ENI ridimensiona la sua presenza internazionale? di Red

Le notizie sulle attività internazionali ENI si stanno succedendo in modo incalzante e in parte contraddittorio. Comunque in imbarazzante coincidenza con le recenti dichiarazioni filo-israeliane ed anti-iraniane di Berlusconi.

Intanto vediamo i fatti.

1) ENI ha dato disponibilità alla Ue di cedere le proprietà dei gasdotti Ten, Transitgas e del Tag per arrivare a una soluzione concordata. La soluzione prevede comunque che il Tag resti in mano pubblica italiana e vada alla Cassa Depositi e Prestiti. 
ENI al momento controlla l’89% di Tag, che porta il gas in Italia dalla Russia, e controlla il 49% del Tenp e il 46% del Transitgas per trasportano gas dal nord d’Europa.
Con la soluzione concordata il problema con Bruxelles verrà risolto e il colosso oil eviterà una multa fino a 500 milioni. La decisione ci sara’ prima di Pasqua al termine dei test di mercato. Transitgas, tratto svizzero della condotta internazionale che collega i giacimenti di gas naturale dell’Europa del nord con l’Italia, unisce diversi paesi in un interesse comune: Olanda, Germania, Norvegia, Francia, Svizzera e Italia. La partecipazione di ENI in Transitgas e’ del 46% (51% Swissgas, E.On-Ruhrgas 3%). Tenp e’ la parte tedesca del sistema di gasdotti per importare gas olandese in Italia: l’ENI la controlla al 100%. L’ENI si affianca cosi’ alla lista dei grandi gruppi energetici sotto il tiro dell’Antitrust costretti a modificare le posizioni nel mercato. Bruxelles ha via via costretto la tedesca E.On a vendere la rete elettrica ad alta tensione e Rwe a separarsi dalla rete gas; in Francia Edf e Gdf hanno dovuto facilitare l’accesso alla reti dei concorrenti

2) ENI perde la partita in Uganda.
Lo ha confermato il ministro delle risorse minerarie, Perter Lokeris, spiegando che i rappresentanti del ministero dell’Energia hanno incontrato il presidente, Yoweri Museveni, lo scorso 2 febbraio e hanno deciso di sostenere la posizione dell’inglese Tullow, di fatto bloccando l’iniziativa di ENI di acquistare le quote di Heritage nei blocchi petroliferi 1 e 3A in Uganda. ENI ha poi confermato il suo ritiro dall’affare ugandese, che solo poco giorni fa Scaroni aveva definito un pezzo importante della presenza africana del gruppo italiano.

3) ENI disdice le sue attività in IRAN. Qui le notizie si fanno più ambigue. Scaroni, chiosando le prime dichiarazioni in tal senso di Berlusconi, precisa che ENI manterrà gli impegni presi mentre non firmerà nuovi contratti. Quali sono gli impegni attuali ENI in IRAN? Principalmente due: lo sfruttamento operativo di un enorme campo gas offshore ed onshore nel Golfo Persico (South Pars) e l’esplorazione/sfruttamento di un giacimento di petrolio (Darkhovin). Il contratto South Pars firmato nel 2000 prevede diverse fasi, corrispondenti alla moltiplicazione dei pozzi offshore, gasdotti di collegamento ed al completamento delle facilities di raffinazione del gas onshore. Alcune di queste fasi sono previste nel contratto iniziale ma devono ancora essere implementate: cioè definite in termini di costi e di ritorno dell’investimento. E’ un fatto che ENI sta operando il giacimento (consorzio 60% ENI-40% iraniani) e non è pensabile che si possa ritirare dagli impegni presi. Rinunce!
rà ad allargare la sua presenza pur sapendo che il giacimento è un eldorado gasifero? Ne dubitiamo.
Per quanto riguarda il giacimento di petrolio onshore Darkhovin, notiamo che l’amministratore delegato della National Iran Oil Company (NIOC) ha annunciato che sono stati raggiunti gli accordi preliminari con l’italiana ENI per realizzare la terza fase del progetto di sviluppo del giacimento petrolifero di Darkhovin.Lo sviluppo di Darkhovin, un giacimento situato nell’Iran sud-occidentale vicino al confine con l’Iraq, è gestito dall’ENI per conto dell’iraniana Arvandan Oil & Gas Company, una sussidiaria della NIOC. Nel 2001 ENI ha firmato con la compagnia petrolifera iraniana un contratto da 550 milioni di dollari per sviluppare il giacimento. Ha completato la prima fase nel 2005 e attualmente è entrata nella seconda fase. Ora la "fase due" del giacimento di Darkhovin produce circa 100.000 barili di petrolio al giorno, ma si arriverà a 160.000 quando il progetto sarà completato.
Un autorevole conferma si trova da qualificata fonte norvegese (dal sito upstreamonline Wednesday, 03 February, 2010, 09:08 GMT):
Seifollah Jashnsaz told state-run news agency in an interview published today: "Negotiations continue with Italy’s Eni for developing the third phase of Darkhovin oilfield." Yesterday, Italian Prime Minister Silvio Berlusconi said Eni had cancelled an unspecified third development phase in Iran. State-controlled Eni, which is also involved in the South Pars development, declined to comment on Berlusconi’s remarks. An analyst who declined to be named told Reuters he believed the field in question was Darkhovin. Eni had upgrading plans to bring on line 140,000 extra barrels of oil per day.
In conclusione, qualche considerazione sparsa.
La cessione dei gasdotti non pare un colpo al cuore dell’ENI. Chi detiene il tubo chiede una "transportation fee" a chi vi fa passare il suo gas. Nel caso dei gasdotti svizzero e tedesco-olandese la fee non potrà essere molto diversa da quella che i concorrenti ENI pagavano alla stessa ENI ed è quindi pensabile che la transazione fra le parti sia raggiunta bilanciando i costi fra prezzo di cessione e fee.
Il caso dell’Uganda è più serio, perché la penetrazione nell’Africa sub-sahariana rientra nelle strategie di tutte le major petrolifere. Se lo stop avesse un significato "politico" (che sarebbe poco noto a noi ma immediatamente comunicato ai concorrenti ed agli Stati africani) sarebbe una menomazione seria delle possibilità di sviluppo dell’ENI e di riflesso dell’autonomia energetica italiana.
Molto più significativa e dalle conseguenze incalcolabili sarebbe una rinuncia alla presenza ENI in IRAN. Al di là del fatto simbolico (ENI sta in IRAN dal 1957 e programmaticamente in chiave anti anglo-americana), sarebbe la fine della possibilità di negoziare lo sfruttamento delle maggiori riserve di gas accertate, oggi esistenti sul pianeta. Con evidenti conseguenze sulle scelte energetiche del nostro paese. Non siamo in grado di valutare le possibili azioni correttive che ENI potrà mettere in campo, ma è evidente che la svolta berlusconiana, se ha "sistemato" alcuni conti aperti tra lui ed i dominanti americani, apre una crepa importante nelle fondamenta stesse di una possibile politica di interesse nazionale italiana. E ricompatta il fronte "occidentale".
Red
(fonti varie da agenzie di stampa e siti internet specializzati)