A PROPOSITO DELLA DEFLAZIONE, di Gianni Duchini

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A PROPOSITO DELLA DEFLAZIONE

L’Istat (Istituto Centrale di Statistica) indica una inflazione certa per il 2015 dello 0,1% a fronte di quello programmato dal governo dello 0,3%. Ne consegue che l’inflazione cresce meno del previsto e quello 0,2% in meno riduce, sempre secondo il governo, la previsione della crescita.  Inoltre sempre secondo l’Istat circa l’andamento dei prezzi del mese di novembre risulta un calo dello 0,4% rispetto al mese precedente e ciò è dovuto ad un calo dei prezzi degli alberghi e dei ristoranti(-2%)  a sua volta legato alla fine dell’Expo e del turismo. Pesa anche la frenata dell’energia. A meno che non si verifichi un nuovo crollo delle materie prime.

Non è un fenomeno solo italiano. In Germania si festeggia l’incremento mensile dello 0,1% dopo l’inflazione pari allo zero del mese di ottobre. Del resto la famosa locomotiva tedesca è acqua passata e le difficoltà della Volkswagen pesano enormemente sull’intera economia germanica.

L’immissione di liquidità (Qe) di Draghi non fa crescere l’inflazione con l’unico effetto possibile di produrre a prezzi e utili decrescenti. E con il risultato che se la Competizione tra le aziende è fatta sulla compressione dei costi e dei salari si sta facendo fuori tutto il ceto medio produttivo italiano. Inoltre, se l’immissione di liquidità della Bce non può avere alcun effetto visibile sui beni di consumo e quindi sui consumatori arriverà soltanto sull’intera area speculativa dei mercati finanziari e non alle imprese.

La Federal Reserve (la Banca Centrale Usa) ha annunciato che nel mese di dicembre effettuerà il primo rialzo dei tassi d’interessi dopo il 2006, mentre la Banca Centrale Europea farà una manovra esattamente inversa, innalzerà il quantitative easing portandolo da 60 miliardi mensili a 80 miliardi.

Con il cannone del Qe di Draghi si cerca di far risalire l’inflazione e attraverso una spesa pubblica in grado di sorreggere una fantomatica domanda di beni e per questa via la produzione. Ma su questo terreno sappiamo quanto sono lastricate le strade per l’inferno.

Nonostante l’imponente immissione di liquidità con la conseguenza inevitabile del crollo dei tassi d’interesse il Pil crescerà soltanto dello 0,7%

annuo mentre nell’intera zona euro dell’1,6%.

L’inezione  di liquidità ricorda il tentativo di politica di spesa pubblica di Roosevelt nei confronti della spirale deflazionistica che falcidiò il tessuto produttivo americano a partire dagli anni della crisi del 1929.

J.M.Keynes fu da subito un osservatore attento dell’esperimento di Roosevelt e mise l’accento della gestione della domanda aggregata attraverso programmi di spesa pubblica, anche se poi fu con la 2° guerra mondiale sancì l’uscita dalla crisi.

Ne d’altro canto dalla parte degli Usa le cose vanno bene; a dimostrazione di come l’effetto deflazione abbia permeato tutto il tessuto produttivo dell’America è rappresentata da una estrema povertà della popolazione Usa (si parla di 50 milioni di persone) che sono poveri in canna, homeless, disoccupati cronici, ma anche gente che non riesce ad arrivare a fine mese.

L’estrema povertà americana ha la stessa faccia della grande depressione del ’29-’40 dove si sono ridotte enormemente le difficoltà a sbarcare il lunario dopo aver compromesso drammaticamente il proprio tenore di vita.

GIANNI DUCHINI dicembre ‘15