CHE COS'E' UN GRUPPO DI LAVORO di G. La Grassa

C’è stato un lettore del blog, evidentemente ubriaco o quanto meno assai “allegro”, che ci ha definito nazi-maoisti. Non credo valga la pena di prendere in considerazione individui simili che, in altri tempi, si sarebbero definiti “scappati dal manicomio”. Vi sono altri che invece sono più ragionevoli, ma ho l’impressione non tengano conto di che cosa significhi, e comporti, mettere in piedi un gruppo di lavoro intenzionato a seguire determinate direttrici di ricerca e di elaborazione teorica, con certe ricadute politiche.

Sul blog scrivono in pochi, ma alcuni altri partecipano comunque attivamente alle discussioni. Possiamo dividerci in due sottogruppi: uno è costituito da amici di lunga data, che hanno seguito negli anni un iter teorico-politico molto simile e comune; l’altro si è formato a partire dalla creazione del blog poco meno di tre anni fa. E va specificato che sono due giovani amici di questo secondo sottogruppo ad averlo lanciato (e ad avermi avvicinato proponendo la collaborazione a me e, di conseguenza, agli altri del primo sottogruppo).

Quando ci si avvicina e riunisce con finalità di elaborazione teorica – soprattutto se non semplicemente ultraculturale e avulsa dalla politica – si sviluppano senza dubbio discussioni e si manifestano perplessità reciproche, ma lungo un alveo ben delimitato e delineato. La ricerca, che non sia un semplice andare a tentoni (ma allora non è affatto una ricerca), non si porta avanti con lo stile dei dibattiti nelle aule parlamentari dove c’è, come minimo, una maggioranza ed una opposizione; oppure, come in Italia, una marea di partiti e partitini, tutti spesso divisi su un numero infinito di questioni, cosicché si paralizzano a vicenda e combinano assai poco. Le obiezioni che noi accettiamo sono dunque quelle che si inseriscono entro un fascio di direttrici minimamente coeso e parallelo o quasi al nostro. Molte, anzi la maggior parte, non sono affatto obiezioni, ma semplicemente tesi e mete esattamente opposte alle nostre, quelle che noi combattiamo e in contrasto con le quali andiamo sviluppando la nostra ricerca.

Le prendiamo in considerazione, se hanno un minimo di intelligenza (certamente a nostro giudizio), per criticarle e contrastarle; non però disperdendoci in mille rivoli e inseguendo ogni osservazione, più o meno congrua e sensata che ci venga rivolta, bensì nel corso delle nostre elaborazioni e discussioni, che non a caso sono sovente polemiche. Qualcuno mi sembra capire poco di ricerca teorica e dunque crede che il blog debba diventare un contenitore delle più disparate tesi. Evidentemente, si è convinti che questo sia il “democratico” confronto di idee; mentre è invece soltanto paralisi e caos, non a caso cercato soprattutto da chi, non sapendo gran che pensare, vuole impedire agli altri di ragionare secondo linee coerenti (pur ipotetiche) e in cerca di affinamento. Quando uno almeno tenta di affilare una lama, non la sbatte a casaccio e secondo tutte le possibili angolazioni sulla pietra su cui la sta affilando, ma segue ben precise procedure; altrimenti ottiene il risultato esattamente contrario. C’è chi è più interessato a creare dei blog-contenitore (poi però si vede bene come pubblica o scarta gli articoli, pur facendo finta di essere aperto in tutte le direzioni; e tralascio di citare per nome questi blog o siti). Noi comunque abbiamo effettuato una scelta diversa; ci siamo costituiti in gruppo di discussione ed elaborazione secondo date direttrici, che ormai dovrebbero risultare abbastanza chiare al lettore (in ogni caso, le renderemo sempre più chiare).

Non starò qui ad esporre in modo esteso queste linee di ricerca. Ricordo solo alcuni punti salienti. Siamo tutti partiti da Marx. Altri scelgono, che so, Keynes oppure Schumpeter o invece Max Weber o Parsons o mille altri. Noi siamo partiti da Marx. Nel contempo, siamo convinti che il marxismo seguito in tutto il ‘900 è stata una teoria in definitiva “fondata” da Kautsky. Non riteniamo che ci sia stato un completo tradimento del pensiero di Marx; certamente però una sua notevole “torsione” che l’ha impoverito. Soprattutto, crediamo si siano affermate, in particolare nel XX secolo, due gravi deformazioni di questo marxismo: l’economicismo e l’umanismo. Quale delle due sia peggiore (a nostro giudizio) non è in fondo decidibile, perché si tratta in ogni caso di deformazioni che si sono andate via via aggravando fino a ridurre il marxismo a quella “poca cosa” che è oggi. E non ci si illuda con la cosiddetta “Marx renaissance” che, del resto, è ormai finita dopo 2-3 anni di chiacchiere insulse.

Noi ripartiamo da capo, nel tentativo di uscire da Marx. E si prega di capire bene questo uscire da, perché non è affatto un mero abbandono, un’abiura, un rinnegamento. Ricordo un ottimo passo di Weber che ho già citato nel mio scritto sulla Prefazione del ’59 (vedi sito):

“ognuno di noi sa che, nella scienza, il proprio lavoro dopo dieci, venti, cinquanta anni è invecchiato. E’ questo il destino, o meglio è questo il significato del lavoro scientifico, il quale, rispetto a tutti gli altri elementi della cultura di cui si può dire la stessa cosa, è ad esso assoggettato e affidato in senso assolutamente specifico: ogni lavoro scientifico ‘compiuto’ comporta nuovi ‘problemi’ e vuol invecchiare ed essere ‘superato’. A ciò deve rassegnarsi chiunque voglia servire la scienza […..] essere superati sul piano scientifico è – giova ripeterlo – non solo il nostro destino, di noi tutti, ma anche il nostro scopo. Non possiamo lavorare senza sperare che altri si spingano più avanti di noi. In linea di principio, questo progresso tende all’infinito”.

Ebbene, noi usciamo da Marx in quanto lo consideriamo uno scienziato, non un utopista che aspirava al comunismo per puro idealismo o esigenze etiche, ecc. come pensano i filosofi dell’umanesimo. E, in quanto scienziato, deve essere sottoposto, dopo un secolo e mezzo, alla critica e al tentativo di superamento. C’è l’esigenza improrogabile di uscire dalla sua teoria nei termini specifici in cui egli l’aveva elaborata; ma è da quella porta che intendiamo uscire, è quella teoria che sottoponiamo a critica, a volte anche serrata e senza timori reverenziali. Chi solleva scandalo per questo, è solo uno sclerotico dogmatico, che con la scienza non ha nulla a che vedere; continui pure a credere che il marxismo sia una religione con la sua Chiesa e il suo Primo Profeta con i vari seguaci. Noi siamo invece convinti del marxismo come scienza, e di grande rilevanza; e dunque, a differenza degli zombi pseudomarxisti odierni, ci scandalizziamo del fatto che sia stata ossificata e mummificata per così tanto tempo.

Detto questo, non riteniamo affatto di aver trovato – uscendo (quindi a partire) da Marx – una nuova teoria soddisfacente e pronta a usi rivoluzionari, in grado di assumere la guida di chissà quali sommovimenti planetari. Riteniamo di vivere in un’epoca di grande mediocrità intellettuale; poiché ci siamo formati nel e con il marxismo, non nutriamo la cervellotica idea che sorgano all’improvviso alcuni “geni” capaci di imprimere una svolta radicale a questo melmoso appiattimento. Siamo solo convinti di essere un po’ meno mediocri di altri, di quelli che i dominanti nutrono e incensano ben bene perché “predicano” usando toni ultra-radicali e catastrofisti del tutto consoni al pieno mantenimento del loro predominio, paralizzando e neutralizzando possibili critiche razionali e, appunto, scientifiche. Sappiamo tuttavia di non essere geni, anzi molto al di sotto di questo livello; e facciamo tanta fatica a ripensare qualcosa di decente dopo tanti anni di insabbiamento e degrado culturale e teorico. Ci proviamo però, non accettiamo di restare al livello degli zombi.

 

Quindi adesso basta veramente con i residui della putrefazione di qualcosa che fu grandioso e propulsivo, ma tanto tempo fa. Accanto alla rielaborazione di (e uscita da) Marx, è pure indispensabile ripensare i termini della trasformazione sociale in questa fase storica. Abbiamo una precisa sensazione: un’epoca è finita (o sta finendo), ma si stenta ad entrare in un’altra. Politicamente, soprattutto in Italia (e noi viviamo, pensiamo e agiamo in questo paese), siamo ancora invischiati in vecchie e marce opposizioni: comunismo e anticomunismo, fascismo e antifascismo, destra e sinistra, e un mare di altre insulsaggini. Anche da tutto questo intendiamo uscire. A coloro che ripropongono l’antifascismo, il comunismo (fra l’altro, quello dei semplici “fraticelli scalzi”), rispondiamo che non li consideriamo diversi dai fascisti e dagli anticomunisti; anzi, con la loro sclerosi politica, alimentano correnti che protraggono la supremazia delle peggiori frazioni dei dominanti capitalistici.

Per questo, li contrastiamo e critichiamo; oltre a ritenerli sommamente pericolosi per le reazioni che potrebbero provocare. A nostro avviso, sono irresponsabili e ormai incapaci di intendere; sono fuori della realtà, stanno “sognando le fate”. Questa la nostra convinzione e quindi decisione di non avere più nulla a che fare con loro, a meno che qualcuno non dimostri di aver appreso le pesanti lezioni che si susseguono ormai da decenni. E se non apprendono in fretta, ci convinceremo che sono proprio pagati dai peggiori fra i dominanti; la buona fede si può supporre per qualche tempo, non dopo quasi mezzo secolo. Tanto più che la Classe li ha abbandonati; gli operai – che in realtà siamo noi ad apprezzare per il loro sostanziale buon senso – stanno in stragrande maggioranza, salvo i vecchi pensionati (e ormai una minoranza anche di quelli), da tutt’altra parte. Gli irresponsabili “testimoni di Geova” non accettano però il verdetto e perseverano. E allora o sono proprio dementi oppure venduti; in ogni caso, si sono trasformati in puri agenti provocatori del tipo di quelli aspramente criticati da Gramsci perché facilitavano il compito dei fascisti negli anni venti. Sono “piccolo-borghesi” smaniosi di un po’ di potere, quello remunerato con “trenta denari”.

 

Fra un po’ verrà inserito nel blog uno scritto (Chiave di lettura e problemi aperti) che ho steso io con lo specifico compito di rendere più facile la comprensione dei due saggi su La prefazione del ’59 e Il denaro in Marx, già inseriti nel nostro sito. In realtà, però, cerca di far comprendere almeno una parte delle linee di ricerca che sono comuni a tutti noi. Non a caso, il testo è stato finito per l’essenziale circa un mese fa (come del resto sono stati redatti ben prima del loro inserimento nel sito i due scritti sopra citati); è stato discusso almeno fra cinque-sei di noi, e ne ho poi riformulato una parte.

Saremmo tutti contenti se qualcuno volesse avvicinarsi e aiutarci nella ricerca in atto. Non accettiamo però di essere distratti da vecchie impostazioni ancora economicistiche o umanistiche; “lasciamoci così senza rancor”, recitava una vecchia canzone di quelle “slanguorose” dell’Italietta d’un tempo. Ovviamente mi rendo conto che, poiché non attenueremo le nostre critiche alle suddette impostazioni, per noi autentiche degenerazioni di un pensiero che vorrebbe essere critico, non sarà facile evitare le polemiche, talvolta con qualche fraintendimento. Comunque, mi auguro di avere almeno in parte chiarito la questione.

Qui sotto indico l’indice del libro in costruzione, di cui i testi poco sopra citati sono i primi “due passi”, e la Chiave di lettura (domani inserita nel blog) una sorta di introduzione.

 

DUE PASSI IN MARX E DUE DI LATO

 

 

Primo Passo. La Prefazione del 1859: determinismo ed economicismo?

 

Secondo Passo. Il denaro in Marx

 

Terzo passo. La distruzione creatrice

 

Quarto Passo. Squilibrio e sviluppo ineguale