ED IO DICO: FINALMENTE! di G.P.

 

Pare che Hamas abbia giustiziato 35 membri di Fatah, in quanto spie o collaboratori del nemico sionista. Ritengo che sia impossibile attivare una resistenza adeguata o pensare di potersi riorganizzare efficacemente, sia dal punto di vista militare che da quello politico, senza togliere di mezzo chi trama col nemico e fa di tutto per dividere e deprimere il popolo.

Hamas ha atteso anche troppo per giungere a questa inevitabile conclusione, perché c’era, e da molto tempo ormai, materiale sufficiente per eseguire la sentenza a morte dato il ruolo di Fatah in quest’ennesima crisi dell’area. 

Abu Mazen, con le sue dichiarazioni sui diversi esiti che avrebbe potuto assumere il conflitto tra palestinesi e israeliani se solo Hamas fosse stata meno oltranzista (ben sapendo che l’attacco militare di Israele era stato preparato già sei mesi prima) ha dimostrato ampiamente da che parte si sia posto e che tipo di accordi abbia preso con i nemici del suo popolo, ai danni del suo stesso popolo.

Conosciamo bene il modus operandi di cui si servono questi quisling i quali, per giungere al potere, servono il loro paese su un piatto d’argento all’oppressore, al fine di ottenere in cambio, a conflitto risolto, la gestione del "protettorato", sotto le più immonde forme di corruzione.

Questa questione fu capita bene da un genio rivoluzionario come Lenin il quale, tanto nella fase pre-rivoluzionaria che in quella successiva, non concesse mai tregua alle varie anime disfattiste della sinistra, moderata ed estrema, dai menscevichi ai socialisti rivoluzionari, che minacciò più volte di mandare di fronte al plotone di esecuzione per il loro agire alle spalle delle classi dominate russe. Quelle erano, difatti, sempre troppo disposte a trasformare le ritirate (che a volte sono pur necessarie) in disfatte su tutta la linea, giungendo a complottare col nemico o a fornirgli un involontario, ma altrettanto grave, appoggio.

Hamas dovrà agire con la stessa risolutezza per non concedere, in futuro, nessuna sponda interna all’azione criminale sionista.

tratto dal Sole24ore

…Qualche giorno fa Hamas ha accusato l’Autorità palestinese di Abu Mazen di preparare il ritorno di Fatah sulle torrette dei carri armati israeliani. Ci sarebbe, secondo loro, un complotto organizzato da israeliani, egiziani, sauditi e americani per rovesciare il Governo islamico dopo la guerra. Secondo Mushir al-Masri, uno dei portavoce di Hamas, «non è un segreto che Abu Mazen sapesse in anticipo dell’attacco» israeliano.

Gli uomini di Fatah rimasti nella striscia avrebbero passato ai servizi segreti israeliani le informazioni necessarie per colpire i nascondigli di armi e gli uffici di Hamas trasferiti in zone sicure.

Il volantino che gira per Gaza accusa il movimento islamico di tenere «in ostaggio la popolazione civile in una guerra che la gente non voleva»; invita tutti i suoi simpatizzanti alla sollevazione e a tenersi pronti per la piena ripresa del potere «perché tornino la legge e l’ordine e il popolo palestinese venga difeso». 

A Ramallah il partito e l’Autorità palestinese negano. Il volantino non è che una «fabbricazione». L’obiettivo del potere palestinese in Cisgiordania è solo «il dialogo e l’unità nazionale». È il mantra che viene ripetuto e ciò che anche il vertice della Lega Araba di due giorni fa, al Cairo, ha chiesto ai palestinesi.

Ma le ambizioni di Fatah sono innegabili. Come dice un dirigente del partito a Ramallah, «vogliamo vedere la fine del regime brutale di Hamas. Ma questo deve essere fatto dai palestinesi, non da Israele».

È difficile capire chi stia fabbricando cosa a Gaza. Le accuse di Hamas in fondo sono credibili. Fra una settimana, il 9 gennaio, scade il mandato presidenziale di Abu Mazen e formalmente la Palestina non ha più un leader nominato dal popolo. Non sono previste nuove elezioni ma solo la continuazione «straordinaria e temporale» della presidenza Abu Mazen, a causa della situazione. Dal punto di vista legale Hamas ha diritto di dichiararla decaduta.

Il problema per l’Autorità palestinese è tenere lontana la guerra di Israele dalla sua aspirazione al ritorno a Gaza e dalla sua scelta di continuare la lotta nazionale per uno Stato attraverso il pacifico negoziato.

 Obiettivamente gli interessi coincidono: gli israeliani vogliono un partner come Fatah e i palestinesi hanno bisogno che Hamas si indebolisca. Sembra un paradosso ma non lo è: questa guerra alla fine potrebbe aiutare la pace. A Febbraio Israele vota. E l’andamento per ora favorevole del conflitto sta rafforzando il Governo Kadima-Labour che vuole continuare la trattativa con i palestinesi iniziata ad Annapolis, nel summit ospitato dagli Stati Uniti; e indebolendo il Likud di Bibi Netanyahu che vuole cambiare i termini del processo di pace: cioè lo vuole congelare…