CHIACCHIERE DA GIUSLAVORISTI di M. Tozzato

fantozzi+primo[1]

 

Nella conferenza stampa di fine anno il presidente del Consiglio ha proposto un “nuovo patto” per salari e tasse. Il Sole 24ore scrive in proposito:<<Un grande patto a tre – lavoratori, imprese e Governo – su salari e tasse: è questa la carta che Romano Prodi gioca per compattare la maggioranza, riconquistare consensi popolari e restare in sella.>> Il tutto naturalmente in perfetto accordo con la sceneggiata dei fintocomunisti che si apprestano a “consultare” la “base” del loro partito riguardo alla scelta di continuare ad appoggiare  il “malgoverno” prodiano. Prodi ha chiarito che gli eventuali sgravi fiscali richiedono una precondizione:<< L’accordo tra imprese e sindacati deve far fare un salto di qualità su aumento della produttività, mobilità e organizzazione del lavoro. Se non c’è questo patto non si fa niente.>> Il premier propone di portare avanti <<una riforma della contrattazione che dia più spazio al livello aziendale o territoriale>> promettendo in cambio  <<una diminuzione delle tasse per i lavoratori con salari medio bassi>>. Si tratta non dei salari che potremmo chiamare” di sussistenza” ma proprio di quelli “da fame” come ben si comprende e si sa.

Dopo i vergognosi provvedimenti riproposti nel decreto “milleproroghe” Prodi, volendo forse fare dell’ironia risultata però di pessimo gusto, ha affermato che <<per le imprese non ci sono nuovi sgravi perché “hanno già avuto molto e ora bisogna pensare alla domanda interna”>>. Rimandiamo volentieri per i dettagli al recente articolo di Petrosillo sulla “rottamazione” e altro.

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Sempre riguardo al tema del lavoro interviene ancora “l’inevitabile” Pietro Ichino in un editoriale sul Corriere del 30.12.07. All’inizio dell’articolo il professore descrive in maniera del tutto corretta e realistica l’attuale situazione e il fallimento politico completo della SRG (sinistra radicale governativa). Nel primo anno e mezzo del governo Prodi <<la politica del lavoro è il capitolo che ha lasciato più profondamente insoddisfatta l’ala sinistra della maggioranza. Sconfitta, con l’accordo del luglio scorso fra governo, sindacati e imprenditori, in quella che essa stessa aveva proclamato come la”madre di tutte le battaglie”, cioè l’abrogazione della legge Biagi, la sinistra radicale si scopre incapace di spiegarne ai propri elettori il perché. E quel che è peggio, si scopre priva, nel quadro politico attuale, di una strategia credibile da offrire loro in cambio.>> E d’altra parte  Ichino critica duramente soprattutto il Pd perché, anche questa parte politica, ha in parte <<demonizzato la legge Biagi>> impedendo la valorizzazione di <<alcuni contenuti preziosi per la costruzione di un modello di sicurezza dei lavoratori conciliabile con la flessibilità del lavoro (si pensi allo staff leasing, che invece è stato stolidamente abolito); l’aver dichiarato sacra e intoccabile la disciplina dei licenziamenti, il famoso articolo 18, rende ora molto problematico affrontare in modo credibile e incisivo la questione del dualismo del nostro mercato del lavoro, del muro dell’apharteid che divide gli insider inamovibili dagli outsider precari e maltrattati.>> E’ da tempo che l’esimio professore insiste su quest’ultimo punto, anche se forse si rende conto anche lui che per quelli a cui è rimasto un minimo di sale in zucca non risulta difficile capire che il vero obiettivo è “abolire” gli insider privilegiati  (“privilegiati” anche con uno stipendio di  900 euro e figli a carico ?) riducendo tutti nella condizione di “outsider precari e maltrattati”. Per quanto riguarda lo staff leasing, che pare sia stato per fortuna abolito, è forse necessaria qualche precisazione. Il significato della locuzione in lingua italiana è quello di  “contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato”; la somministrazione di lavoro, così intesa secondo la legge Biagi, corrisponde a una <<fornitura professionale di manodopera, a tempo indeterminato o determinato>> e <<può essere concluso da ogni soggetto, di seguito denominato utilizzatore, che si rivolga ad altro soggetto, di seguito denominato somministratore, a ciò autorizzato (Agenzia per il lavoro. N.D.R.).>> Ora se mi è permessa una considerazione mi pare che qualsiasi persona “comune”, come il sottoscritto, ( con buona pace dei giuslavoristi) possa avere l’impressione che un contratto di lavoro “in affitto” che sia  contemporaneamente  “a tempo indeterminato” abbia una consistenza logica “fantozziana”, ovvero sia da considerare una specie di “boiata pazzesca”.

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Più elaborato e ragionato e con alcune osservazioni di taglio teorico è invece l’articolo, apparso sul Sole24 ore del 28.12.07, scritto dall’altro Ichino, Andrea. Egli inizia con una dotta disquisizione sul rapporto tra salario e merito tirando in ballo categorie marxiane e altro ancora: <<Per la sinistra tradizionale, merito e salario non possono essere in alcun modo collegati perché il salario non è il prezzo del “lavoro” effettivamente erogato, ma della “forza lavoro” intesa come astratta capacità umana, uguale per tutti, di erogare energie fisiche e mentali. […] Retribuire in base al merito è in realtà un modo per accollare  ai lavoratori il rischio di impresa che a loro non deve competere. […] Così facendo , si ottiene anche  il risultato di migliorare l’efficienza delle imprese perché un trattamento retributivo uniforme e indipendente dal risultato costringe quelle meno produttive a rinnovarsi. Ossia, se il salario contrattato non è compatibile con profitti positivi non è colpa delle pretese dei lavoratori ma del “padronato nullafacente” che non sa gestire e sviluppare tecnologicamente le imprese.>> Saremo costretti, per fare un po’ di chiarezza, a ripetere adesso alcune nozioni che dovrebbero essere ben conosciute. La forza produttiva del lavoro è considerata, da Marx, nei termini di quanto viene incrementato (o diminuito) il prodotto quando ad una eguale erogazione di lavoro umano venga “applicata” una determinata organizzazione del lavoro e un determinato livello tecnologico degli strumenti di produzione, migliore o peggiore, di quelli precedentemente in uso. L’intensità e la densità del lavoro, invece, incrementabili ad esempio con “l’aumento dei ritmi” e “il taglio dei tempi”, riguardano propriamente la forza lavoro in quanto tale; è quindi ovvio che anche le capacità, l’abilità, la preparazione professionale e l’impegno possono risultare diversi per ogni singolo lavoratore, per non parlare della complessità di determinate mansioni rispetto ad altre. Il bersaglio del prof. A. Ichino, mi si dirà, è in realtà “l’ideologia dell’egualitarismo salariale”- che pure mi sembra, effettivamente, poter contare attualmente su ben pochi sostenitori (e sicuramente non  i “sindacati di stato”) – ma è lui stesso a dissipare i dubbi.  L‘obiettivo è contrastare <<il modello marxiano (ma comune anche alla tradizione cristiano-sociale) che ispira la seconda parte dell’ art. 36 della Costituzione secondo cui la retribuzione deve essere “in ogni caso sufficiente” ad assicurare “un’esistenza libera e dignitosa” al lavoratore e alla sua famiglia.>> Nella parte successiva dell’articolo l’autore cerca di argomentare sul fatto che anche ammettendo che non sia “colpa” di un lavoratore essere per certi aspetti meno dotato di un altro per caratteristiche intellettuali, fisiche e per predisposizioni – come l’abilità, la manualità e le forme mentali acquisite nell’infanzia e nell’adolescenza –  rimane sempre da considerare l’impegno che ognuno è disposto ad esercitare. Ichino ha, perciò, il “coraggio” di affermare che imprenditori, amministratori e dirigenti pubblici dovrebbero considerare che <<la produttività di un lavoratore non dipende solo dalle sue caratteristiche innate e da eventi di contesto a lui estranei, ma anche dall’impegno che il lavoratore decide di esercitare.>> A quanto pare nessuno ha mai spiegato a questo signore che in qualsiasi luogo di lavoro l’impegno conta ben poco rispetto all’”effettivo rendimento” e alla capacità, se così la vogliamo chiamare, di “farsi voler bene” ! Comunque la soluzione del problema, per Ichino, sta nello stabilire una nuova tipologia contrattuale <<proposta dalla teoria economica>> e quindi  stabilita non dalle parti contraenti ma   mediante norme   legislative (vedi il cosiddetto “pacchetto Nicolais” attualmente giacente al Senato) :<<un contratto in cui la retribuzione sia composta da una parte fissa, per assicurare il lavoratore dagli eventi a lui estranei, e una parte variabile in funzione del prodotto, per incentivare il lavoratore ad esercitare l’impegno socialmente ottimale.>> Ci permetterà, speriamo, il sig. Ichino di ricavare dalla sua formulazione l’impressione che la cosiddetta “parte fissa” debba essere ridotta ad un importo da “sussidio di disoccupazione” o da “salario di cittadinanza”, per usare  un modo di esprimersi consueto nella SRG, e di trovare particolarmente difficoltoso immaginare come la gestione della parte variabile demandata ai datori di lavoro e ai sindacati di stato possa rivelarsi tale da permettere al lavoratore e alla sua famiglia “un esistenza libera e dignitosa”. Ma per non dare l’impressione di osservare le cose attraverso schemi preconcetti dobbiamo anche dare atto all’autore dell’articolo di porre, proprio alla fine del suo elaborato, una serie di temi  che anche a partire dalle nostre posizioni assumono una importanza e un valore problematico reale:<<Nulla da eccepire, invece, sull’idea che i salari più alti costringano i “padroni nullafacenti” a darsi una mossa o a soccombere. Ma allora bisogna che gli imprenditori che sbagliano possano essere puniti dal mercato con la chiusura delle loro imprese, e quindi che i lavoratori di quelle imprese vengano protetti da questo rischio in un modo diverso da quello praticato dal sindacato, consistente nel tenere in vita ad oltranza imprese che dovrebbero chiudere (come ad esempio l’Alitalia). Così deve essere, perché non si può avere la “botte piena e il marito ubriaco”>>. Su queste ultime questioni penso proprio sia possibile portare avanti una discussione utile anche partendo da punti di vista molto diversi.

 

 

Mauro Tozzato                                    01.01.2008