FERMATE FULVIO GRIMALDI! di G.P.

 

La nostra è un’epoca difficile. Il discorso dominante ha avuto innegabilmente la meglio su quello critico ed anche solo mostrare piccoli smottamenti o legittimi dubbi, rispetto ai bollettini diramati dal circuito mediatico ufficiale (sulla guerra al terrore, sulla situazione politica, sul bene e sul male), comporta l’ostracismo o la persecuzione di chi non si adegua.

Data la situazione di tragica omogeneità ideologica che ha rattrappito le coscienze della maggior parte degli uomini del nostro tempo, quel rullo compressore di Fulvio Grimaldi ha gioco facile  nello scuotere con la penna i suoi avversari; le sue invettive lanciate in ogni direzione accoppano sempre qualcuno, poichè tirapiedi e lacchè di regime si sono talmente moltiplicati che ovunque cogli fai sempre bene. Ma in questa mitragliata all’impazzata, Grimaldi non distingue più tra nemici e amici (o almeno affini) ed alla stregua di una ruspa impazzita rade al suolo tutto quello che si trova nel suo raggio d’azione, quasi fosse l’ultimo uomo bionico rimasto sulla terra a lottare contro l’ingiustizia.

Cosicché nel calderone dei rinnegati, insieme ai venduti veri che fanno strame dell’intelligenza umana e che usano il tipico linguaggio funambolico dei servi sciocchi (D’Alema docet, ma anche i fintocomunisti alla Bertinotti o i giornalisti fintoindipendenti del Manifesto e di Liberazione, con poche eccezioni come Dinucci), ci finisce gente che non c’entra un cazzo e che ha speso la sua vita intellettuale a denunciare tanto i crimini dell’ordine sociale americano che il nucleo di funzionamento della complessiva formazione sociale capitalistica, pagandone le relative conseguenze (come e più di Grimaldi).

Con questi uomini, bisognerebbe tirar giù il cappello in segno di saluto e di riconoscenza (perdonandone le eventuali arditezze che pur non mancano), invece di rispolverare le vecchie zavorre ideologiche rossobruniste e antifasciste. E’ questo il problema più grosso di Grimaldi (che pur ce la racconta abbastanza giusta); ormai ha perso qualsiasi freno e per non doversi guardare indietro, anche quando va oltre il solco falcidiando l’erba buona insieme alla gramigna, deve tagliare comunque corto per non perdere troppo tempo. Il mondo fugge veloce e lui si è lanciato al suo inseguimento. Ma il ricorso alla immaginaria marmaglia neonazista, esorcizzata con il rito della resistenza ancora viva, non lo esimerà dalla riflessione un po’ più seria. Ad esempio Costanzo Preve. A Preve si possono fare tanti rimproveri, lo si può accusare di "filosofismo" e di idealismo (e, del resto, le convinzioni previane, più volte ripetute da lui stesso, che Marx fosse un idealista al 100% e che solo la Filosofia può aspirare al “Vero”, rigorosamente scritto con la maiuscola, mi lasciano alquanto perplesso). Ma dargli del nazista è ingiurioso oltre che falso. Mi chiedo, a questo punto, se Grimaldi si sia mai preso la briga di andare oltre la copertina dei testi di Preve il quale, essendo un teorico scomodo anche per il circuito alternativo, è dovuto ricorre a case editrici dai nomi fascisteggianti.  Scelta discutibile ma almeno i “nipotini del duce” (che hanno comunque diritto ai loro ripensamenti proprio come noi) gli consentono di andare avanti con le sue pubblicazioni.

Del resto, anche Grimaldi fa qualche danno di troppo rifilandoci luoghi comuni mai rielaborati come con la vecchia idea terzomondista del socialismo spontaneo delle masse sudamericane che parte dalla periferia per assediare la città. Siamo anche noi dalla parte di Chavez, di Morales, di Castro (che non costituiscono affatto un asse del bene, cerchiamo di non ragionare con le stesse categorie dei nostri nemici) quando tentano di sottrarre la propria patria al giogo del vero “orso” imperialista (quello americano). Ma, al contempo, non coltiviamo illusioni sulla natura socialista delle loro azioni che di socialista hanno al massimo la forma. 

Da questo punto di vista molto meglio la Russia che parla apertamente di sfere d’influenza, di recupero della sovranità perduta e di indipendenza da Washington, checché ne dicano gli antimperialisti o i trotzkysti. E ci va bene pure Amaninejad, il quale avrà anche stretto qualche accordo sottobanco con gli Usa in Irak, ma tutto si risolve lì, in quanto gli interessi iraniani di lungo periodo confliggono palesemente sia con quelli israeliani che con quelli statunitensi (il che è un fatto positivo). Non sentiamo più alcun bisogno di farci incantare dalle sirene dell’ideologia, per cui, data la fase storica, ci va bene l’alleanza tattica persino con l’ “Emiro dell’Afghanistan”, al fine di porre un freno all’unipolarismo americano che sta devastando con le sue guerre il mondo intero.