FILM NERO di G.P.

La Libia sarebbe ormai ridotta ad un cumulo di cadaveri, ad una macelleria di carne umana, ad un sepolcro smisurato, ad una fossa comune di 1.760.000 chilometri quadrati, ad un lago di sangue in pieno deserto, ad una distesa di morte senza orizzonte, ad un luogo di spettri e di paura. I trucidati, dicono i media, sono 10 mila.

Per il Ministro Frattini e l’ex Presidente del Consiglio Dini sono un po’ più di mille. Read MorePoche centinaia ribattono le fonti ufficiali libiche. Ballano le cifre insieme ai morti che se tali dovrebbero almeno stare fermi per farsi contare. E’ la storia del nostro presente narrata come fiction letale. La Tv sta proiettando a ripetizione gli scatti ed i video di un vero e proprio Olocausto libico, quindi lo sterminio non può che essere originale. L’ha detto la televisione. Valgono solo le sequenze riprodotte sullo schermo, il replay dello show mortale, le immagini caleidoscopiche dei cadaveri in fila, il format tridimensionale del trapasso in differita. La diretta arriverà solo a giochi fatti e per confermare la versione dei vincitori che tanto una scenografia adatta si attrezza sempre velocemente. Quando c’è di mezzo Hollywood vincono sempre i buoni, potete starne certi. E’ la vita in formato pixel, l’esistenza rinchiusa nel piccolo schermo ridotta ad una misera sigla finale. Diceva Carmelo bene, in uno dei suoi lucidi deliri, che “la televisione è l’illusione dei fatti perché per farli vedere li deve raccontare, e così li sputtana. La televisione ti garantisce che i fatti non sono mai accaduti, che nulla accade! Si parla dei morti e lo speaker dice: “Vedete, hanno il cervello fracassato, guardate, sono inguardabili!”. Perché non basta esibirli, rientrano già nella fiction”. Appunto. Da Timisoara al Kosovo fino alle buche sulle spiagge di Tripoli. Gli eventi trasmessi potrebbero essere accaduti dovunque o potrebbero essere stati montati secondo specifiche esigenze di regia. In queste occasioni, la fabbrica dei fatti lavora a ritmi serrati per piazzare i suoi prodotti presso i becchini del tubo catodico, i quali s’incaricano di aggiungere l’audio alla pellicola e la didascalia alla fotografia. Qui giace la democrazia, qui finisce la libertà e tante altre ore di piagnistei a reti unificate. La voce narrante scandisce quindi la sua indignazione: “Orrore”, “Terrore”, “Dittatore”, “Pazzo sanguinario”, mentre i titoli di coda restano sempre ben oscurati. Mica si può dire chi ha prodotto, finanziato e girato il remake di un lungometraggio già visto nelle peggiori sale mondiali. Stendiamo un velo pietoso sui defunti virtuali ed uno penoso sui loro beccamorti mediatici. Per chi è invece davvero passato ad altra vita un sentito cordoglio, perchè non siamo così sciocchi da accanirci sui corpi esanimi. Non siamo necrofori nè necrofagi, al contrario di tanti che indicano sgomenti la bara ma solo per alzare l'audience e rendere un servizio politicamente redditizio al proprio sponsor.