DISEGNI PIU’ CHIARI, LE PAROLE LO DIVENTINO di GLG 12 aprile ‘12

 

1. Amo di più i termini disegno, strategia, piuttosto che complotto; perché questo mi sa tanto di qualcosa di ordito nel chiuso di una “stanza” (sia pure in senso metaforico). Comunque, la differenza non mi sembra grande poiché la politica – sia quella vera, pensata ad alto livello, sia quella meschina e da maneggioni di bassa lega (o Lega) – non è in ogni caso svolta in piena luce davanti alla massa d’ignari e d’impreparati (non per colpa di quelli che si definiscono popolo; un insieme di individui magari intelligenti nel loro particolare lavoro, ma perfettamente ignoranti in merito alla “tessitura” dell’attività di tipo politico). Non è tuttavia da pensare all’esistenza di un’unica mente che complotta o, meglio, stende disegni e strategie. I gruppi in possesso di abilità decisionali di maggior rilievo sono generalmente ben più d’uno; non molti – salvo che in contingenze speciali di grave caos e, allora, di effettiva incapacità nelle decisioni – ma comunque un certo numero. Anche quando un gruppo strategico prende il sopravvento rispetto agli altri, incontra sempre intralci e disturbi da parte di questi ultimi; soprattutto, all’interno dello stesso gruppo si manifestano spesso differenziazioni, tanto più accentuate quanto più esso è rimasto solo al vertice del potere e sovrasta quei pochi solo in grado di creare qualche disturbo minore.

Oggi, Il Fatto rivela con titoloni in prima pagina che, dalle intercettazioni della Dia (di Reggio Calabria), risultano dichiarazioni di Belsito circa la conoscenza dei fatti concernenti la Lega (in specie i Bossi) anche da parte del “moralista” Maroni; anzi, il segretario amministrativo afferma esplicitamente che “Bobo sta tramando contro il capo” (cosa stiamo scrivendo da giorni in questo blog?). Anche Libero parla di queste intercettazioni, ma all’interno, in due righe nel corso di un lungo articolo; per di più chiama in causa, invece di Maroni, l’ex ministro economico Tremonti. Come ben si vede, intenzioni diverse, commissionate da chi ha disegni diversi. In effetti, sembra sempre più chiaro quanto si è sospettato fin dall’inizio: è difficile prevedere quanto durerà questo governo di presunti “tecnici” – in realtà di servizio politico ad ambienti che stanno mettendo a soqquadro il paese e spaventando la sua popolazione per loschi scopi di asservimento – ma è pressoché certo che si tratta di semplice transizione a qualcosa di forse nemmeno ancora ben stabilito, giacché fa parte della già da me definita “strategia del pantano”, seguita in primis dagli Usa dell’attuale Amministrazione.

Ci si preoccupa di non ripetere l’errore compiuto con “mani pulite”, quando si distrussero soprattutto Dc e Psi (almeno al 90%), lasciando spaesati i loro elettori, che riversarono poi i loro voti sull’“accidente storico” rappresentato da Berlusconi. Adesso quest’ultimo si è preso il “bell’incarico” (di tradimento) di sfasciare il Pdl, così come Maroni ha quello di ridurre a “ragione”, cioè al “golpe strisciante” in atto, la Lega. Tuttavia, si cerca di recuperare quanto meno buona parte della popolazione – dopo averla adeguatamente impaurita con la crisi finanziaria e lo spread, dopo averle inferto durissimi colpi fiscali e riduzione sensibile del tenore di vita – per condurla verso lidi detti “centristi e moderati”, che non sono altro se non l’ammucchiata del personale politico più sensibile al disegno eversivo in funzione del vassallaggio verso gli Usa (obamiani). Monti potrebbe essere lasciato al suo destino, di Napolitano credo ci si servirà ancora; incerto però il passaggio successivo per il presdelarep (2013). Secondo me sono in corsa sia Monti sia perfino Berlusconi (con chances decisamente minori, può darsi sia sincero nel suo voler rimanere “ai margini” per precisi “consigli cogenti” ricevuti), ma credo che gli “strateghi dell’eversione strisciante” (divisi in gruppi con interessi non divergenti ma almeno differenziati) preferirebbero altre soluzioni, al momento “oscure”, perché oggetto di complesse trattative tra coloro che non hanno probabilmente ancora idee ben definite.

[Scusate l’interruzione, doverosa. Apprendo della morte del grande Ben Bella. Poiché tante altre notizie su di lui si leggeranno sui giornali o si trovano in internet, ricordo solo la sua amicizia personale, e di non poco rilievo, con Bettelheim, che negli anni immediatamente successivi alla cacciata dei francesi (1962) fu consulente economico del Governo algerino, ma ruppe ogni rapporto appunto dopo il colpo di Stato di Boumediene (1965) e l’estromissione (e arresto) di Ben Bella. Dopo la prigionia, negli anni ’80 egli andò in esilio: in Svizzera, mi sembra, ma si recava pure a Parigi. Una volta, per poco mancai di conoscerlo proprio da Bettelheim. Con la morte di Ben Bella, credo che l’unico grande personaggio rimasto, di una storia di ben altra altezza rispetto all’odierna, sia Castro (se mi scordo qualcuno, mi scuso). Quando anche questi entrerà nella “Grande Ombra”, almeno per quanto mi concerne vedo il deserto più desolato e arido. Comunque, un pensiero reverente a Ben Bella, una delle “vette” della politica di tempi ormai remoti].

2. La situazione odierna è molto differente da quella dell’epoca di “mani pulite”, pur prescindendo dai marchiani errori compiuti soprattutto dai complici italiani degli Usa, e cioè da Agnelli e dalla Confindustria, arroganti nella loro sicurezza di non incontrare più alcun intralcio nel consegnare il governo ad una sedicente sinistra, il cui “nocciolo duro” era costituito da chi era stato “comunista” fino al giorno prima, sia pure in base alle finzioni tipiche di meschini rinnegati, finzioni tuttavia corroborate da chi aveva interesse a tramare con loro (appunto Agnelli & C.). Non si riuscì invece a convincere gli elettori Dc e Psi – cui si era raccontato per decenni che si trattava di puri sicari dell’Urss fino al crollo di quest’ultima l’anno precedente – a votare per una simile “sinistra”. Il crollo sovietico aveva comunque determinato una configurazione mondiale di tendenziale monocentrismo (“imperiale”) statunitense. La crisi economica non incombeva; iniziava semmai proprio allora il periodo di involuzione e stagnazione del Giappone, paese di cui fino a quel momento si era predicato – anche da parte di settori della “sinistra estrema”, l’aberrante operaismo, rincoglionito (o forse venduto) dal “toyotismo” e dalla “qualità totale”, come se l’industria automobilistica fosse ancora il settore trainante e strategico del sistema socio-economico capitalistico – l’imminente predominio globale per il “prossimo secolo” (il XXI). Tuttavia, ciò non faceva che rafforzare l’idea del suddetto monocentrismo americano.

Attualmente, malgrado la superiorità ancora evidente degli Stati Uniti, non vi è dubbio che altre potenze sono in crescita (o almeno questa è la netta sensazione). La più evidente differenza si riscontra però nella crisi generale, che ci si sforza di far apparire soprattutto finanziaria, mentre nasce dalla fine della cristallizzazione relativa al mondo bipolare (la presenza della Cina, pur rilevante, non fu sufficiente a incrinare a fondo tale bipolarismo) e dal progressivo appannamento di quello che fu il centro in qualche modo coordinatore del campo “capitalistico”. In questo senso, sono mentitori – o forse proprio sciocchi come lo sono sempre i “tecnici” – gli “esperti” degli organismi internazionali (tipo FMI), che sproloquiano di crisi fino a tutto il 2012-13. Sono “ignorante” in “tecnica economica” (finanziaria non se ne parla), non ho a disposizione uffici studi né dispongo di rilevazioni continue dei cosiddetti “fondamentali” dell’economia dei vari paesi, ecc.; tuttavia, a “intuito”, prevedo che la crisi sarà assai più lunga e tormentosa. Vedremo chi si sbaglia!

Poiché ognuno di noi non è in grado di ragionare sul futuro se non in base all’esperienza (pur non direttamente personale) del passato, spesso ricordo la crisi di stagnazione della fine del XIX secolo (1873-96). Non so se in questa odierna si inserirà qualche “catastrofe maggiore” tipo 1907 o, peggio ancora, 1929; crisi tuttavia segnalata in modo errato con quest’anno, poiché la vera “grande crisi” (che è sempre quella reale) sconvolse gli Usa, e da lì il mondo, soprattutto nel 1931 e raggiunse l’apice nel ’32-’33. In ogni caso, è ovvio che il passato ha pur sempre caratteristiche differenti. Ci sono senz’altro analogie con l’oggi (mancanza di un centro predominante relativamente regolatore, progressivo e accelerato policentrismo “imperialistico”, “seconda rivoluzione industriale” con specifici settori trainanti nelle varie potenze in conflitto), ma anche molte differenze, come sempre nell’evoluzione storica. La principale è l’assenza dell’ascesa di quello che fu chiamato “movimento operaio” (con molte correnti al suo interno).

A dir la verità, gran parte di quanto detto a proposito di quel movimento fu distorto dall’ideologia particolare dell’epoca: un’ideologia c’è sempre, l’ideologia non sparisce mai (solo gli stupidi pensano che sia finita), ma si trasforma. Così pure, è stata raccontata da qualcuno secondo una specifica angolazione ideologica (comunista) la storia del cosiddetto “secolo breve” (una parte del XX). E’ del tutto ovvio che, se non si ricostruisce quella storia secondo una ben differente prospettiva, nemmeno si inizierà a capire (sempre con una visione ideologica, ma che deve spazzare via quelle di allora) il trapasso d’epoca ora in corso. Nessuna “pulizia” verrà compiuta in merito ai travisamenti dell’epoca passata, se non si arriverà a profonde “correzioni” teoriche relative all’analisi della società detta capitalistica, analisi ancora schiava delle due contrapposte concezioni del liber(al)ismo e del marxismo; concezioni, entrambe, ramificatesi abbondantemente ed oggi mummificate (ma non più di quella che vorrebbe rifarsi ad una visione religiosa, con l’immissione massiccia di un’etica superficiale e ipocrita).

Teoria e storia devono essere quindi l’assillo principale di coloro che intendano dare un contributo ad una nuova comprensione dell’epoca odierna (e non quindi solo di quelle passate). Non si procede senza ideologie; devono tuttavia considerarsi false quelle che non esplicitano la loro presa di partito, il loro specifico, e “non neutrale”, punto di vista nel conflitto. Nessuna illusione di riprodurre il reale per quello che è realmente; consapevolezza, però, che nuove interpretazioni sono indispensabili per diradare la “nebbia” ormai addensatasi su quelle vecchie. Non capiamo più nulla del passato, lo usiamo in modo “improprio”, non perché siamo schiavi delle ideologie, di cui alcuni sbruffoni mentitori (o pagati per farlo) predicano la fine. Non c’è alcuna fine delle ideologie poiché non esiste un termine ultimo del conflitto. Quest’ultimo conosce però mutamenti decisivi del campo su cui si combatte e dei soggetti che lo combattono.

Abbiamo bisogno di analizzare (ma sempre via ipotesi, con successive correzioni) sia il campo sia i soggetti, che tuttavia dobbiamo a loro volta pensare come portatori di un movimento oggettivo determinato dal conflitto. E, tuttavia, con la consapevolezza del nostro posizionarci in esso; mai siamo “all’esterno” dello stesso. La nostra “oggettività” ha gradi diversi di consapevolezza: passa dal caricare cieco del toro di fronte allo straccio rosso fino ad una serie indefinita di “prove, errori e correzioni”; sempre ci accompagnerà tuttavia la presa di posizione, mutevole e mai neutrale. Per quanto ci siano certo diversità nel posizionarsi, sia chiaro che perfino quando osserviamo il moto degli astri non siamo ad esso del tutto esterni e semplici osservatori oggettivi e neutrali. Se la vita umana durasse un buon miliardo di anni, ci accorgeremmo di quanto vi siamo implicati e di quali errori è foriero un atteggiamento di presunta esteriorità neutrale ed oggettiva.

Comunque, bando alle “piacevolezze”. E’ necessario un maggiore sforzo di analisi per ripensare il passato, per cercare di afferrarne le somiglianze con l’oggi e, nel contempo, valutare le differenze del presente onde mutare la nostra presa di posizione nel conflitto tipico dell’attuale epoca. Per quanto riguarda in specifico il nostro paese, diventa pure indispensabile la storia, soprattutto (ma non solo, sia chiaro) a partire dalla “svolta” del ’68 e anni ’70, con le devianti credenze di allora, che hanno determinato non tanto gli “anni di piombo” – questa è l’ideologia annebbiante che va combattuta e spazzata via – quanto quella specifica “strutturazione” sociale italiana susseguente ai compromessi, prima, e poi ai cambi di campo e agli inganni di date forze politiche: in primis il Pci dell’aberrante “eurocomunismo”, uno dei più abietti rinnegamenti compiuto da particolarmente ignobili politicanti.

Il nostro incontro di sabato prossimo sarà purtroppo breve; in ogni caso, dovrebbe dedicare tempo sufficiente a simili prospettive. Il blog non si è mai limitato, almeno nelle intenzioni, al semplice giornalismo del quotidiano (sia pure in ambito politico ed economico). Si deve proseguire lungo la direzione intrapresa. Non dobbiamo pensare di fare “opinione pubblica” (non ne abbiamo i mezzi); è necessario lavorare alla preparazione di determinate élites, che finalmente cambino la loro prospettiva teorico-ideologica per soffiare sulla polvere che le vecchie hanno ormai ammonticchiato da decenni.