Antimodernismo, scienza e fase: non tutto quadra di P. Pagliani

 segue risposta di giellegi

 

 

Il lavoro non è la fonte di ogni ricchezza. La natura è la fonte dei valori d’uso (e in questi consiste la ricchezza effettiva!) altrettanto quanto il lavoro, che esso stesso, è soltanto la manifestazione di una forza naturale, la forza-lavoro umana.”

 

Karl Marx, Critica al Programma di Gotha, parte I.

 

Quello che noi chiamiamo terra è un elemento della natura inestricabilmente intrecciato con le istituzioni dell’uomo. Isolarlo e farne un mercato è stata forse la meno naturale di tutte le imprese dei nostri antenati.

Karl Polanyi, La grande trasformazione, cap. 15.

 

 

Intellettualmente a disagio.

 

Fin da giovanissimo ho iniziato a nutrire una vera passione per la scienza e per la tecnica.

Ero affamato di tutto ciò che spiegasse scoperte scientifiche, teorie, applicazioni. Mi divoravo ogni pubblicazione di divulgazione scientifica e benché non mi sembri di avere un particolare bernoccolo per la matematica (so riconoscere chi ce l’ha veramente), proprio questa passione mi aveva spinto a studiare l’algebra in prima media, così che risolvevo le equazioni numeriche nei compiti in classe usando, ad esempio, lo sviluppo del binomio invece di fare inutili calcoli o, più tardi, mi ero inventato delle formule per calcolare i volumi dei solidi (scoprii poi che erano nient’altro che applicazioni del metodo d’esaustione di Archimede). Mi divertivo così. Con il paradossale effetto di fare arrabbiare la mia professoressa di matematica che non me lo ha mai perdonato e minacciava sempre di bocciarmi: non ero uno studente disciplinato e in più inventavo balle quando dicevo che quelle formule di geometria non le avevo lette da nessuna parte ma me le ero inventate.

Grazie a lei il mio giudizio all’esame di Stato di Terza Media fu in sostanza: “Non adatto per studi fino all’Università: doti intellettive solo discrete”.

Sapete: da certe batoste esistenziali bisogna pur cercare di risollevarsi in qualche modo, così ho accluso questo giudizio al primo articolo di Logica Matematica che ho pubblicato (negli Stati Uniti, ovviamente, perché in Italia nessuno me lo “filava” – l’impero è sempre meno provinciale dei suoi domini periferici, altrimenti che impero è).

E la passione continua tuttora: se qualcuno ha 480 dollari da spendere può comprare il libro che ho appena scritto per la Springer-Verlag, “A Geometry of Approximation”, dove applico l’algebra della logica a problemi di analisi dati e di pattern recognition, roba con cui si fanno sistemi per la diagnostica computerizzata, tanto per dirne una.

Fine dell’autopromozione commerciale.

E’ stata un po’ lunga ma era meglio che mettessi subito in chiaro che non ho mai avuto nessuna inclinazione antiscientifica ma, semmai, un certo “fanatismo” per la scienza. Per soprammercato sono anche protestante (protestante, non “evangelical”: spesso si fa un’indebita confusione, specie in Italia dove sui giornali il pastore è ancora chiamato “prete” e il culto “messa”) e quindi non ho nemmeno alcuna predisposizione all’antimodernismo cattolico (citarmi il processo a Galileo è, per l’appunto, come dirmi che la Terra gira intorno al Sole, una cosa così ovvia che non mi cambia la visione del mondo).

Infine mi considero figlio dei Lumi e su di me il Medioevo non nutre nessuna fascinazione particolare.

Però – o perciò – ho anche sviluppato una particolare idiosincrasia per i ragionamenti ideologici, intendendo con ciò quel tipo di argomentare che usa il “senso comune”, il dato ad effetto (solitamente una sparata), o una combinazione di elementi ognuno in sé anche corretto, per portare acqua al mulino di quella o quell’altra tesi culturale o politica.

 

Politicamente a disagio

 

Incalzato senza sosta da Gianfranco La Grassa, da tempo questo blog su temi di analisi generale, politica geopolitica ed economica sta portando avanti tesi autonome e con le quali a mio avviso qualsiasi anticapitalista (ma anche filocapitalista) dotato di senso critico deve fare i conti e non può limitarsi a far spallucce. Tuttavia sullo specifico tema dell’ecologia e il correlato tema della scienza, il blog dimostra una propensione all’argomentazione eterodiretta, o in altre parole, a prendere qualsiasi cosa che capiti a tiro al fine di giustificare una tesi che potrebbe essere giustificata in altro modo.

Cerco di spiegarmi meglio, anche se devo essere sintetico. E’ chiaro che i temi dell’ecologia e della scienza sono strettamente correlati a quelli dello sviluppo e del progresso. Ed è anche nota la tesi lagrassiana della necessità in questa fase di operare per un autonomo sviluppo di potenza delle nazioni, e tra di esse l’Italia, al fine di uscire dal monocentrismo imperiale statunitense verso una fase policentrica. Fase policentrica che non vedrà mai la luce se gli stati nazionali (almeno quelli di peso) non avranno modo di svilupparsi e rendersi sovrani, cioè capaci di scelte politiche autonome (sovrano non significa “autarchico”). Fase policentrica che sola può aprire finestre dove il capitalismo, in quanto sistema di più agenti in conflitto tra loro, può indebolirsi e permettere una reale prospettiva di superamento dello stesso.

Quindi nella fase attuale (intesa come un intervallo di 20-30 anni e come limite autoimposto di analisi, da qui il rimando di La Grassa a Friedrich List) il tema principale di  un’azione anticapitalista dovrebbe essere la sovranità politica ed economica dei Paesi. Ovviamente non come fine in sé (é da qui che nascono gli usuali fraintendimenti del pensiero lagrassiano) ma, per usare una metafora un po’ iperbolica, come un treno blindato tedesco che intraprende un viaggio di 20-30 anni con a bordo dei rivoluzionari. Una strategia leninista.

Questo discorso, almeno nei suoi termini generali, prevede, come è immediato capire, che altre tematiche e altre problematiche, come ad esempio la questione ecologica, siano subordinate alla strategia di fase (che per l’appunto privilegia il concetto di “sviluppo di potenza” e quindi anche economico). Ma ciò non implica che queste tematiche e problematiche debbano essere negate.

Subordinare e negare non sono la stessa cosa. Perché se nego una questione, semplicemente dico che non esiste e che non ne devo discutere se non in termini di “cattiva coscienza” di chi la difende. Se invece subordino un tema a un altro, entrambi saranno costretti a interagire dialetticamente, perché entrambi sono operanti e dovrò sempre stare attento alle interazioni reciproche, anche di quello subordinato su quello subordinante.

E questo vale tanto per l’ecologia, quanto per la cosiddetta “questione sociale” (ma forse si potrebbe di nuovo chiamare “lotta di classe”, una volta sfrondato il termine da valori teleologici – comunque non è la cosa più importante). Tra l’altro, se la questione ecologica non è intesa essere intrecciata a quella sociale, per me possiede anche poca rilevanza.

Sono temi ampi su cui tornare.

Quel che mi preme dire è che non trovo per niente produttivo affermare in sostanza  Possiamo spingere sul tema dello ‘sviluppo’ perché tanto la questione ambientale è una bufala, come dice il prof. Battaglia sul Giornale”.

E se non fosse una bufala?

La logica porta più a pensare che non sia una bufala, anche se non nei termini propagandati e con le politiche che ci si ricamano attorno.

E’ così impossibile che un meccanismo di accumulazione senza fine mai visto prima nella storia dell’umanità generi anche uno sfruttamento stressante della natura – oltre ad una parallela necessaria accumulazione senza fine di potere, come giustamente faceva notare Hanna Arendt?

L’uomo non ha già tecnicamente la possibilità di far sparire il globo terraqueo in pochissimo tempo? Sì che ce l’ha.

Quindi, se la questione ecologica non fosse una bufala?

Dovremmo rinunciare al tema della “sovranità” e del policentrismo, ovverosia fare da tappetino agli Stati Uniti, così come suggeriscono implicitamente gli ecologisti Al Gore e Soros? Detto incidentalmente, è vero che ci sono forze che vogliono usare alcuni dati ecologici come delle clave imperialistiche; è vero che ci sono i politically correct italioti che ripetono a papera ogni tesi ecological-buonista che hanno sentito e che quindi vanno sculacciati davanti a tutti. Ma questa gente deve essere contrastata elaborando un discorso solido, non andando a raccattare dove si può qualche dato in “controtendenza”.

Non trovo quindi sensato, e l’ho già detto su questo blog, andare ad acchiappare le migliori sparate confusionarie, in mezzo ad alcune cose giuste, del prof. Battaglia (che confonde la resa energetica dei pannelli solari – fino al 40% – con quella della fotosintesi clorofilliana – 1%). Non mi sembra sensato gongolare per la tesi di una nuova piccola glaciazione dovuta alla ridotta attività solare, perché di per sé non confuta i meccanismi che starebbero dietro al global warming. Potremmo avere un freddo bestiale e un’aria avvelenata con, in aggiunta, ridotte riserve energetiche, un vero incubo.

E non credo che l’editoriale del teorico della Nuova Destra francese Alain de Benoist su “Il Giornale” sia sintomo di chissà quale raffinata strategia per prendere in giro il popolo bue strizzando l’occhio ai decrescisti, alla Chiesa cattolica e agli antiscientisti. Per me è vero, come è stato scritto in un commento, che quell’editoriale è dovuto a certe tendenze culturali presenti in quel giornale e, aggiungo, ad un ben noto meccanismo giornalistico: se scoppia il caso di Cogne bisogna battere il caso di Cogne, se invece la morbosità del pubblico si sposta sul caso di Erba, allora bisogna battere su quello di Erba (aggiungendo particolari sempre più scandalistici e morbosi). Se c’è una crisi finanziaria e il Papa comunica al mondo che ricchezza e sviluppo sono concetti perniciosi, facciamolo dire anche noi in un editoriale di richiamo. Insomma: tocca vendere. Teniamo famiglia.

Ciò non vuol dire che questa condotta non abbia effetti deleteri sulla percezione diffusa e sulla capacità di interpretare e di agire di conseguenza. Ma non lo vedrei propriamente come un complotto.

Altrimenti mi si dovrebbe spiegare come mai Belrusconi il giorno prima “decrescista”, il giorno dopo sia considerato alla UE un taroccatore – al ribasso – dei dati relativi  all’ambiente.

Ripeto, la questione ambientale – in tanto in quanto intrecciata a quella sociale – è subordinata alla questione dei conflitti di potere. Mi sembra addirittura ovvio: mostratemi  una catastrofe nell’ecosfera peggiore di una serie di eventi che provocano centinaia di milioni di morti, lo scoppio di due bombe atomiche su due grandi città, lo scoppio sperimentale di bombe all’idrogeno di qua e di là con ampie ricadute di materiale radioattivo, la disseminazione di vasti territori (Serbia, Afghanistan e Iraq) e di un mare (quello Adriatico) di  uranio impoverito, con le sue mortali conseguenze che nessuno si cura di verificare, l’inquinamento di falde acquifere con conseguenti epidemie mortali di enormi proporzioni (Iraq sotto embargo) … . E si potrebbe continuare con l’orrore.

Non è una raccapricciante catastrofe ecologica futuribile. E’ proprio l’orrendo e inconfutabile passato prossimo e presente continuato.

Basterebbe questo per capire che non ha nessun senso separare la questione ecologica dalla questione del potere e del conflitto. Anzi, ripeto, la prima è da subordinare logicamente alla seconda. Per il semplice fatto che se non si risolve la seconda non si risolve nemmeno la prima. Al massimo si può discettare, questuare e implorare.

E quindi potrei anche accettare un discorso del tipo “Per svilupparci in modo sovrano dovremo pagare un prezzo ecologico, ma se non lo facciamo ne pagheremo di sicuro uno molto più pesante”. Non riesco invece a capire la logica di un discorso del tipo:  Sviluppiamoci in modo sovrano, perché tanto la questione ecologica non esiste”.

 

Scienza, scientismo e atteggiamenti antiscientifici

 

E quanto detto sopra, mutatis mutandis, vale anche per la querelle “scienza si, scienza no”.

Io non sono convinto che la questione attuale sia ancora riconducibile a Croce, come in Italia si ripete per una tradizione ormai stanca fin dal dopoguerra. O alla Controriforma. Sono, in realtà, discorsi accademici e mi trovo d’accordo col commentatore che dice che quello di Tullio Regge è un discorso ormai sbiadito. Avendo studiato con Ludovico Geymonat, sai quanti ne ho sentiti di questi discorsi – e articolati assai meglio? Per non dire quanti ne ho sentiti essendo protestante.

Ho girato un bel po’ per il mondo. Sentimenti “antiscientisti” se ne trovano anche dove non si sa chi sia Croce.

Il fatto è che la scienza viene spesso pensata molto intrecciata, per non dire intrinsecamente combinata, col potere e soprattutto col potere economico. Ovverosia è spesso percepita per quello che in effetti è.

Questo intreccio nulla toglie al valore veritativo della ricerca scientifica (anche perché non penso che quelli scientifici siano “pseudo-concetti”). Né ha a che fare con le sue – filtrate e selezionate – ricadute positive. Ma molto ha a che fare con un’altra domanda “popolare”: “Ma ‘sta scienza, da che parte sta?”.

Ripeto, la domanda è legittima e si capisce subito dalla excusatio non petita di Tullio Regge: “La «arroganza degli scienziati» è accusa ingiusta e indiscriminata e pone sotto accusa tutto il mondo scientifico. Il vero scienziato tiene conto degli errori commessi e delle critiche, … “.

E no! Conosco l’ambiente: si farebbero patti con Mefistofele per avere un finanziamento o un riconoscimento; e chi non è scienziato, a volte addirittura chi non è della stessa disciplina scientifica, viene solitamente visto come un inutile demente (arroganza dovuta alla concorrenza per posti in cattedra e per fondi). E questo, paradossalmente, tanto più quanto più uno scienziato è bravo ed appassionato (perché è anche ossessivo-compulsivo, un collezionista di risultati avrebbe detto Freud). E tanto più quanto più lo scienziato è costretto ad uscire dal limbo della sovvenzione statale (come in Italia) e costretto ad accedere al “mercato” (come negli USA).

Potrei raccontare di rinomatissimi scienziati del MIT che illustrando i loro modelli mediante il comportamento di aerei da combattimento, sghignazzavano dicendo: “E’ perché abbiamo avuto i soldi dal Pentagono. Ma non fateci caso, tanto chi se ne frega, ah, ah!”.

Ah, ah! Che ridere! Chi se ne frega da dove vengono i soldi. Ringrazio il cielo che io mi sono prostituito fin da subito a multinazionali d’informatica evitando così la falsa coscienza e, in compenso, imparando a confliggere a muso duro e in quanto rappresentante di me stesso con le direzioni aziendali. Sempre meglio – e più istruttivo – che fare il sepolcro imbiancato, vivere in un limbo statale di incoscienza, o di coscienza tutta rivolta all’esterno (“aver pietà per chi soffre”, come rivendica Regge), mai rivolta al proprio essere sociale. Perché si scoprirebbe che lo scienziato è un tipo particolare d’intellettuale e in quanto tale è partecipe del comportamento che accompagna gli intellettuali fin dai tempi del Rinascimento italiano: vendersi al miglior offerente, indipendentemente dai propri intimi convincimenti. Senza offesa, ovviamente: tra questi c’era gente come Leonardo da Vinci e Michelangelo. E, sempre ovviamente, con le usuali eccezioni.

 

Infine, anch’io vorrei sapere qual’è questo benedetto vantaggio degli OGM per le affamate popolazioni del pianeta. In sé l’idea di OGM non mi scandalizza: da millenni gli uomini hanno addomesticato piante e animali e innestato tra loro specie diverse. Ora lo si fa con tecniche molto più raffinate, scientifiche. Ma se da un lato si sta quindi proseguendo per un cammino millenario, dall’altro proprio quella parola “scientifico” cambia molto le carte in tavola, proprio per i rapporti tra scienza e potere. E allora riformulo la domanda.

Che vantaggio c’è nell’acquistare semi geneticamente modificati che danno piante sterili, così che ad ogni semina devo riapprovvigionarmi a caro prezzo dalla Monsanto o da un’altra multinazionale?

Che vantaggio ho nell’acquistare un gallo che riproduce solo galli sterili (stessa cosa di prima)?

Che vantaggio ho nel seminare prodotti ad alta resa ma solo per l’esportazione (alla faccia della sovranità alimentare)?

Che vantaggio ho nel prendere delle piante OGM che richiedono massicce dosi, a volte crescenti, di pesticidi e/o erbicidi specializzati?

E’ una caso che in meno di dieci anni in India 180.000 contadini si siano suicidati, spesso ingerendo in pubblico per protesta i pesticidi delle multinazionali il cui costo li aveva portati alla rovina?

E si potrebbe continuare a lungo.

 

Tutto ciò ci porta ad un altro tema molto complesso: quello dell’interazione tra la “questione sociale” e le strategie di fase. Bisognerà riprenderlo.

Per ora rammento che, a mia conoscenza, List aveva un obiettivo ben preciso: sviluppare capitalisticamente la Germania evitando però che essa pagasse pegno e servitudo al predominante capitalismo inglese. Da qui la sua analisi “di fase”. A quanto mi risulta, non si poneva però nemmeno idealmente il problema del superamento del capitalismo (ma solo una vaga idea di  confederazione spontanea di potenze complementari, se non erro).

Se invece noi ce lo poniamo, allora dobbiamo chiederci: mentre il treno blindato tedesco prosegue la sua trentennale corsa verso la “Russia”, le classi, i ceti, le formazioni sociali anticapitalistiche in atto o in potenza, devono solo stare a spalare carbone nella caldaia o possono fare anche altro? In che condizioni, oggettive e soggettive, arriveranno alla fine del viaggio? Non sono fatti nostri, o sì?

 

P. Pagliani

 

 

 Risposta di giellegi

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Quando avrò tempo – perché adesso sono veramente pieno di lavoro e preferisco dedicare le mie energie a saggi teorici o a quelli più "congiunturali" nel blog – cercherò di chiarire meglio le varie cose in merito a questa faccenda. Comunque, a me non sembra proprio sbiadito l’articolo di Regge (a parte la questione di Galileo che avrei lasciato da parte); ha i limiti della costrizione nello spazio ristretto che i giornali ti lasciano. Tieni poi presente che su quello on line era riportato in evidenza solo quello di Zichichi e non quello di Regge; e che il Battaglia (al di là di ogni discussione sul suo valore) non compare più da tempo in quel giornale [ieri il Giornale è tornato a pubblicare Battaglia con un pezzo che consiglio di leggere, G.P.], mentre De Benoist, nell’ultimo mese (da quando del resto ha iniziato la collaborazione), ne ha fatti tre più quell’editoriale. La questione della scienza non sarà più posta in questo paese in termini proprio crociani, ma l’incultura scientifica è certificata in Italia da recenti statistiche che ho letto anche se non conservato (forse faccio male, ma sono pieno di carta a mucchi). La matematica è negletta, le Facoltà scientifiche quasi pure. Sono andato a conferenze (contro gli Ogm) di Capanna o di Galimberti contro la Tecnica: sette-ottocento persone nel mio modesto paesello e domande e commenti del pubblico da raccappricciare. Quindi, resto favorevole ad una campagna per la scienza, che sarà sempre subordinata a interessi (così come l’antiscienza). Non si fa ricerca senza finanziamenti. Ulteriore problema: per il momento – la fase appunto – non mi sembra che si possa porre all’ordine del giorno la trasformazione del capitalismo. Intanto, è tutto un capitalismo o si dovrebbe comprendere meglio com’è articolata la formazione mondiale? Poi: con che cosa si pensa eventualmente di sostituirlo? Prima di tutto, è necessario rivedere proprio le grandi categorie di analisi della moderna società e delle sue dinamiche. Nel frattempo, seguiamo questo aprirsi (di fase appunto) delle contraddizioni fra paesi; pensa che solo due anni fa ancora si ripetevano le fesserie sulla fine degli Stati nazionali, che oggi sono per fortuna "stracciate". Ancora: negli anni ’70 si era diffusa la tesi della glaciazione imminente, che adesso sta tornando presso alcuni catastrofisti. Negli ultimi vent’anni è stata però più di moda quella del surriscaldamento della Terra (di 4 gradi in un secolo come affermava quello scriteriato di Pecoraro Scanio), mentre si sciolgono i ghiacci artici, ma crescono quelli antartici (e nessuno ha negato tale fatto). Insomma, sto andando qui a ruota libera perché corro in fretta. Ritengo comunque che il problema dell’ambiente si possa magari porre (con serietà), ma si pone forse in modo più urgente quello dei cialtroni ambientalisti e quello della diffusione di una mentalità antiscientifica da parte di settori ben individuati (che sono finanziati dai dominanti, non è una tesi complottista). Del resto proprio i commenti che vedo nel nostro blog sono un attacco alla scienza e alla tecnica tout court, e si rimpiangono tempi andati (che rimpiango pure io per altri motivi, e ne faccio una questione solo personale non della società). No, credo proprio che per il momento insisterò nel dirmi favorevole ad una battaglia culturale favorevole al progresso scientifico-tecnico. Poi, spiegherò meglio la faccenda.