CONTRO L'APPELLO DEL COMITATO DI CHIANCIANO

LA RIVOLUZIONE NON VIENE DA NUOVI PARTITINI

a cura della redazione

 

Ecco dove voleva arrivare il Comitato di Chianciano che, in occasione delle scorse elezioni legislative, aveva, invitato a non votare per i partiti corrotti dell’arco costituzionale: a formare un ennesimo “partitino” di democrazia pura e originaria, rigorosamente diverso da quelli esistenti ma con un destino già segnato, almeno se i presupposti del suo programma minimo sono quelli sceverati nell’appello intitolato “La catastrofe è imminente”.

E con quali parole d’ordine poi? Le stesse che le classi dominanti innalzano a baluardo del proprio falso universalismo costituito da principi inattuabili (in una società divisa in classi), sistematizzati in una costituzione vecchia di 60 anni, i quali servono solo ad ingannare e distogliere i dominati dai loro compiti più urgenti.

Se si crede di poter fare un solo passo avanti semplicemente coltivando delle assurde illusioni formali, non si è tornati al 1789 o al 1948 ma si è già precipitati al di fuori della stessa realtà storica.

La democrazia, sebbene declinata con i richiami alle masse e al socialismo,  è il misero orizzonte fantasmagorico con il quale questi novelli utopisti dell’imminente catastrofe sociale vorrebbero rinsaldare le fila del proletariato. Ma la democrazia, come diceva Lenin (e nonostante i vacui tentativi dei redattori dell’appello di rianimarla e di ricondurla nell’alveo dei suoi significati più alti), resta pur sempre un involucro ideologico che avvolge la dittatura degli sfruttatori, per farla apparire meno greve e spietata di quello che è.

Dietro la democrazia ci sono sempre gli apparati repressivi dello Stato, la sua polizia, il suo esercito, i corpi speciali degli uomini in armi pronti ad intervenire per seppellire, sotto il sangue e i cadaveri, le velleità di chi pensa di potersene servire al di là del potere costituito. Se non si è capito questo non si possono “lanciare sfide” al potere, come dicono i nostri “eroi” di Chianciano.

Chi pretende di utilizzare le armi del nemico, rivolgendogliele contro, senza averne prima compreso la funzione storica e sociale, o è un avventurista scriteriato votato al martirio o è uno stolto che finirà per trascinare tutti quanti alla disfatta, impedendo alle forze realmente rivoluzionarie della società di emergere, oppure è un vero proprio traditore che ha il compito di avvelenare il campo per non far rinascere più nulla.

In questo accorato appello all’idiozia non potevano certo mancare i richiami alla carta costituzionale, un coacervo di principi puramente formali (ed oggi inservibili) che furono necessari, ma in un’epoca storica ormai chiusa, a non far precipitare l’Italia in una sanguinosa guerra civile tra forze che avevano combattuto il fascismo e che furono successivamente attratte nell’orbita delle due potenze uscite vincitrici dal secondo conflitto mondiale.

Infine, c’è anche un bel “amarcord” dal 1789 con i richiami alla Libertà, all’Uguaglianza e alla Fraternità, conditi con un pizzico di spirito comunitario a la page per amalgamare il tutto. Ma, a questo punto, la nostra maionese social–rivoluzionaria è già bella che impazzita. E’ sarebbe questa la ricetta “per salvare la vita contro la barbarie capitalistica”? Sarebbero queste le novità per rinvigorire l’azione delle masse e scagliarle contro “l’insopportabilità del presente”? Ve lo dico io come si chiamano questi: luoghi comuni del disincanto, pie illusioni di gente che non si rende menomamente conto della gravità della fase nella quale ci troviamo. L’analisi critica e quella dei rapporti sociali è del tutto svanita in questo appello, per far posto alle solite ciance moralistiche. Siamo in presenza di meri abbindolatori di popolo i quali, con numeri da circo, vogliono ubriacare i cosiddetti sfruttati per condurli in un definitivo sonno della ragione.