Eni e Gazprom rafforzano le intese a cura di Mauro Tozzato

Dopo le voci che erano circolate riguardo le presunte divergenze sorte tra ENI e Gazprom, in seguito ad alcune dichiarazioni dell’a.d. Scaroni e di un importante  esponente dell’azienda russa, sul Sole 24 ore sono apparsi degli interventi che sembrerebbero smentire del tutto le ipotesi più pessimistiche.  
In un articolo del 10.04.2010 (firmato da Antonella Scott) si trova scritto che le <<tensioni evocate ieri mattina a Mosca da Stanislav Tsygankov, responsabile delle attività economiche estere del monopolio russo,>> sarebbero state <<subito smentite dal portavoce ufficiale di Gazprom, Serghej Kuprijanov. Secondo cui “non esiste alcuna seria divergenza riguardo alla realizzazione del progetto South Stream” e riguardo alla collaborazione in generale con Eni. In ogni caso, lunedì prossimo l’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni sarà a Mosca: e Gazprom – ha aggiunto Kuprijanov all’agenzia Ria Novosti – conta su quell’incontro “per concordare decisioni reciprocamente accettabili nell’ambito del progetto South Stream. Noi – ha continuato Kuprijanov – manteniamo un dialogo costruttivo con i nostri partner italiani su tutte le componenti chiave della nostra collaborazione”. “Concordiamo con la dichiarazione di Kuprijanov – ha commentato la compagnia italiana – su South Stream tutto procede secondo i programmi comuni con Gazprom.>>
A completare queste dichiarazioni sdrammatizzanti lo stesso Scaroni avrebbe smentito di aver veramente caldeggiato l’ipotesi di fondere South Stream con il progetto del gasdotto Nabucco sponsorizzato dagli europei e dagli USA. L’a.d. di ENI avrebbe affermato: “siamo impegnati per South Stream al 100%. Ci crediamo, è un progetto che desideriamo completare”. La piccola “crisi” che sembrerebbe ora “rientrata” era cominciata
 <<dalle colonne di Kommersant, un mese fa, quando una fonte vicina al progetto  e rimasta anonima aveva dichiarato che Eni e Gazprom non trovano un’intesa sulle modalità di ingresso della francese Edf nel consorzio, attualmente paritario. Un’ipotesi è che entrambi i partner cedano una quota del 5% ciascuno affidando il 10% a Edf, ma c’è anche chi sostiene che i russi non vogliano ridurre la propria partecipazione o non siano d’accordo sulla spartizione delle forniture di gas.>>
Recentemente poi Stanislav Tsygancov, citato dalle agenzie russe, Interfax e Itartass, aveva accusato l’ENI di frenare il progresso del progetto:
<<Non compiono alcun passo costruttivo – ha detto – non c’è alcuna prova concreta che stiano lavorando. Per non parlare dei pagamenti, finora copriamo tutto noi.>>
Il giorno 13.04.2010, sempre sul Sole24ore, è apparso un altro articolo riguardante la joint venture ENI – Gazprom; come da accordi stipulati quattro anni fa
<<la compagnia italiana ha consegnato ai russi il premio più ambito: l’accesso alle immense riserve petrolifere della Libia, attraverso una partecipazione nel maxigiacimento di Elephant, che nel 2008 ha prodotto circa 130.000 barili di petrolio al giorno. […] Al Sole 24 Ore risulta che Gazprom – attraverso il suo braccio petrolifero, la controllata GazpromNeft – dovrebbe ricevere la metà della quota attualmente in mano all’Eni, che ammonta al 33,3% (il 50% è della compagnia di stato libica, la Noc, il resto è della coreana Knoc).>>
Si deve attendere, soltanto, il benestare della Libia che viene considerato una mera formalità anche se dagli USA
<<la presenza di Gazprom veniva vista con fastidio, non ultimo perché poteva acuire la concorrenza con le major americane, tornate dopo 36 anni di embargo ad operare in Libia.>>
Per completare il quadro rimane solo da rilevare che Eni ha ottenuto una importante contropartita che consiste nell’accesso a rilevanti
<<riserve di gas nella penisola di Yamal, attraverso la joint venture Severenergia, che ha ereditato alcuni asset della Yukos e in cui il Cane a sei zampe è affiancato oltre che da Gazprom (che ha da poco completato l’acquisizione del 51%) anche dall’Enel.>>
di   Mauro Tozzato
A volte può essere utile ripetere alcune considerazioni che dovrebbero risultare quasi scontate ma che spesso, come nel caso di questo blog, possono continuare ad essere oggetto di fraintendimenti. Mettere in evidenza le problematiche relative all’autonomia del nostro sistema economico/politico – che risulta da decenni dominato da una GFeID (grande finanza e industria decotta) particolarmente succube rispetto alla potenza predominante (gli Stati Uniti) – e quindi prendere posizione a favore delle poche ,ma significative, iniziative internazionali delle nostre industrie strategicamente rilevanti viene ancora, talvolta, inteso come una rinuncia ad una prospettiva anticapitalistica in riferimento al nostro paese e quindi anche in un  più generale contesto globale. Prendere “partito” per una frazione dei gruppi dominanti (capitalistici), sia pure contro quella parte di essi  ritenuta più “reazionaria”, parassitaria e appunto totalmente asservita alla potenza tuttora egemone, viene ancora, da alcuni, considerato un mutamento di orizzonte tale da fuoriuscire del tutto dalla tradizionale  prospettiva della lotta dei dominati e degli oppressi per la propria emancipazione. In realtà la dinamica geopolitica che sta portando, in questo inizio di fase multipolare, a primi importanti tentativi, nei paesi emergenti, di assumere posizioni di spiccata indipendenza nazionale (economica, politica, ideologica) rispetto ad un ordine mondiale a guida USA entrato in una fase di crisi di “coordinamento” e di gestione dei conflitti globali a tutti i livelli prelude, secondo le ipotesi di La Grassa, alla maturazione di una prospettiva policentrica,anche se questa potrà richiedere, con ogni probabilità, un periodo storico non breve. L’acutizzarsi del conflitto policentrico, con il formarsi e il disfarsi di alleanze continuamente nuove tra paesi e tra “aree regionali” , renderà possibile non solamente, nella dinamica di rafforzamento e indebolimento di certi “anelli” della catena “globale”, il confronto tra varie forme di “capitalismi” – che potrebbero portare anche al declino della formazione sociale dei funzionari del capitale – ma anche innescare elementi di trasformazione, all’interno di questi stessi capitalismi, in direzioni difficilmente ipotizzabili. In queste congiunture, a patto di saper agire in maniera organizzata e con adeguate strategie , potrebbe diventare importante anche il ruolo e l’azione dei nondecisori, tenendo conto però che, al momento attuale e in base all’esperienza storica del Novecento, pensare a una riproposizione di progetti politici che volessero rifarsi al “socialismo” e al “comunismo” risulterebbe non solo utopistico ma soprattutto praticamente deleterio se si vuole veramente ritornare a pensare e progettare un possibile agire politico delle classi subordinate.
17.04.2010