FILM E RIFLESSIONI DI R.S.

 

 

Il lettore non si inganni pensando di trovarsi di fronte ad una recensione cinematografica.

Il film in questione, anzi, per la precisione, un suo particolare aspetto – e quindi con tutti i venia del caso, per il fatto di utilizzare una parte per il tutto – servirà da introduzione per illuminare, sotto metafora, alcuni pensieri che si possono fare sui personaggi della nostra politica attuale, considerazioni che il lettore troverà nella seconda parte di questo scritto.

 

Nella patinosità del film “Lontano dal paradiso” (Todd Haynes, 2002), lo spettatore ad un certo punto si imbatte in una scena cruciale, molto istruttiva perchè dà da pensare ben al di là dell’intento del film.

Il protagonista, in una pesante e penosa scenata, aggredisce con toni accesi la moglie rimproverandola aspramente. Ha saputo che lei è stata vista chiacchierare con un nero, e, inoltre, si è recata in compagnia del medesimo, in un ristorante per sola gente di colore (siamo nel Connecticut, fine anni ’50). Questo fatto non solo gli è intollerabile (una comprensibile gelosia, in fondo), ma diventa un capo d’accusa nei confronti della consorte che viene verbalmente lapidata come distruttiva. Perchè il comportamento di lei ha messo irresponsabilmente in gioco tutto il lavoro di rispettabilità borghese che lui ha costruito, fornendo un’immagine di famiglia esemplare, un modello di perfezione, come si evince dai ripetuti ‘quadretti’ familiari che il film stesso propone: figli obbedienti e rispettosi, moglie devota che gestisce, attraverso incontri di comunità, l’immagine pubblica  e irreprensibile del marito.

 Il quale marito, però, dal canto suo, avrebbe un problema, nel senso che ha una inclinazione torbidosa anche per i maschietti. Niente di che scandalizzarsi, ma siamo pur sempre nel Connecticut degli anni ’50.

 Di questo ‘torbido’, lo spettatore lo viene a sapere, anzi, a sospettare ben prima della moglie. E, curioso come gli si conviene – a differenza della moglie che non è curiosa per niente – osserva con pena la malcapitata la quale, anche dopo aver concretamente verificato il ‘fattaccio’, pensa di riuscire a contenere il problema, continuando a mantenere il silenzio e la solita vita di facciata, facendosi nello stesso tempo affascinare, ahimè, dalla ‘genuinità’ (stavolta immaginata vera e non fasulla) di un uomo di colore. Passo passo, e un po’ annoiato, lo spettatore la segue, fino ad arrivare, appunto, alla scena clou di cui sopra.

 E lì, il nostro pubblico fa un balzo sulla poltrona, su cui si stava già appisolando, e si indigna: ma come, allora siamo alla favola del lupo e dell’agnello, accusato dal lupo di intorbidare le acque che il lupo stesso ha abbondantemente inquinato! Come fa questo ‘indegno’, bugiardo marito ad accusare la moglie in modo così pesante per delle innocenti passeggiate? Guardi, invece, a quella che è la sua trave nell’occhio! E così viene spontaneo solidarizzare con la gentile signora che, tutt’al più, avrà peccato di ingenuità, o di eccessiva fiducia di poter sopportare tutto con il sorriso sulle labbra.

Ed è qui che lo spettatore ‘casca’, facendosi prendere da quel senso di giustizia di mandevilliana memoria che, nella favola delle api, ci fa vedere gli esiti nefasti della morale quando viene trasformata in moralismo.

Cerchiamo, invece, di capire perché così tanto si indigna il nostro protagonista, e perché si comporta da ‘cieco’ e astioso.

 La verità è perché gli risulta davvero intollerabile che la moglie mostri, metta in piazza davanti agli occhi di tutti, una ‘libertà’ che lui non può mostrare; che lui, invece, ‘deve’ tenere occultata per mantenere il prestigio della sua posizione.

 E non è ingiustizia, questa? E’ lui quello che soffre di più! Che diamine!

 

********************

 

Considerazioni a latere.

Non è forse (ANCHE) per questo che la ‘sinistra’ si indigna tanto con il Cavaliere (Nero)? Perché lui mostra, mette in evidenza, ciò che gli altri sono costretti a celare; le nefandezze che devono tenere nascoste per mantenere un’immagine di ‘pulizia’, di perbenismo morale (pardon, moralistico). E’ pesante sostenere agli occhi di tutti la ‘certezza’ di essere gli eletti,  i veri portatori della Via, della Verità e della Vita, come predicava qualcuno in tempi ben lontani. Così non si accorgono, o non vogliono accorgersi, che sono soltanto dei poveri (anche se superdotati di lustri e di benessere) Cristi.

Allora pensano di percorrere un’altra strada, sforzandosi di aprire al massimo le liberalizzazioni, di costume e non, per poter finalmente dare respiro anche alle proprie, di libertà (we can  è il nuovo motto), senza sentirsene poi complessati.

Ad esempio, gli arcobalenisti ad oltranza che cosa pensano oggi della guerra?

Oggi, una qualsiasi guerra sotto le bandiere della democratica America non si può proprio negare a nessuno. Dunque, si può fare. Perché è la ‘democrazia’ a farsi essa stessa garante della giustezza della guerra! Ma questo non si criticava tempo addietro? o dobbiamo dubitare anche che ci sia stato un tempo in cui si dicevano queste cose? Che  un  paese distrutto e devastato ‘democraticamente’ non è certo meglio di un paese dove sono presenti lotte intestine anche se cruente (a condizione, però, che non ci siano ingerenze armate appoggiate da alleanze esterne).

Ma, di certo, ‘non si può’ stare con “l’imperialista” Putin che (secondo loro) attacca la Georgia! Addosso a Putin, trasformato da bianco in Uomo nero, l’uomo cattivo da temere.

E con la stessa ammirevole operazione alchemica, il nero Obama diventa l’immacolato portatore delle aspirazioni democratiche del mondo intero!

Ma, tornando ai nostri poveracci (si fa per dire!) di sinistra, il Cavaliere Nero li brucia sempre sulle tappe: quando loro vorrebbero spingerlo a destra lui sembra andare a ‘sinistra’! E così si trovano ad essere spaesati, perchè non hanno un’idea chiara in testa. Ambidestri, né più né meno di come si direbbe del protagonista di questo film, vacillano. Si trovano a dover bussare, proni, all’uscio del miglior (?) offerente: oggi, l’America. Ma, non avendo nemmeno la prestanza di George Clooney, rischiano sempre le porte sbattute in faccia: “No Martini, no party”.

GLG li pesta sempre sui coglioni, come se ce li avessero davvero, i coglioni: non sono altro che degli immaturi, come il protagonista del film. E’ vero che gli immaturi possono fare danni, anche pesanti, né più né meno di come può fare un ragazzino con un’arma da fuoco tra le mani.

Però, non demonizziamoli, facendoli più grandi di quello che sono. Non solo non ne vale la pena ma sarebbe ancora più rischioso!

 

R.S.