E’ TANTO DIFFICILE DA CAPIRE?

 presentazione di G.P.

 

Vi proponiamo, questa volta sul Bollettino Strategico (approfittando dell’occasione per segnalarvi anche l’aggiornamento della sezione “geopolitica” e l’inserimento di articoli interessanti tra le “news”), un breve saggio di Gianfranco La Grassa sullo Stato.

Si tratta di un intervento che vuole, innanzitutto, chiarire il pensiero di Marx su questo organo di coercizione delle classi dominanti, il quale non è mai un mero strumento di amministrazione della società. Questo implica che in un’ipotetica società senza classi, non più basata sullo sfruttamento dei pochi sui molti, esso dovrà necessariamente scomparire, insieme alla sue funzioni principali di controllo e di repressione dei dominati. Diciamo ciò perché, soprattutto da parte di alcuni filosofi e pensatori marxisti, si continua a sostenere che, sulla questione dello Stato e della sua dissoluzione, Marx avrebbe ceduto all’anarchismo individualista e all’influenza di socialisti utopisti come Proudhon (eppure, basterebbe andarsi a rileggere la Miseria della filosofia, per capire quanto la “Testa leonina” di Treviri, non ha mai concesso nulla e su niente a costui). Purtroppo, lo stesso Althusser, autore di un’opera fondamentale sugli AIS (gli Apparati ideologici di Stato) e tra i primi a registrare il nodale concetto gramsciano di combinatoria forza/consenso, quale sostanza della concezione marxista dello Stato [“…E’ quanto aveva ben visto Gramsci che ritrovava nella combinazione forza/consenso delle nozioni che lo rimandavano alla definizione marxista dello Stato: ‘un’egemonia (consenso) munita di coercizione (forza)…Questo mostra la doppia funzione dello Stato, di forza e di consenso, ma sotto il primato della forza: dunque il primato dell’esercito come apparato di Stato…”, L. Althusser, Machiavelli e noi], si lascerà andare, più tardi, ad affermazioni molto discutibili secondo le quali dello Stato Marx non avrebbe praticamente capito nulla. Inoltre, Althusser accuserà Marx per il trattamento riservato a Bakunin, la cui idea di Stato non era così lontana dalla sua (in parte, ma solo in parte, ciò è vero, se teniamo conto che, per entrambi, il fine ultimo, era l’abolizione dello stesso) ma che il pensatore tedesco umiliò, a più riprese, per motivi esclusivamente personali.

Infine, ci sembra che le nostre critiche allo Stato super partes (ricordiamo i numerosi scritti di La Grassa sulla coppia ideologica e speculare pubblico-privato), generalmente considerato, soprattutto in certi ambienti di sinistra legati ai dominanti capitalistici – in realtà, senza “certi” perché si tratta di tutta la sinistra, istituzionale o pseudo radicale che sia – “un organo che appartiene a tutti noi” e mirante a garantire la migliore tutela degli interessi generali della società, siano servite a disvelare molte delle mistificazioni insite in tale concezione.

Ma ora vi rimando al saggio di La Grassa

 

G.P.