CARTA STRACCIA IN TRE ATTI

di A. Berlendis

Sinistramente il leader degli arcobaleni si è accodato al coro secondo cui il gesto di Berlusconi di stracciare il programma del PD era violento. In effetti è solo l’estetismo politico che contraddistingue il ceto politico  e la sua base sociale, che consente loro di non vedere come la forma del gesto di Berlusconi sia uguale al modo in cui questi sinistri hanno stracciato nel contenuto il  loro programma durante la loro permanenza nel governo Prodi.

 

1. In questi ultimi due anni abbiamo assistito, relativamente ai programmi, una farsa ad in tre atti.

Durante il primo atto—primavera 2006— le quattro formazioni oggi coalizzate nella sinistra arcobaleno si riconoscevano nel programma elettorale del centrosinistra che conteneva obiettivi che chiameremo per comodità, di tipo A, che vanno in una determinata direzione, ed obiettivi che chiameremo di tipo B che vanno nella direzione opposta : il programma era quindi  un contenitore la cui funzione era connaturata alla forma del partito ‘pigliatutto’. Conseguentemente non si enucleavano le priorità, né emergevano le contraddittorietà tra diversi punti, né tra obiettivi rispetto allo stesso punto.

Ad esempio : a pag 164 del Programma dell’Unione si sosteneva che l’“obiettivo generale imprescindibile delle nostre politiche economiche e sociali è costituito dalla difesa del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni” (obiettivo di Tipo A) ma anche a pag 209 dal rispetto delle “compatibilità finanziarie”  (obiettivo di tipo B)

A pag 102 si riteneva riferendosi all’Iraq “l’occupazione un grave errore” (obiettivo di Tipo A)   ma anche si prevedevano  “azioni concrete per sostenere la transizione democratica” (obiettivo di tipo B)….

 

Durante il secondo atto—febbraio 2007—, dopo la crisi  le stesse formazioni oggi riunite nella Sinistra arcobaleno concordano (con l’oggi PD) i “Dodici punti non negoziabili. Approvati in poco più di un’ora da tutti i leader del centrosinistra riuniti con Prodi a Palazzo Chigi. C’è la politica estera con la missione in Afghanistan e la fedeltà alla Ue e alla Nato; … c’è la Tav; ci sono il riordino del sistema pensionistico e il rilancio di una politica della famiglia.  Manca quasi completamente un riferimento a politiche sociali e del lavoro” www.repubblica.it (22 febbraio 2007)

La scomparsa degli obiettivi di tipo A ( la—falsa— timida critica alla strategia egemonica USA, la sbandierata difesa delle condizioni di vita dei lavoratori…)  ha rivelato quali erano i veri obiettivi  che contavano e quali invece erano gli associati obiettivi di copertura ideologica : ha reso manifesto la natura sociale del governo di centrosinistra.

 

Durante il terzo atto—febbraio 2008— la costituitasi Sinistra arcobaleno ripropone  i precedenti obiettivi di tipo A, a  cui aveva rinunciato pur di rimanere al governo appena un anno prima, allo scopo di difendere la sua quota di mercato elettorale, con annessi sottoprodotti derivati dall’acquisizione di posizioni .

Ed ecco rispuntare nel programma ,la difesa dei salari e delle pensioni,la critica alle missioni militari,l’opposizione alla TAV, ecc.

 

2. Una prima ragione di questa apparente schizofrenia  è dato dal fatto che il programma elettorale della sinistra arcobaleno risponde a  due necessità :

 

  • da un lato rappresenta uno strumento ideologico con cui il ceto politico di sinistra, impegnato nella competizione per non perdere le proprie quote di potere, tenta di  mantenere legate a sé strati sociali sbriciolati ed eterogenei che costituiscono la sua (risicata, ma al momento ancora persistente) base sociale;
  • dall’altra essa fornisce a quegli stessi strati sociali sbriciolati ed eterogenei  una possibilità di identificazione e di riconoscimento , al di là di ogni sua efficacia politica dentro una fase e al di là di ogni suo o meno effettivo perseguimento.

 

Gli obiettivi diventano entità da evocare,non da perseguire effettivamente, svolgendo una funzione di mantenimento della coesione  attorno ad essi.

E’ perfettamente inutile rimproverare—come fanno coloro che si sono spostati alla sua sinistra— l’incoerenza tra i programmi enunciati e la pratica politica perseguita, dal momento che la funzione dei programmi è proprio quella di venir enunciati per contribuire al mantenimento della coesione , ed è proprio questa l’unica funzione  che sono chiamati ad assolvere.

E’ proprio l’eterogeneità e la volatilità di questi esili strati sociali che costituiscono il referente residuo per la sinistra arcobaleno a consentire questi salti logici acrobatici. Gli interessi di questa base sociale sono convergenti in un punto con gli interessi dei loro rappresentanti istituzionali : la dipendenza dallo Stato, per ciò che esso può dare, cioè leggi e denaro.

 

3. La critica  quindi non deve riguardare tanto il mancato perseguimento di quel programma con più coerenza. In realtà ai sinistri dell’arcobaleno si deve  obiettare  proprio la natura sociale di quegli obiettivi. Si potrebbe cominciare da  quanto  ha scritto a suo tempo  il sociologo di sinistra Luca Ricolfi segnalando che “da qualche mese nel lessico della politica italiana è entrata una nuova espressione : sinistra  radicale. […] Se si ricorre ad una nuova espressione è anche perché nessuna delle forze politiche etichettate come radicali, neppure i due partiti comunisti, può oggi ragionevolmente essere accusata di estremismo o massimalismo. Estremisti e massimalisti erano i partiti che combattevano per cambiare il sistema sociale in modo profondo e definitivo….

Invece Bertinotti ha chiarito una volta per tutte che di ‘abolizione della proprietà privata’ si potrà parlare,eventualmente, fra qualche secolo. Nessun leader della cosiddetta sinistra radicale chiede più di uscire dalla NATO. Nessuno chiede aumenti salariali superiori all’inflazione. … Nessuno chiede di nazionalizzare le industrie di interesse strategico. […] Insomma, anche i vecchi partiti ‘estremisti’ sono diventati moderati, molto moderati.

Allora perché parlare di sinistra ‘radicale’ ? […]  credo che faremmo un miglior servizio alla chiarezza e alla verità se smettessimo di usare l’aggettivo radicale. Nel linguaggio della politica, la parola radicale evoca una volontà di cambiamento di riforme profonde, di interventi incisivi. Proprio il contrario di ciò che la sinistra radicale sembra oggi in grado di volere.” Ricolfi L’arte del non governo. Da Prodi a Berlusconi e ritorno. Longanesi editore 2007 pg 116-117

Va precisato che la radicalità a cui si riferisce Ricolfi, è una radicalità riferita ad obiettivi della precedente fase storica, e  che (eventuali) nuovi agenti strategici anticapitalistici dovranno a loro volta rimettere in radicale discussione, alla luce del bilancio storico e delle profonde innovazioni teoriche (come quelle proposte da Gianfranco La Grassa) derivanti dall’esperienza storica del comunismo novecentesco.

 

4. Una spiegazione plausibile  circa la natura sociale e la funzione degli obiettivi enunciati sta nell’essere divenuti questi partiti apparati di Stato, nel senso che sono organismi di inclusione di strati e segmenti sociali, tramite l’impiego delle tipiche risorse statali

Dopo la fine del PCI , un primo  troncone, maggioritario ( PDSàDSàPD ) si è indirizzato verso la forma del partito elettorale di massa con l’obiettivo immediato di andare al governo in sostituzione del ceto politico DC-PSI messo fuori causa dall’operazione giudiziaria di Mani Pulite. L’altro troncone, minoritario, (PRC) ha  riproposto, in condizioni storiche profondamente mutate, la forma del partito di integrazione  di massa  , con le sue funzioni di direzione politica, elaborazione teorica, luogo di costruzione di un’identità collettiva, di rappresentanza istituzionale. In realtà stava costruendo anch’esso, ma con la falsa coscienza  di stare attuando niente di meno che la ‘rifondazione del comunismo’, un partito elettorale di massa di sinistra, con ‘masse’ sempre più esigue.

Nel breve periodo questa (auto)illusione si è consumata e sono emersi con evidenza i caratteri del partito elettorale, cioè di un partito in cui il momento elettorale diventa non più solo decisivo (come per il partito di integrazione  di massa ), ma esclusivo , a scapito della capacità di leggere il modificarsi delle fratture sociali ,della capacità di organizzare i dominati nelle mutate configurazioni del conflitto sociale , della capacità di produrre una  socializzazione politica autonoma. Conseguentemente diventa prioritaria la funzione di rappresentanza istituzionale, che subordina a sé, e quindi svuota, le altre funzioni. Il ruolo dei parlamentari e degli amministratori diventa quindi decisivo rispetto a quello dei funzionari di partito. Si realizza così uno spostamento del baricentro dell’attività del partito dal conflitto sociale  agli apparati di Stato, in primo luogo per la partecipazione al governo.

Al declino dell’ apparato del partito di massa , fondato sul rapporto tra funzionari e militanti, è  seguita quindi la crescita  del partito elettorale di massa che ha la sua fonte principale di legittimazione e di retribuzione nella competizione elettorale, e nelle posizioni organizzative (parlamentari, di governo e sottogoverno—centrale e locale—e negli enti pubblici,cioè controllati dallo Stato) ad esso direttamente collegate.

Entrando, anche se con una collocazione ampiamente subordinata, sempre più nello Stato con la partecipazione alle coalizioni governative, il PRC  ha ottenuto dallo Stato risorse (finanziamenti, accesso ai media, strutture, personale  direttamente e indirettamente pagato dalle istituzioni, posti negli enti  controllati dallo Stato, ecc) che ha potuto investire nelle competizione politica. Questo ha comportato il suo trasformarsi in un’agenzia statale di finanziamento, di collocamento, di risarcimento simbolico per i propri membri e per i propri referenti sociali; a sua volta questi referenti sociali hanno imparato a comportarsi come un gruppo di pressione che ricerca incentivi materiali—nella misura in cui sono ottenibili, dati i vincoli accettati — ed incentivi simbolici, che possono temporaneamente surrogare i primi. Per il partito elettorale di massa di sinistra (in ogni sua sfumatura) , le ‘masse’ sono come nel titolo del libro di Kracauer  : ‘Le masse come ornamento’ …E se le masse diventano un ornamento, i programmi non possono che diventare un utile decorazione manipolabile.

 

5. Il problema di fondo però, per chi si colloca nella prospettiva del come si dovrebbero porsi ipotetici agenti strategici anticapitalistici è ,come prima e minima mossa iniziale “riformulare in termini di ‘distanza’ il problema del rapporto fra politica e Stato. Distanza significa che la pratica politica non deve essere più orientata o dettata dalle scadenze fissate dallo Stato. Ad esempio quando convoca le elezioni, quando interviene nei conflitti, quando dichiara una guerra o quando annuncia misure dettate dalla crisi economica.

Mi sembra priva di interesse, ad esempio, la partecipazione alle scadenze elettorali, il cui solo effetto è di mortificare la politica. Nessuna delle questioni fondamentali verrà modificata in questo quadro.

Distanza significa che le decisioni devono essere prese in piena autonomia rispetto a ciò che i  governi, i media,l’economia—lo Stato in senso molto ampio, quindi—ritengono importanti e che decidono di imporre nell’agenda politica.  (Badiou Il manifesto 11-02-2007)

A chi si ritrae inorridito da questa prospettiva penso si debba rispondere come Lenin rispose a coloro che non volevano rompere con la sinistra di quell’epoca, anche   dopo l’appoggio dei partiti socialisti ai propri governi nel  primo conflitto imperialistico mondiale, per continuare “come se non fosse accaduto nulla di grave, come se ci fosse stato un leggero errore accidentale;…accomodare la vecchia risoluzione, come se non fosse avvenuta una divisione profonda di principio !!!

[…] Sappiamo che c’è una gran quantità di gente che vorrebbe seguire appunto questa via e limitarsi a qualche frase di sinistra. Noi non siamo sulla stessa via. Ci siamo messi e proseguiremo su un’altra via…”  Lenin ‘Il fallimento della  II Internazionale’.

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 A PROPOSITO DELL’INTERVISTA DI PREVE SUL MARXISMO di Andrea Berlendis

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Intervengo brevemente sulla intervista di Preve,sulla filosofia ,sul nome del blog :

1. Rispondendo all’ottava domanda dell’intervista Preve ribadisce un’obiezione già sostenuta in altre circostanze secondo cui  La Grassa  disprezzerebbe la filosofia e conclude : “Ma già Lenin scrisse che in generale chi disprezza la filosofia e ritiene di poterne fare a meno è in realtà schiavo di una cattiva filosofia.”

In una delle noterelle che GLG mi ha inviato si sostiene che Preve ignora Marx (sull’ipotesi di estinzione dello Stato) e non conosce Lenin.

Ahimè la frase di cui sopra sembrerebbe dar  ragione a GLG, perché non Lenin sostenne l’argomentazione di cui sopra, ma Engels :

Gli scienziati credono di liberarsi della filosofia ignorandola o insultandola. Ma poiché senza pensiero non vanno avanti e per pensare hanno bisogno di determinazioni di pensiero e accolgono però queste categorie, senza accorgersene, dal senso comune delle così dette persone colte dominato dai residui di una filosofia da gran tempo tramontata, o da quel po’ di filosofia che hanno ascoltato obbligatoriamente all’Università …, o dalla lettura acritica e asistematica di scritti filosofici di ogni specie, non sono meno schiavi della filosofia, ma lo sono il più delle volte purtroppo della peggiore; e quelli che insultano di più la filosofia sono schiavi proprio dei peggiori residui volgarizzati della peggiore filosofia…” .  Engels ‘Dialettica della natura’

2. Personalmente non credo che il punto sia se disprezzare o meno la filosofia, dato che ogni posizione scientifica ne veicola e consente un determinato ventaglio  e ne ostacola altre : semplicemente la forma filosofica del discorso di GLG non è quella di Preve né tantomeno quella che Preve forse vorrebbe.

Come al Lenin di  ‘Materialismo ed empiriocriticismo’ si possono effettuare obiezioni e critiche circa la sua comprensione circa il relativismo soggettivistico di Mach, ma sul punto riguardante il tipo di ricaduta politica di certe posizioni filosofiche credo che Lenin avesse sostanzialmente ragione. Analogamente ritrovandomi  nelle coordinate teorico-politiche tracciate nel corso dei suoi lavori da  GLG , non ritengo né produttivo né prioritario lo sviluppo della prospettiva indicata da Preve rispetto alle mie esigenze analitiche—che riguardano la teoria dello Stato.

3. A proposito della filosofia il vituperato, da Preve , Althusser scriveva  “La filosofia enuncia delle Tesi, che concernono effettivamente la maggior parte dei punti sensibili dei problemi cosiddetti ‘di totalità’. Ma siccome la filosofia non è scienza, né la scienza del Tutto, non dà alcuna soluzione a questi problemi. Essa, tuttavia, interviene in tutt’altro modo : enunciando delle Tesi che contribuiscono ad aprire la strada per una giusta posizione di questi stessi problemi.” Filosofia e filosofia spontanea degli scienziati De Donato pg 24

La domanda diventa per me : le attuali tesi di Preve ,in particolare quella sull’utopismo marxiano circa l’estinzione dello Stato, contribuiscono o no ad aprire la strada per la predisposizione di una teoria dello Stato fuori dal raggio dell’ideologia dominante ? Secondo me no (ma questo lo vorrei argomentare in uno scritto a sé).

4. Il nome del blog risente inevitabilmente della tradizione  : la capacità di re-interrogare radicalmente i propri presupposti lo ritengo specifico della pratica scientifica, mentre l’esaurire l’attività conoscitiva nella esclusiva ripetizione , nella esclusiva verifica di corrispondenza  al testo risponde ad un bisogno, sì legittimo, ma  che assume una natura religiosa. Gli oltrepassamenti di Marx (perché di Lenin si è preferita la rimozione) proposti, sono apparsi come ricadute pre-marxiane, e le attestazioni di analfabetismo constatabili ad ogni piè sospinto impongono sì cautela, ma deve prevalere l’esigenza di vera e profonda innovazione.

Inoltre usando  un termine orrendo,la soggettivazione di una teoria penso sia di forte ostacolo (non solo epistemologico) al procedere della ricerca : non credo sia casuale che non esista nella fisica un ripensaregalileo o nella psicologia sociale un ripensarelewin …