ANCHE QUI L'ATTESA E' LUNGA di Amarga

“[…] Credo che il cosiddetto militante di sinistra sia ormai una figura antropologica da studiare anche dal punto di vista psicanalitico”.
Pasquale S. (da un commento al Blog)

 

Sarebbe senza dubbio interessante dare seguito a questa proposta: non guasterebbe una visione dal versante psicoanalitico.

 Penso però che, proprio psicoanaliticamente parlando (e quindi non psicologicamente, o antropologicamente e nemmeno ‘emotivamente’), ciò sia un po’ problematico e per diverse ragioni.

 

 Per interpretare una ‘figura’, dobbiamo sempre comprendere anche perché e come, in quanto ‘figura’, occupi proprio quel posto e che cosa rappresenti di profondo (quindi di non noto) in quel determinato contesto. Ed essendo oggi il contesto attraversato da molteplici variabili, non meglio definite, la figura in questione rimane ancora ‘enigmatica’. Rispetto al personaggio ‘Berlusconi’, invece, la cosa è in parte più semplice: la sua posizione può prendere ‘figura’ in funzione del contesto geopolitico attuale di cui, almeno apparentemente, sembrano delinearsi meglio i contorni.

 

Ci sono poi motivi intrinseci alla psicoanalisi stessa. Questa disciplina è nata come ricerca (e cura) delle dinamiche inconsce che si sviluppano, sulla base di un determinato metodo, all’interno di una relazione duale tra psicoanalista e paziente, ed è stato dato quindi poco spazio alla psicoanalisi applicata alla società.

Freud stesso nel suo Psicoanalisi delle masse e analisi dell’Io e anche in Totem e tabù, o in L’uomo Mosè e la religione monoteistica, ha sempre mantenuto come centrale il riferimento alle dinamiche dell’inconscio individuale, appoggiandosi anche all’ipotesi che i passaggi filogenetici si ricapitolassero nella ontogenesi.

Ma, ovviamente, non ci si è fermati a Freud. Fra le recenti analisi sui gruppi sociali e sul loro funzionamento, a partire, ripeto, da un’ottica psicoanalitica, metterei oggi senz’altro in rilievo (senza far torto ad altri nomi) i lavori di W.R. Bion.

Ma ci sono anche, e soprattutto, motivi estrinseci a mettere la sordina rispetto agli interrogativi di fronte ad una società che comunque è cambiata.

Da un lato, perché uno spirito da lobby (ebraica e non solo) permea buona parte delle scuole psicoanalitiche e ciò permette loro di mantenere, nel profondo, come matrice comune, una elitaria  visione del mondo. So bene che non esiste  la ‘neutralità’, né ‘analitica’ né ‘in generale’, in quanto ognuno è condizionato dalla propria storia. Ma quando questa ‘matrice comune’ diventa la  base per fondare un pensiero unico, questo è preoccupante (mi fa ricordare la battuta di Groucho Marx  – ripresa poi da Woody Allen – quando dice “non vorrei appartenere a nessun Club che abbia me come socio”).

Dall’altro lato, perché l’adesione ad una scuola implica comunque stabilire un rapporto da adepti e quindi rende difficile l’atteggiamento critico.

Dall’altro lato ancora, perché lo ‘spirito di sinistra’ aleggia su tutta la categoria e, al pari di una ‘cupola’ rassicurante, conforma di sé tutto quanto l’apparato.

Quindi, purtroppo, oggi non esiste una adeguata analisi dell’attuale società che utilizzi delle categorie che siano ‘fondatamente’ psicoanalitiche e non soltanto psicologiche. Probabilmente non ne viene sentito nemmeno il bisogno, visto che ciò che dà problemi non appartiene al ‘dentro’ della categoria ma al ‘fuori’: tant’è che il sentore comune è che sono i pazienti ad essere ‘cambiati’, come sono ‘cambiate’ le loro aspettative rispetto ad un lavoro analitico.

Tutt’al più possiamo trovare una sporadica raccolta di ipotesi e di ‘descrizioni’, che però, oltre a non avere una sistematicità, hanno una validità effimera fintantoché non ci sarà, quando ci sarà, l’incontro/scontro con una realtà in fase di maggiore radicalizzazione. E, forse, da quella catastrofe, si potrà capire qualche cosa.

Capisco quanto GLG si possa sentire invelenito e che cerchi, lanciandosi con la sua veemenza  verbale, di sconfiggere quello che lui chiama ‘cancro’ della società.

Certamente alcuni di loro, di questi ‘sinistri’ (forse anche molti, soprattutto quelli che hanno venduto l’anima al diavolo non per ‘nobili’, ‘romantici’ ideali, quali l’eternità, la bellezza, l’amore, ma per conquistare una fetta di potere e di visibilità per nutrire il loro narcisismo) rappresentano un cancro. Sono i falsi maestri che utilizzano, come il saggio Patronio allertava il Conde Lucanor negli exempla del 1330, la menzogna tripla, quella più perniciosa di tutte, cioè quella che ‘mente dicendo la verità’ (cioè utilizza la verità per scopi perversi).

Ma la maggioranza di essi mi fa pensare a quelle galline spelacchiate che si ammucchiano e si tengono al caldo nelle grigie  giornate invernali, inseguendo gli sprazzi di sole, erratici come erratiche sono le loro ideologie del momento, o gli ideologi, che volta per volta vengono eretti a loro Dei.

Quando Nanni Moretti nel film “Aprile”, fece la sua famosa battuta rivolta a D’Alema “… ma di’ una cosa di sinistra, di’ una cosa anche non di sinistra, di civiltà…”, tutti ridemmo divertiti, e non ci rendevamo conto che eravamo già dentro il baratro della disinformazione, della dis-identità.

E come può esserci identità se non c’è un ‘passato’? Se questo è stato rinnegato a piè pari?

Il “qui lo dico e qui lo nego” non è appannaggio di Mr. Berlusca, ma viene da molto lontano.

Viene in buona parte da una fascia di borghesia che ha rinnegato la sua origine, facendola nello stesso tempo valere come biglietto da visita non per inserirsi in modo diverso in un mondo ‘produttivo’ ma nel mondo dei venditori di fumo.

Viene da quelli che, affermando di combattere contro “l’ideologia borghese” ne hanno istituita un’altra al posto suo, una borghesia decadente, regressiva, da clan primitivo, “o sei con me o sei contro di me”.

Per il resto, hanno bisogno di riconoscersi ‘a naso’, perché la retorica delle emozioni e dei buoni sentimenti, prevalendo sulla capacità critica, li rende disorientati. E allora si creano dei punti di riferimento che possano permettere loro di sentirsi coesi, di dare un senso alla loro esistenza: quindi la protesta per la protesta, legata alla incapacità a tollerare le frustrazioni; la fantasia di essere i soli ad essere i depositari della Verità; e, "ultimo ma non l’ultimo", l’Uomo nero Berlusconi che invece dovrebbero ringraziare perché senza la coalizione che li lega contro di lui cadrebbero nel vuoto.

Naturalmente queste sono solo descrizioni ‘psicologiche’ che possono dare un quadro di prima approssimazione, ben lungi da quello che dovrebbe essere un lavoro ben più profondo e di ben altro impegno, anche collettivo.

Anche qui l’attesa è lunga.