I CONTI NELLO STIVALE

 

Forse tutti quanti noi abbiamo sbagliato nel valutare i tecnici del governo come degli incapaci nel fare i conti. Credo che, ormai, la malafede di questi uomini sia stata totalmente smascherata per cui non vale più nemmeno la precedente definizione di “idioti con un alto quoziente intellettivo”, ampiamente usata nei nostri precedenti articoli. Di loro si deve dire, piuttosto, che sono dei mistificatori patentati e che programmano ogni mossa con l’unico obiettivo di servire, senza se e senza ma, gli interessi degli attuali sub-dominanti italiani (il gruppo di lestofanti riunito intorno al patto di sindacato RCS), collegati alla grande finanza euroamericana. Tutti questi uomini vengono dagli organismi decisori di grandi banche estere (soprattutto americane) ed assomigliano molto a quei giannizzeri addestrati nei campi militari del Paese Centrale(USA) poi prontamente rispediti nei rispettivi paesi d’origine a fomentare l’odio e a creare disordine in nome dell’imperialismo americano.

Visco-Padoa-Schioppa & soci, appena hanno piantato il culo sullo scranno hanno sostenuto che la falla nei conti pubblici costringeva il governo ad agire solertemente per far quadrare i conti. Tutti gli hanno creduto perché il governo Berlusconi era il governo del demonio e quindi non poteva che essere come loro la raccontavano.

Per far quadrare i conti dello Stato si deve “necessariamente” agire tagliando le spese ed aumentando le tasse, soprattutto in congiunture di scarsa crescita economica come quella attuale. Inevitabilmente la longa manus dei governanti si è indirizzata al prelevamento delle risorse dalle tasche dei cittadini cattivi (i “bottegai” evasori che le tasse non le pagano mai) con qualche “colpettino” anche nei confronti dei ceti salariati (risparmiati solo per il momento) e verso un maggior risparmio sulla spesa sociale, quella che va a finire per la parte più cospicua in sanità e pensioni. Per ora sono fermi al primo step, mentre minacciano quotidianamente di passare alla fase 2, con la scusa che rischiamo di essere buttati fuori dall’Europa o che possiamo nuovamente incappare nel giudizio negativo delle agenzie di rating(quasi tutte americane) le quali declassandoci renderebbero più costoso il piazzamento dei titoli del debito pubblico all’estero (detto per inciso, i titoli del debito pubblico italiano sono per la maggior parte in mano agli italiani).

Bene, anzi male. Il giochetto del buco di bilancio si è rivelato quasi subito per quello che era, cioè una menzogna sesquipedale. Oggi si parla addirittura di un maggior gettito fino a novembre per  37 mld di euro. Non si tratta di una cifra irrisoria, stiamo parlando di un 2,5% di Pil. Volendo tradurre dal “contabilese” ciò significa che se i signori del governo includessero questa bella sommetta nei loro conti astrusi il rapporto deficit/Pil scenderebbe dal 4,6% al 2,6%. Insomma, saremmo salvi, l’Italia resterebbe in Europa e le agenzie di rating dovrebbero trovare un altro sistema per minacciarci. Troppo comodo italiani! Per ora ci becchiamo una finanziaria di lacrime, l’Europa che ha capito il giochetto di Prodi strizza l’occhio al governo e abbozza qualche rampogna mentre le agenzie di rating ci declassano per “incoraggiamento”, ovvero per ricordare ai sinistri al governo che prima o poi (meglio prima) occorrerà passare al piano B, quello dei tagli alla spesa pubblica.

Nel frattempo uno si aspetterebbe che l’elettore medio di sinistra fosse assalito dai dubbi. E se davvero questi ci prendono per i fondelli? Come mai un governo di sinistra fa così tanti regali a Mentezemolo & soci? E come mai il Corriere della Sera, il giornale per antonomasia vicino alle peggiori famiglie del capitalismo italiano, non perde occasione per difendere Prodi?

Macchè, neanche a dirlo, niente di niente. Incombe ancora la minaccia del flagello di Dio Berlusconi e delle “destve” rozze, detto alla Bertinotti.

L’identità è più forte di qualsiasi ammissione critica.

Aveva, dunque, ragione l’avvocato Agnelli quando affermava che solo la sinistra può fare una efficace politica di “destra” (nel senso capitalistico del termine). Di fatti, l’adesione alla politica del militante di sinistra si basa su un atto di fede e, quindi, a prescindere da ciò che i governanti fanno o dicono, se la loro collocazione è a sinistra questi non possono che rappresentare gli interessi del popolo, chi sta a destra, invece, non può che essere un fottuto pre-potente (si tratta di un esorcismo per non vedere i prepotenti che stanno in casa propria). Ragionamento uguale e contrario a quello fatto dalle plebi di destra, per cui a sinistra c’è un’accozzaglia di fannulloni (per quel che riguarda il ceto politico professionale ciò è sicuramente vero) mentre tra i loro ci sono gli uomini più produttivi della terra (immonda cazzata che nasconde la buona dose giornaliera di egoismo sociale). Su questo si basano i processi identitari, su codici e su linguaggi ben rodati che obnubilano la mente del “fedele” e lo convincono all’abdicazione di qualsiasi capacità critica. Nascono così schiere di tifosi deleganti che guardano alla politica con lo stesso spirito con il quale si assiste ad una partita di calcio: i tuoi non fanno mai fallo, il fuorigioco non c’era e l’arbitro è un gran cornuto.

Peccato che i potenti sono ben distribuiti sulle due metà del campo, con una “leggera” predominanza sulla metà sinistra. Quanto ai fannulloni vale quello che ho detto sopra.