COME LA GERMANIA USCI’ DALLA CRISI DEL ’29 di A. BERLENDIS

 

In queste brevi note cerco di dar seguito, con ulteriori spunti di taglio storico, alle indicazioni lagrassiane circa la natura del nazionalsocialismo, i (li)miti del ruolo del keynesismo nella soluzione della crisi causata dall’incedere della fase policentrica, e circa le responsabilità collettive di una popolazione.

 

1.      Il keynesismo ante-litteram di Hitler

 

Il nazionalsocialismo trovò la sua base sociale oltre che nei ceti medi, nella classe operaia tedesca, tanto che “i risultati di una ricerca condotta su 42.000 schede personali di iscritti al partito nazista, dalle quali risulterebbe che la partecipazione operaia era addirittura superiore al 40 %. Quindi si sta delineando un’interpretazione del nazismo nel quale la componente operaia è ben presente se non determinante…” (1)

 

Questo fu consapevolmente riconosciuto dagli agenti politici che presero il potere nel 1933 intraprendendo azioni politiche conseguenti per uscire dalla crisi del 1929:

La preoccupazione del pane quotidiano dovrà essere al tempo stesso preoccupazione per l’adempimento degli obblighi sociali nei confronti di anziani ed ammalati. Amministrazione parsimoniosa, tutela del lavoro, del ceto contadino e valorizzazione dell’iniziativa individuale sono al tempo stesso le migliori garanzie contro qualsiasi manovra che possa minacciare la nostra valuta.” (2)

Quindi per la politica economica del nascente regime vale l’osservazione fatta allora da Franz Neumann: “Il nazionalsocialismo si fonda sul pieno impiego. Questo è il suo solo regalo fatto alle masse, e la sua importanza non va trascurata”. (3)

Questa osservazione è stata anche corroborata da uno studio, nel suo complesso fortemente critico, sulla politica sociale condotta dal nazismo:

Fra l’inizio del 1933 e l’autunno del 1936 il numero degli occupati aumentò dunque di 6,3 milioni, quello dei disoccupati diminuì di circa 4,9 milioni. […] Lo sviluppo molto differenziato verificatosi nei singoli settori industriali era determinato in misura decisiva dalla politica economica del governo. Era conforme alle idee di Hitler nonché agli obiettivi della Rechswher e degli industriali interessati al fatto che il riarmo – sempre  più importante per l’economia nazionale – tornasse a vantaggio delle medesime poche branche industriali. Nel 1936 il livello occupazionale in tutta l’industria aveva quasi raggiunto quello del 1929... (4)

 

Non è quindi per niente sorprendente e paradossale se Joan Robinson (1903-1983), una stretta collaboratrice ed allieva di Keynes, 1 giunse ad affermare che: “Hitler aveva già trovato il modo di eliminare la disoccupazione prima che Keynes avesse finito di spiegare perché essa si verificava. (5)

 

 

2.      Il nazionalsocialismo ed il capitale industriale

 

Il nazionalsocialismo non fu l’espressione prevalente del capitale finanziario, ma del capitale industriale, e gli agenti politici giocarono un ruolo decisivo ai fini della ripresa e dello sviluppo della potenza tedesca per affrontare la fase policentrica in corso ritentando “L’assalto al potere mondiale” (6). Come segnalava allora Charles Bettelheim:

il problema cruciale per la rimessa in moto della macchina economica tedesca era l’apertura di nuovi sbocchi. La stretta alleanza tra il nazismo e il grande capitale impediva di ricorrere all’aumento dei salari come mezzo per aprire sbocchi complementari all’industria; la prima mossa fu dunque quella classica del ricorso ai lavori pubblici. Il loro effetto fu ben presto superato dalla crescente importanza delle commesse per l’armamento e dagli investimenti resi necessari dall’estensione della politica autarchica. (7)

Questo processo e progetto fu attuato mediante il dispiegarsi di uno stretto rapporto tra i gruppi di agenti strategici dominanti della sfera economica (quelli industriali) e quelli della sfera politica. Rilevava acutamente sempre Neumann che: “il nazionalsocialismo persegue la gloria e la stabilizzazione del suo dominio; l’industria, la piena utilizzazione delle sue capacità produttive e la conquista dei mercati esteri. L’industria tedesca, cui la democrazia, i diritti civili, i sindacati e le pubbliche discussioni non erano mai piaciuti, era disposta a fornire la massima collaborazione. Il nazionalsocialismo si servì dell’audacia, delle conoscenze dell’aggressività della classe dirigente industriale, mentre quest’ultima si servì dell’antidemocratismo, dell’antiliberalismo del partito nazionalsocialista, che aveva pienamente sviluppato le tecniche per il controllo e il dominio delle masse. (8)

 

3.      Sull’adesione al nazionalsocialismo e sulla responsabilità della popolazione.

 

Wilhem Reich, uno psichiatra  la cui opera “Psicologia di massa del fascismo”, pubblicata nel 1933, fu messa al bando dal regime nazionalsocialista, a proposito della scoperta del fatto dell’adesione delle masse al dominio nella sua forma dittatoriale scrisse:

Bisogna comprendere molto bene che simili constatazioni non solo erano impopolari ma spesso costituivano un pericolo mortale, perché i partiti socialdemocratici e liberali dei paesi non ancora fascisti vivevano proprio dell’illusione che le masse in sé, così come sono, fossero liberali e capaci di libertà, e che il paradiso fosse assicurato in terra se solo non ci fossero stati i cattivissimi Hitler.” e quindi rimase turbato dal constatare che “Quando in Germania fra il 1930 e il 1933 cominciai gradualmente a capire questo fatto, mi venni a trovare in grave conflitto con i politici liberali, socialisti e comunisti ben intenzionati.” (9)

Questa intuizione è stata confermata, da ultimo, anche da una recente opera in cui uno storico americano ed uno tedesco svolgendo un accurato lavoro di ricerca, tramite resoconti orali dei protagonisti che avevano vissuto il periodo del regime nazionalsocialista, sono giunti alla seguente conclusione:

“Dalla nostra indagine si ricava, dunque, che le persone che tenevano gli occhi e le orecchie bene aperti in genere non ebbero grandi difficoltà ad accorgersi dei crimini contro l’umanità perpetrati dai nazisti. Un numero elevato sia di ebrei sia di non ebrei sapeva dell’Olocausto, così come sapeva dell’eliminazione dei malati di mente e degli handicappati e delle torture praticate dalla Gestapo. […] I più avvertirono istintivamente che l’apparato del terrore non aveva alcun interesse a perseguirli, almeno finché avessero accettato le basi del nazionalsocialismo, cosa che del resto in genere fecero. Anche se la cosa è difficile da capire, data l’opinione comunemente diffusa su regimi dittatoriali, moltissimi tedeschi […] condussero una vita felice, produttiva e perfino normale durante il Terzo Reich. Ciò significa che una dittatura può godere di un’ampia popolarità tra la maggioranza della gente, pur commettendo crimini indicibili nei confronti delle minoranze. (10)

 

 NOTE:

1. Bologna ‘Nazismo e classe operaia 1933-1993’ Manifestolibri pag 74

2. Adolf Hitler ‘Appello del governo del Reich al popolo tedesco 1 febbraio 1933 Di passaggio segnalo che con toni che   riecheggiano quelli propinatici ogni giorno,  proseguiva affermando: "In politica estera il governo nazionale considera la sua più importante missione la salvaguardia  dei diritti vitali […]In questa sua azione, il governo è pienamente cosciente della grandezza del dovere che gli si impone : quello di intervenire, assieme al popolo che sia libero ed eguale, in favore del mantenimento e del rafforzamento di quella pace di cui il mondo ha bisogno oggi più che mai".

3. Neumann ‘Beemoth. Struttura e pratica del nazionalsocialismo. Bruno Mondadori

4. Mason ‘La politica sociale del III Reich’ Bruno Mondadori pag 129-131 "Le decisioni di fondo di politica economica prese dal governo corrispondevano pienamente agli interessi dei protagonisti di tale congiuntura, cioè le industrie dei beni di produzione. Per ambedue la perti era importante mantenere assolutamente il livello dei salari e dei prezzi del gennaio 1933. La distruzione dei sindacati ne era il presupposto principale.” PAG. 137

5. Joan Robinson “The second crisis of  Economic Theory” in “The American Economic Reviw” vol LXIII maggio 1972 n° 2

6. Fisher F. ‘Assalto al potere mondiale’ Einaudi (titolo pregnante anche se il volume nello specifico è rivolto alla Prima guerra mondiale)

7. Bettelheim ‘L’economia della Germania nazista’ Mazzotta editore pag. 206

8. Neumann ‘Beemoth. Struttura e pratica del nazionalsocialismo.’ Bruno Mondadori

9. Reich W. ‘Psicologia di massa del fascismo.” Sugarco pag 260-261

10. Johnson-Ruband ‘La Germania sapeva. Terrore, genocidio, vita quotidiana. Una storia orale.’ Mondadori pag 415-416