ANDARE, CAMMINARE, LAVORARE

Roba del nuovo mondo. Se qualcuno, poco meno di un lustro fa, ci avesse detto che la Fiat avrebbe attraversato l’oceano con le sue tre caravelle (la Duna, la Punto e la Santa Marea, come scrive simpaticamente Roberto Miacioce su Il Giornale di oggi) per stabilire una propria colonia a Detroit, gli avremmo riso in faccia.

Quattro anni or sono, il colosso americano GM, attualmente sul filo del fallimento e in ginocchio da Mister Obama per ottenere una fetta rilevante dei contributi che la Casa Bianca ha stanziato per il risanamento del settore auto, stava per rilevare l’azienda del lingotto, a sua volta sommersa dai debiti e vicina alla bancarotta.

I rubinetti dello Stato italiano si erano quasi del tutto chiusi, dopo anni di maniche larghe e di socializzazione delle perdite, di fronte ad un disastro industriale che nemmeno la marea di fondi pubblici sembrava poter risollevare.

Niente più Italia in automobile, “la Penisola al volante, questa bella Penisola è diventata un volante”, giù la ricchezza mobile e abbasso anche gli “Agnelli” che sarebbero finalmente tornati a pascolare con le capre… parafrasando una vecchia canzone di Piero Ciampi.

Poi però è arrivato il genio italo-canadese il quale, in quattro anni, grazie all’abilità con la quale sa muoversi nel mondo della finanza, a qualche gioco di prestigio (i 2 mld di dollari ottenuti da Gm che declinò il rilevamento della Fiat ) e ad un po’ di revival industrial-popolare (la nuova 500 e, presto, la nuova topolino, o forse new mouse, in onore al mercato americano appena conquistato) è riuscito ad appianare il dissesto dell’azienda torinese (o, almeno, così si dice).

Ieri, l’ultimo colpo di scena. San Obama da Honolulu, il cui padre keniota pascolava le pecore, ha esplicitamente invogliato la Chrysler a stringere l’alleanza con il gruppo dei discendenti degli Agnelli (la potremmo definire l’alleanza degli ovi-caprini), subordinando la concessione di 6 mld di sovvenzioni statali all’attivazione di sinergie virtuose con altri partner del settore, in grado di trasferire negli USA nuove tecnologie finalizzate a ridurre i consumi di carburante e ad abbassare l’impatto ambientale del trasporto personale su gomma.

Tuttavia, un piccolo dubbio ci viene. La Fiat si è salvata dal crac nel 2005 non per le sue virtù tecnologiche e industriali ma, come confermato dallo stesso Marpionne, grazie ad una partita a scacchi giocata e vinta sul mercato finanziario, sulla quale indaga la Consob e la magistratura: «L’operazione condotta all’epoca da Ifil-Exor è stata essenziale al risanamento di Fiat. Senza quell’intervento non saremmo qui a parlare di futuro». Marpionne dixit.

Non sarà, allora, che l’ad di Fiat ha proposto agli americani di giocare la stessa partita? Credo proprio di sì, visto che Marchionne si è subito preoccupato di precisare che l’alleanza appena siglata permetterà, innanzitutto, a Chrysler di rafforzare la propria solidità finanziaria. E’ nato lo stile “tarallucci e Diet Coke”? Vedremo come andrà a finire.