odierni non svolgono attività politica né sindacale in senso proprio; avendo le mani nella marmellata (ed è il voto e l’appoggio degli italiani che li ha posti in tale situazione privilegiata), si limitano ad affondarci le loro dita e a leccarsele, impiastricciandosi completamente la bocca e il viso (ma i votanti sembrano non accorgersene, forse portano lenti troppo spesse). Questi sporcaccioni fanno scadere la lotta politica a scambio di battute sceme simili a quelle delle scadentissime coppie di comici oggi presenti sugli schermi televisivi. Purtroppo, anche piccoli gruppi di critici, che sembrano in possesso di buone facoltà mentali, restano avvinti da questo indegno spettacolo e continuano a fissare l’attenzione, certo con spirito di condanna e ripulsa, sulle mosse di questi meschini personaggi, analizzandole in tutti i particolari e giravolte continue. Si rimane così prigionieri di un cerchio entro cui si agita scompostamente una pseudopolitica di infimo ordine, mentre dovremmo invece creare gruppi d’indagine approfondita, dotati di un minimo di massa critica, al fine di rifornirci delle informazioni veramente fondamentali.

 

Bisognerebbe infatti spostarsi dietro le quinte dove agiscono le vere gang tipo Chicago, quelle serie. Se lo sguardo, al contrario, si focalizza sulla scena, dove agiscono gli scherani di basso conio pagati da tali gang per i lavoretti più vili, capiamo ben poco della situazione odierna. Mi rendo conto che è più facile sollevare ondate di indignazione smascherando le miserabili malversazioni della “casta”; certamente, sapere che alcuni sono in grado di acquistarsi una casa a metà o un terzo o ancor meno del prezzo che pagano i “normali”, scatena odî e veleni in un buon numero di persone. Tuttavia, che dire di chi manovra dietro le quinte, ad es. il “Trio Infernale”: Montezemolo, Bazoli, Profumo? In realtà, perfino citare questi nomi può indurre in errore; se anche si facessero da parte, sparissero nel nulla, resterebbero le grosse concentrazioni di potere che essi forse nemmeno dirigono in senso proprio, essendone soprattutto i portavoce, i portabandiera. Sono tali concentrazioni, con i mille fili che le legano a quelle di altri paesi in una piramide (strutturata in modo non troppo rigido né immodificabile) di potere “malandrino”, che fanno e disfano le “cose del mondo”, opprimendo e provocando danni a tutte le “facce de cazzi de nnoantri”, cioè a quelli del secondo “ggenere umano” di cui parlava Belli nella poesia messa l’altro ieri nel blog.

Sono questi “furboni dei quartieri alti” (altro che i “furbetti del quartierino”!) a “menarci in tondo” con operazioni finanziarie spericolate (consigliate però ai vari “polli da spennare”), con assegnazione di rating positivo a chi è sul punto di fallire coinvolgendo così una bella massa di “piccoli risparmiatori”, con l’ottenimento di finanziamenti statali grazie ai loro servitori infilati nei gangli di potere degli apparati pubblici, ecc. Pensiamo alla lotta tra bande nel 2005, quando alla fine fu fatto fuori Fazio, sostituito con un “ex” (ex soltanto di forma) della Goldman Sachs (banca con cui ebbe a lungo legami ufficiali l’attuale Premier); o ai fatti svoltisi, e ancora in svolgimento, attorno alla Telecom (quei fatti che provocarono l’acida affermazione di Rossi sopra ricordata); oppure alla pantomima, su cui non è ancora calato il sipario, della “fusione” Autostrade (Benetton) e spagnola Abertis. Adesso siamo in piena farsa (tragica) con l’Alitalia. Si è indetta una finta gara per poterla vendere; falliti gli obiettivi di questa sporca manovra, i nostri servili governanti cercano adesso di piazzarla mediante trattative “private”, ma sempre con lo stesso fine: cercare di darla a Airone, che non ha i soldi, ma dietro cui vi è l’Intesa (di Bazoli, considerato un po’ da tutti, malgrado le sue smentite, un “amico”-padrone di Prodi). Naturalmente, questa insistenza perversa sta conducendo sempre più a fondo la compagnia aerea, perché è chiaro che gli aspiranti “padroni” non hanno alcun vero piano di rilancio e il Governo sta tentando tutte le strade per ridurre i costi, onde rendere l’operazione profittevole per gli “amici”-padroni, ma con uno sconquasso dell’azienda tale da dimostrare, salvo a chi non vuol vedere né sapere, il livello ignobile cui sono giunte le cosiddette classi dirigenti italiane (i suddetti “furboni dei quartieri alti”).

Ricordiamo ancora una soltanto delle innumerevoli malefatte di questi abominevoli gruppi dominanti, visto che ultimamente, dopo aver pienamente appoggiato il centrosinistra alle elezioni, dopo aver flirtato con il Governo e firmato per conto della Confindustria l’accordo in merito alle scelte del Dpef, l’ineffabile presidente di tale associazione sta tuonando contro la pressione fiscale per non perdere i contatti con le PMI (e non solo) proprio quando si è ormai aperta la campagna elettorale per il nuovo presidente confindustriale, e quello attuale briga per far nominare un suo sodale. La Fiat del “miracolo” (da parte del Mago Marchionne, detto “marpionne”) ha ottenuto la cosiddetta “mobilità lunga”, cioè il prepensionamento di 2000 lavoratori con sette anni di anticipo (di cui almeno tre a spese dello Stato). Cito le parole (lette nei giornali) di Galassi, presidente di Confapi: “i metodi per favorire i grandi sono numerosi e spesso camuffati; il miliardo di euro dato a Fiat [avete capito bene? Duemila miliardi di vecchie lire, una percentuale non indifferente del famoso “tesoretto”; regalati però in un momento in cui TPS annunciava invece il disastro dei conti pubblici, con ciò cercando di giustificare la batosta fiscale contenuta nella finanziaria!; ndr] per la fuoriuscita di lavoratori è passato in sordina, eppure è servito a fare in modo che i pezzi fusi [credo ci sia un errore di stampa; ndr] arrivassero alla società del Lingotto direttamente dalla Cina”.

E non finiscono qui i favori ottenuti dall’impresa che si vanta di essere uscita dalla crisi – maturata in decenni di politica industriale fallimentare: la rottura tra Romiti, il “finanziere” vincente, e Ghidella, l’“industriale” perdente, risale a un quarto di secolo fa, più o meno – in soli due anni (forse meno). Vi è stata, subito dopo i prepensionamenti, la concessione della rottamazione per le auto (oltre che per certi elettrodomestici) che non favorisce la sola Fiat, ma principalmente essa. Infine, notizia di questi giorni, a tale azienda, per rimettere in moto il polo di Termini Imerese, sono stati assegnati altri 250 milioni (a fondo perduto; si sa che cosa significa?) dallo Stato (cioè dal Governo di centrosinistra) più altri 75 milioni dalla Regione Sicilia (centrodestra). Questo è certo il “bipolarismo” che piace alla Fiat: “tutti insieme appassionatamente” a dare un aiutino al “miracolo” di Marchionne, nel mentre “Monty” copre il culo ai “suoi” (dalla capitale di tutti i “paria”, Cortina d’Ampezzo) strillando contro la pressione fiscale di cui sanguinano coloro che gli hanno versato (certo contro voglia) – attraverso una “partita di giro” (prelievo fiscale e finanziamento statale dei “miracoli” di certi grandi imprenditori) gestita da Prodi & C. – tutto il “ben di Dio” sopra sunteggiato.    

 

Mi sembra “quasi naturale” che, per tutti i servigi forniti alle gang (simil-“chicaghesi”) finanziarie e industriali, la “casta” si prenda tangenti e “sconti-casa” più mille altri privilegi. Il grave non è tanto questa corruzione quanto la totale inettitudine e ottusità dei politici e sindacalisti nostrani (essere derubati da deficienti è del tutto seccante) e l’enorme quantità di reddito prodotto che fluisce ad alimentare grandi imprese finanziarie, dedite ad operazioni truffaldine, e quelle industriali che non fanno profitto da se stesse né contribuiscono allo sviluppo del sistema-paese (anzi l’affossano sempre più). Questo è il vero scandalo. Tuttavia, la storia ci insegna che difficilmente, perfino quando arriva la “resa dei conti”, i veri gruppi dominanti pagano lo scotto delle loro malefatte. Le rivoluzioni inglese e francese tagliarono la testa al Re, quella russa sterminò la famiglia zarista. Certo si trattava dei vertici assoluti del potere politico; ma dietro ad esso non vi erano determinate classi dominanti? Si, molte teste furono tagliate anche ai membri di queste ultime, ma nel complesso possiamo dire che a pagare di più sono sempre i “rami” (talvolta anche grossi) del potere politico piuttosto che i “tronchi” delle classi dominanti. Tale distinzione tra “tronchi” e “rami” è particolarmente netta nelle società capitalistiche; la cosiddetta anomalia berlusconiana desta tanto scandalo proprio perché non rispetta questa ben distinta separazione tra economia e politica, fonte principale dell’ipocrisia borghese.

Laddove questa separazione esiste – ed esiste anche da noi malgrado l’enfasi (tutta strumentale) posta sull’appena nominata anomalia – è inutile illudersi di poter tagliare direttamente i “tronchi”; qualcuno forse, nei momenti cruciali, lo si abbatte, ma generalmente si sconfiggono i reali gruppi dominanti spianando le loro trincee nella sfera politica, radendo al suolo i loro fortini piazzati in quest’ultima. Si pensi all’ultimo periodo della seconda guerra mondiale, di drammatica violenza, in cui si verificò la caduta del fascismo. Furono alla fine giustiziati i capi politici di tale regime, ma i grandi industriali e finanzieri, principali profittatori di quel regime ventennale, se la cavarono con poco e molti di loro, anzi, furono all’origine del cambio di casacca operato “in corso d’opera” dal potere politico monarchico; e comunque, dopo la guerra, tutti i “grandi” dell’economia ricominciarono a comandare in Italia alle dipendenze degli USA, favorendo l’installarsi di un altro bel regime politico a loro disposizione.

In definitiva, dobbiamo partire da chi agisce dietro le quinte, ma consci che l’obiettivo effettivo, quello realisticamente conseguibile, di una possibile sconfitta delle “cavallette devastatrici” è l’annientamento dei loro rappresentanti nella sfera politica. E allora ci si deve porre la domanda cruciale: oggi, chi sono in Italia tali “soggetti”? Le “cavallette” sono il suddetto “Trio Infernale” e quella che chiamo sempre GFeID (grande finanza e industria decotta); cavallette per null’affatto nazionalmente indipendenti, bensì invece prone ai voleri dei gruppi dominanti statunitensi. Ma chi sono i loro rappresentanti politici? Con tutti i mezzi di cui dispone – fra l’altro mungendo a piene mani dal bilancio dello Stato e approfittando del tradimento dei piciisti messisi supinamente al suo più sciatto servizio (con i vari “trinariciuti” ancora al seguito di questi rinnegati) – la GFeID ha orchestrato, fin da subito dopo “mani pulite” e la discesa (obbligata) in campo dell’“anomalo” Berlusconi, una grossolana campagna di demonizzazione di quest’ultimo (un “pericolo fascista” che dura ormai da 14 anni) e fornito il proprio appoggio al centrosinistra; ricordiamo la “bella” affermazione di Agnelli secondo cui i suoi interessi di destra potevano essere meglio difesi dalla sinistra.

In effetti, i rappresentanti politici dei veri dominanti (Berlusca è un semplice outsider, mai accettato nella GFeID) sono i sinistri, che hanno messo in campo le batterie politiche e ideologiche – cioè l’ignobile ceto intellettuale della gauche caviar e i politici “professionisti” del vecchio PCI con l’aggiunta di minoritari settori democristiani e socialisti, miracolati da “mani pulite” perché vendutisi – onde convincere i loro vecchi seguaci di essere “progressisti”, “antifascisti” e tutti gli “isti” più belli e gloriosi, mentre sono gli autentici devastatori di ogni convivere civile e minimamente organizzato. Ogni volta che la più gran parte dell’elettorato – non per scelta oculata, sia chiaro, ma per istintivo odio verso questi snob e arroganti, per di più anche corrotti – sceglie i destri, parte immediatamente una campagna acquisti per indebolirli (si è iniziato subito con la Lega, infine tornata sui suoi passi, poi è venuto Mastella, poi schegge socialiste, adesso l’UDC, ecc.). Si è continuata per anni l’indegna pantomima tra sinistri moderati (riformisti) e radicali o estremi. Questi ultimi servono solo a coprire e giustificare le ruberie più grosse della GFeID, che sempre strepita contro il loro “ottocentesco” anti-liberismo e statalismo (di cui, nel mentre lo si attacca, servirsi per tutto il già considerato magna-magna da parte di finanzieri e industriali). Ed in politica estera i sinistri estremi sono utilissimi perché urlano contro USA e Israele, consentendo al Governo la politica dell’inganno più abietto: qualche critica all’amministrazione Bush e a quella Olmert, ma totale appoggio alla politica di supremazia degli Stati Uniti appena coperta da un sottile velo di vaselina (tipo la “pace” in Palestina privilegiando il Quisling Abu Mazen).

Adesso, vi è uno smottamento terribile dell’elettorato verso destra poiché la stangata fiscale, l’attuale e autunnale innalzamento di tariffe e prezzi di beni di prima necessità, unito ad una serie ininterrotta di altre malversazioni che è impossibile elencare, ha reso ormai insopportabile il peso di questo Governo pletorico (il più numeroso della nostra storia) formato da totali incapaci, presuntuosi e corrotti come non mai. Ma se esso cade, torna Berlusconi, che non può allargare i cordoni della spesa statale a favore della GFeID, data la sua base elettorale sempre più costituita dal lavoro autonomo con la sorprendente aggiunta (sondaggio dell’Ires-Cgil) di quote rilevanti (la maggioranza al nord) di operai e lavoratori salariati. Allora, anche a costo del più totale tracollo – economico ma più ancora in termini di convivenza civile e di rapido sfilacciarsi di ogni tessuto sociale – del nostro paese, finanzieri e industriali “assistiti dallo Stato” bloccano tutto in attesa del Partito democratico (e del “salvatore” Veltroni), sperando nella riuscita dell’ennesimo tentativo di creare un agglomerato centrista che sappia egemonizzare il centrosinistra come al tempo in cui la DC era decisamente più forte del PSI.

 

A questo punto, la conclusione è d’obbligo. Noi non siamo per il ritorno della destra, ma non per paura del “nero” Berlusconi, non per il pericolo fascista “in agguato”; semplicemente perché tale schieramento è il semplice riflesso della sinistra nello specchio da quest’ultima creato, su istigazione dei gruppi dominanti finanziari e industriali, per turlupinare e derubare la popolazione. Non ne desideriamo il ritorno, ma nemmeno siamo così stupidi da farci ingannare da questa immagine, credendo che sia essa la realtà putrida in cui ci fanno sguazzare. No, questo è solo il riflesso speculare di quella realtà che è la sinistra, in tutte le sue componenti che recitano varie parti (moderate ed estreme) nella commedia del potere, saldamente e pienamente detenuto dalla GFeID (e dal “Trio Infernale”), che muove i suoi rappresentanti politici da dietro le quinte. Certamente, come sempre accade, qualche “brava persona” si trova perfino in tale sinistra (un numero minore però che in qualsiasi altra epoca storica); tuttavia, perfino i migliori sembrano paralizzati dalla possibilità che “torni la destra”. Se si ricorda quanto ho detto circa il rapporto tra “rami” (da recidere) e “tronchi” (molto più difficili da abbattere, ma che tuttavia senza più “rami” tendono a “seccarsi”), è chiaro il compito di una politica che non si faccia più irretire nelle false antinomie (in solidarietà antitetico-polare) di destra e sinistra, fascismo e antifascismo, conservatorismo e progressismo e altre stupide invenzioni ciarlatanesche del genere, frutto di mene politiche e ideologiche messe in atto da autentici venduti mascheratisi da intellettuali, da maîtres à penser.

Il nemico vero, quello più pericoloso e devastatore, quello che rischia di portarci ad una reale dittatura (espressa nelle forme ammorbidite di una “recita democratica”) è la sinistra; la dittatura (alla vaselina) che essa vuol imporre è quella patrocinata dai gruppi finanziari e industriali più parassitari e arretrati, più bisognosi di derubarci attraverso lo Stato (cioè il Governo), perché il saccheggio del paese è ormai necessario ai fini della loro sopravvivenza e del perdurare della loro supremazia; fra l’altro prona e imbelle nei confronti di quella centrale e imperiale degli USA. E’ dunque necessario abbattere la sinistra, segare ogni suo ramoscello, salvando poche gemme (nella speranza che infine germoglino; sarebbe ora!). Non c’è altra salvezza. Sbaragliata la sinistra, andrà illanguidendosi pure la sua immagine riflessa che è la destra, in particolare proprio quella berlusconiana, alla quale la GFeID non potrebbe ricorrere nemmeno nel momento estremo in cui tutti i “rami” (di sinistra), di cui si fregia il suo “tronco”, fossero infine segati. Non potrebbe farlo non perché Berlusconi non sarebbe pronto a sostituire la sinistra e a vendersi ai “poteri forti” (in realtà marci e maleodoranti) italiani. Lo farebbe, eccome! Perderebbe però subito il suo elettorato, che è in fondo anche la sua “base sociale” e senza il quale sarebbe nuovamente facile preda dei suoi avversari capitalisti.

 

Basta quindi con il pericolo della destra, e soprattutto di Berlusconi. Se c’è un reale pericolo di qualcosa che può ricordare la destra, ma non quella attuale, esso sussiste proprio nel perdurare della corruzione e del marciume che produce questa sinistra, adattandosi – pur con la recita delle sue “varie parti in commedia” – al ladrocinio e allo sbriciolamento sociale patrocinati dalla finanza e grande industria arretrata (cioè dei settori della passata epoca dell’industrializzazione), subordinate alla prepotenza imperiale statunitense. Ripeto, per l’ennesima volta in questi ultimi tempi, che vi sono somiglianze tra l’Italia di oggi e la Repubblica di Weimar (salvo, per fortuna, l’assenza al momento di una “grande crisi”, e non è poca cosa). In quella situazione fu sciagurata l’alleanza antifascista fatta dai comunisti con la putrida e marcia socialdemocrazia, abbastanza simile alla nostra sinistra odierna. Fu così che si consegnò l’appoggio popolare ai nazisti; e smettiamola di raccontarci balle in proposito. I nazisti vinsero perché seppero cogliere nel segno, aggredendo quel Governo corrotto e servo della grande finanza parassitaria in combutta con quella preminente degli Stati Uniti. Chi si alleò con i difensori di un Governo ormai impopolare e fellone non poté che seguire la loro stessa sorte. E, storicamente, fu una “giusta sentenza”. Chi commette “errori” che in realtà sono colpe non può non pagare, non può non subire la condanna. La Storia, in questo senso, è sempre un giudice imparziale anche quando i suoi verdetti hanno conseguenze terribili e tragiche; ma “chi è causa del suo male ecc. ecc”.

Non riusciremo però mai a capire quali sono gli imprescindibili impegni odierni che dovrebbe assolvere una forza che si pretende “antisistema” (anticapitalistica e nemica dell’imperialismo statunitense), se non la si smette con l’ossessione della disamina di schieramento tutta interna alla sfera politica (che vede solo “i rami”,”rametti” e “ramoscelli”). Dobbiamo innanzitutto sottoporre ad indagine il “tronco” (o i “tronchi”). Una volta compreso chi rappresenta quest’ultima realtà, si deve tornare alla politica con la consapevolezza che non sempre si possono abbattere direttamente i “tronchi”; bisogna farli “seccare” segando i “rami” (per il momento tralascio la metafora delle “radici”). Giunti infine, correttamente, a tale conclusione, e se veramente non vogliamo correre i pericoli di Weimar, cioè di essere giustamente spazzati via per la nostra connivenza con chi devasta e corrompe ogni tessuto sociale, dobbiamo sperare che qualcuno infine sbaracchi la sinistra (politica e ideologico-culturale), perché solo così si svuota quel bacino (anche, ma non solo, di finanziamenti statali) che alimenta il “tronco” della più devastante e ladrona finanza e grande industria, un coacervo di torbidi interessi (non semplicemente economici) forse persino più pericoloso e nefasto di quello caratterizzante l’epoca giolittiana o, appunto, la Germania degli anni ’20 e ‘30. Proprio per non trovarci alla mercé di un equivalente storico del nazifascismo, è ormai giunta (anzi passata) l’ora di dichiarare, quale obiettivo centrale di una critica radicale, l’equivalente storico odierno della socialdemocrazia italiana e tedesca di quei drammatici tempi, senza più trincerarsi dietro il miserabile “meno peggio”, cavallo di battaglia di tutti gli opportunisti che in realtà si vendono per quattro soldi, favorendo alla fine l’ascesa dei “barbari”. Ne abbiamo ancora bisogno? Allora stiamo pure alla coda della sinistra; altrimenti abbandoniamola e combattiamola.