DALLA RUSSIA A MONTEZEMOLO


Bene, bene, la Russia è tornata ad essere la bestia nera dell’occidente: a partire dagli USA fino ai succubi europei. Dal 1963 in poi, non ho più creduto al socialismo in URSS, ma solo all’esistenza di una grande potenza contrapposta agli USA, crollata però dopo il 1989-91; di conseguenza, questo ritorno della Russia come “nemica” (dei miei nemici) mi è particolarmente gradito perché ci sono fondate speranze che, senza più l’inganno (in un certo senso, pure un autoinganno) del socialismo, il grande paese delle steppe si incamminerà infine verso l’antica potenza che questa volta, senza tante illusioni, sarà quella di un paese di tipologia capitalistica – a struttura economica imperniata sull’impresa e sul mercato, ma con specificità proprie in specie sul piano dell’accentramento di certi poteri – in grado di diventare uno dei “punti di irradiazione di forza” nella futura epoca policentrica (ripetizione, sia pure con nuove caratteristiche, della fase imperialistica a cavallo tra otto e novecento), verso cui, a mio avviso, ci si sta muovendo con una certa lentezza ma piuttosto sicuramente.
Era stato richiesto dai vertici russi l’intervento degli osservatori internazionali per le elezioni appena concluse, e finite con il trionfo di Putin che tanto ha reso rabbiosi gli “occidentali”. Questi si sono rifiutati di inviarli con scuse peregrine, solo per poter poi meglio protestare contro i presunti brogli, denunciati da un campione di scacchi, che “vola” troppo verso gli Stati Uniti, e da “comunisti” della stessa pasta di quelli che qui in Italia votano per il governo dei poteri finanziari parassitari, che in Irak appoggiano l’occupazione americana, che in India massacrano i contadini in rivolta laddove hanno il governo, ecc. Ripeto: nessuna illusione che la vittoria di Putin significhi la ripresa della “lotta di classe”, una autentica credenza ideologica per quanto concerne la trasformazione dei rapporti sociali in direzione del fantomatico socialismo; netta soddisfazione però si, poiché si accentuerà l’indipendenza russa, messa a repentaglio dal nefasto duo Gorbaciov-Eltsin (il secondo certo peggiore del primo, ma anche meno subdolo, per cui è stato più semplice smascherarlo e batterlo, ridando dignità nazionale almeno alla Russia, visto che ormai l’URSS era stata liquidata). Bene, benone, le elezioni russe sono una buona notizia; nei tempi lunghi, non certo per chi sperasse ancora (ma non credo ce ne siano più) di poter risentire a breve le fanfare dei dominati in trionfo sui dominanti.
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Dalla grande Russia al piccolo Montezemolo. Si è lamentato e ha criticato Berlusconi perché usa (e quindi compra) l’Audi invece di un’auto italiana. Sono tanti i personaggi con la memoria corta e molta faccia tosta. Cominciamo con il dire che hanno imperversato (e imperversano tuttora) con le “meraviglie” della globalizzazione di stampo liberista (ognuno compra dove, quando e come gli pare, in base ai “puri” stimoli di mercato e ai “liberi gusti” del consumatore) e con l’altrettanto meravigliosa unità europea, superamento di ogni rozzo e gretto spirito nazionalistico. Nel 2005 hanno liquidato Fazio, dopo un aspro conflitto durato parecchi mesi: in buona parte perché aveva osato aiutare dei “poveri” parvenus (della nuovissima generazione) che cercavano di insidiare i santuari del potere (finanziario e mediatico) dei parvenus della generazione precedente; la scusa fondamentale è stata però il “sorpassato” spirito di difesa dell’italianità (delle banche) che animava Fazio. Non credo fosse sincero quest’ultimo nella presa di posizione “nazionalistica”; tanto meno lo erano quelli che giocavano alla globalizzazione cosmopolita.
Tanto è vero che non appena è loro convenuto – si pensi agli ostacoli frapposti alla fusione di Autostrade con Abertis o ai giochi di potere e controllo svoltisi (e in svolgimento) intorno all’Alitalia o alla Telecom o alle Generali, ecc. – hanno ricominciato a difendere l’italianità (peccato sia quasi sempre quella della banca Intesa, “amica” del governo, ma anche di grandi banche americane!). E adesso, il “vizietto” nazionalistico si presenta nuovamente in Montezemolo. In questo caso, però, mi permetto di ricordare qualcosina: ad esempio, il fondo Charme che egli ha costituito con Della Valle, Merloni, Unicredit e Montepaschi (adesso non so se sono ancora tutti lì), mettendone la sede nel paradiso fiscale del Lussemburgo. E mi auguro ci si ricordi anche delle operazioni condotte da tale “postazione” per fondare joint ventures con i cinesi, ecc. ecc. Perché il presidentissimo non dà prova di italianità, cedendo la sua quota in quel fondo e riportando i capitali in Italia? Magari, diciamo, potrebbe investirli nello stabilimento Fiat di Termini Imerese, invece di chiedere finanziamenti a fondo perduto allo Stato (dunque a tutti noi, pur se glieli concederanno i “suoi amici” o “amici” di Intesa); c’è perfino un contenzioso, per quel che ne so, perché tra Stato e Regione Sicilia si è già disposti ad un finanziamento di 375 milioni di euro, ma la Fiat vuole un bel multiplo di tale “miserabile” somma.
Si tenga ancora conto dell’ingente finanziamento statale (si è parlato di un miliardo di euro) già concesso per la “mobilità lunga”, dei favori con la rottamazione (richiesta anche per il 2008), e via dicendo. Tutto questo, mentre l’imposizione fiscale ha raggiunto in Italia il suo record, mentre viene alleggerita la tredicesima dei lavoratori dipendenti, mentre sono previsti aumenti consistenti di luce e gas a gennaio, mentre rincarano tutti i generi alimentari (pane e pasta in testa) che sono generi di prima necessità, come del resto l’energia che serve, oltre che a mantenere in attività i settori della produzione, anche a scaldarci e vederci al buio. In una situazione di disagio così grave, perché allora, per “amor di Patria”, per far vedere che si sente italiano, il sig. Montezemolo non fa rientrare i capitali lussemburghesi in sede nazionale e qui li investe invece di mendicare sempre aiuti dallo Stato? Cioè, lo ribadisco, da tutti noi, anche se chi gestisce i nostri soldi è “amico” dei grandi centri di potere finanziario-industrialdecotto, ecc.
No, da questo orecchio l’italianissimo presidente di Confindustria, che manovra affinché gli succeda qualcuno vicino alle sue posizioni (magari in “quota rosa”), non ci sente proprio; vuole che sia Berlusconi a comprare e utilizzare automobili italiane, cioè insomma auto della Fiat (anch’essa da lui stesso presieduta). Per questa volta, invece, do tutta la solidarietà al Berlusca, perché anch’io compro Citroën e una Fiat non la vorrei nemmeno regalata. Ci giri Montezemolo con un’auto del genere; e soprattutto, qualora si recasse in Lussemburgo, la sbatta sul muso degli abitanti del piccolo, ma ricco, staterello, in modo da far vedere quanto gli italiani “all’estero” siano orgogliosi di essere italiani. Però, ripeto la preghiera: riporti a casa i soldi e li metta a Termini Imerese; ci sarà pure una filiale di Intesa o almeno di Unicredit. Così facendo, sgraverà lo Stato italiano (tutti noi) da pesi ulteriori; se per caso, poi, volesse entrare in politica, sarebbe un ottimo biglietto di presentazione per il popolo che dovrebbe votarlo.
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